Nella Lectio magistralis per l'inaugurazione dell'anno accademico della Pontificia Università Lateranense, mons. Marcello Semeraro ha fatto il punto sulla riforma della Curia Romana voluta da Papa Francesco. Una trasformazione, ha detto, in chiave “missionaria”. Il saluto del card. De Donatis, gran cancelliere dell'ateneo.   Giada Aquilino e Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Mons. Semeraro: riforma della Curia a una svolta importante




Il “cammino” di riforma per una “trasformazione missionaria” di tutta la Chiesa è giunto “ad una svolta importante”. Con queste parole, nella Lectio magistralis alla Pontificia Università Lateranense per l’istituzione del ciclo di studi in Scienze della Pace, monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del Consiglio di Cardinali, ha illustrato la bozza della nuova Costituzione Apostolica il cui titolo provvisorio, dopo 5 anni di lavoro del Consiglio di Cardinali, è Praedicate evangelium. Fondamentale l’esortazione apostolica Evangelii gaudiumdi Francesco, in cui il Papa “scrive di sognare una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa”, perché anche le strutture ecclesiali “diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”: quindi “l’annuncio del Vangelo e lo spirito missionario”, ha evidenziato il presule, saranno la “prospettiva” dell’attività di “tutta la Chiesa”. È ora “prevedibile”, ha aggiunto mons. Semeraro, che si proceda con una consultazione sul “testo-proposta” del Consiglio di Cardinali, proprio com’era avvenuto con la Pastor Bonus di San Giovanni Paolo II.

I criteri guida della riforma

Richiamando l’impegno del Pontefice nell’accompagnare “il lavoro del Consiglio di Cardinali non soltanto con la sua presenza a tutte le sessioni di lavoro, ma pure guidandone l’opera specialmente mediante i suoi interventi”, il vescovo di Albano, che è stato prima studente e poi docente di Ecclesiologia alla Pul, ha ricordato i criteri guida della riforma, elencati da Francesco. La “sussidiarietà”, che “deve servire di sostegno per i membri del corpo sociale e non mai distruggerli e assorbirli”. La “decentralizzazione”, perché la Curia Romana non è soltanto strumento “al servizio” del Papa ma anche strumento “di servizio” per le Chiese particolari, in quanto un’eccessiva centralizzazione – si legge nella Evangelii gaudium – “anziché aiutare complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria”. La “gradualità”, che implica tappe, verifiche, correzioni, sperimentazioni, approvazioni ulteriori: non si tratta dunque di “indecisione” ma di “flessibilità necessaria” per poter ottenere una “vera riforma” e “non è da escludere” che tale criterio “rimanga pure a promulgazione avvenuta”. La “tradizione”, che è il principio della fedeltà alla storia e della continuità col passato: sarebbe “fuorviante” pensare ad una riforma che “stravolga l’intero impianto curiale”, ha detto il segretario del Consiglio di Cardinali. Quindi l’“innovazione”, di cui è esempio il Dicastero per la comunicazione, alla cui guida il Pontefice ha voluto “un laico”, Paolo Ruffini, nominato Prefetto: “decisione non improvvisata da parte del Papa – ha precisato mons. Semeraro – anzi appositamente studiata”. Infine la “concentrazione”, intesa come “semplificazione”, con l’accorpamento di precedenti Pontifici Consigli in alcuni Dicasteri.

La guida dello Spirito Santo

Si tratta dunque di lavorare “a lunga scadenza”, “senza l’ossessione dei risultati immediati”, ha precisato mons. Semeraro, in un processo fatto di “fedeltà all’essenziale, con continuo discernimento”, ma anche con “passi avanti” e – quando necessario – “passi indietro”, sotto la “sicura” guida dello Spirito Santo. La riforma, ha concluso, non si esaurisce “nell’ennesimo piano” per cambiare le strutture, ma significa “innestarsi e radicarsi in Cristo”, puntando ad una “Chiesa in uscita missionaria”, fatta proprio di strutture “tutte più missionarie”, con una pastorale “più espansiva”, “aperta” e anch’essa “in uscita”.

De Donatis: qui la vita universitaria è esperienza di Chiesa

Prima della Lectio magistralis di mons. Semeraro, il “Dies academicus” della Pontificia Università Lateranense si era aperto con il saluto del cardinale Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma e gran cancelliere dell’ateneo. Dopo aver ricordato che l’anno accademico che si inaugura oggi è il 246esimo dalla fondazione dell’Università del Papa, il cardinale vicario ha sottolineato in legame tra l’ateneo lateranense e la diocesi di Roma, che fa della sua vita universitaria un’esperienza di Chiesa. Da qui la tensione a rendere il lavoro di studio, di ricerca e di produzione intellettuale “esercizio concreto e quotidiano di quella fraternità e di quella paternità che intessono le relazioni ecclesiali e manifestano la Chiesa”.

Serve un’intelligenza della fede

Il card. De Donatis ha invitato quindi la comunità accademica lateranense a fare suo il cammino della Chiesa di Roma, che ha raccolto la richiesta di Papa Francesco a “chiamare per nome” le malattie spirituali che impediscono l’irradiazione del Vangelo: “l’accidia egoista, il pessimismo sterile, la mondanità spirituale, la guerra tra di noi” . Perché per combattere “un’intelligenza del male” che usa vie che possono condurre a “insanabili divisioni interiori”, ci serve, ha spiegato De Donatis, “un’intelligenza della fede”, che ci renda “cooperatori della Verità nella carità”, un carisma, ha aggiunto, proprio del lavoro universitario.

Il saluto al rettore Buonomo, alla prima inaugurazione

Il gran cancelliere della Lateranense ha infine salutato il rettore magnifico Vincenzo Buonomo, nominato a giugno da Papa Francesco e quindi alla sua prima inaugurazione di Anno accademico, e si è detto sicuro che “la sua lunga esperienza di docente” gli sarà d’aiuto non solo nel coordinare il lavoro di tutti, “ma anche nel rafforzare il servizio di carità intellettuale che l’Università deve poter prestare agli studenti, ai docenti, alla Chiesa di Roma e a tutte le chiese sparse nel mondo che inviano qui i loro studenti per ‘imparare Roma’”.

Buonomo: ricerca, universalità, romanità e sobrietà

Il rettore stesso è intervenuto prima della lettura della lettera di Papa Francesco per l’istituzione del corso di studi in Scienze della pace, per ricordare innanzitutto i numeri della Pul: 4 facoltà, 2 istituti, 1416 studenti, 144 docenti e 38 membri del personale non docente. Una grande famiglia alla quale il nuovo rettore ha indicato alcune linee per il futuro. La ricerca, per studiare, approfondire e trasmettere il mistero di Cristo e del suo Amore, nella ridcerca della verità. L’universalità, per rispondere all’imperativo di Papa Francesco “che ci chiede di essere ‘in uscita’”, con l’impegno verso le Chiese locali che chiedono alla Lateranense un supporto scientifico nella formazione del Popolo di Dio, come è appena successo con Cuba. Infine la romanità, cioè l’essere parte della missione del Vescovo di Roma, la sobrietà e la trasparenza.

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