NON SOLO UNA VOLTA ALL’ANNO




Puntualmente ogni inizio dell’anno ci si augura pace, sperando non sia solo un auspicio ma un desiderio realizzabile soprattutto per i governanti ma anche per ogni persona. “Pace a questa casa” (Lc 10, 5-6), quante volte l’abbiamo letto sulla piastrella augurante delle case di una volta. Papa Francesco nel suo messaggio per la 52esima Giornata Mondiale della Pace ha rinnovato questo augurio per il nuovo anno. La pace va a stretto passo con le virtù teologali, Speranza, Fede e Carità e oltre a essere un obiettivo per cui lavorare è uno dei frutti dello Spirito Santo, come ci ricorda San Paolo (Gal 5, 22-23). Indica pertanto un habitus, un modo di essere e di operare “che nasce da un cuore nuovo” come ricorda papa Giovanni Paolo II nella Giornata Mondiale della Pace nel 1984. Per volere la pace e lavorare alla sua realizzazione occorre innanzitutto la pace del cuore. San Francesco d’Assisi, raccomandava sempre ai suoi frati: «La pace che annunciate con la bocca, abbiatela anzitutto nei vostri cuori».

Per il poeta Charles Péguy essa «è come un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza» e la politica, se attuata tenendo conto dei diritti fondamentali delle persone e orientata sempre alla realizzazione della pace può essere considerata una forma di carità. Già papa Benedetto XVI ricordava nella sua Caritas in Veritate che «ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità di incidenza nella polis. […] Quando la carità lo anima, l’impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico». Il potere politico sembra essere una delle più importanti fonti di coesione sociale e quindi uno strumento necessario per assicurare la pace. Il politologo Giovanni Sartori rifletteva sul fatto che spesso la “politica-come-guerra, come percezione dell’altro (dell’altro generalizzato, o concretato in contro-raggruppamenti) come “potenziale nemico”, è modalità fondamentale e ricorrente del vivere politico, del vivere in una città e del sopravvivere come città». Egli però indicava un altro modo di essere della vita politica, quello della «politica-come-pace, e per essa la risoluzione non violenta dei conflitti e la disciplina giuridica della forza, insomma, un convivere nel quale la “legge della legge” sostituisce la legge della giungla».

Oggi il clima di sfiducia e di paura dell’altro sembra allontanarci sempre di più dal considerarci cittadini del mondo e ancor meno come fratelli, con fatica riusciamo a sentirci parte di una comunità che dovrebbe essere più incline nel costruire ponti che barriere. I mass media, che spesso esaltano i fatti di sangue, di odio e violenza, anziché accorciare le distanze paradossalmente sembrano aumentarle. Tuttavia papa Francesco ci ricorda che non si può ridurre la pace al «solo equilibrio delle forze e della paura», occorrono scelte più coraggiose e profonde. La pace è figlia di un disegno ambizioso che si basa sul riconoscimento di essere tutti inevitabilmente legati gli uni agli altri, dove ciascuno possa scoprire il suo legame etico con l’altro diventando consapevole della responsabilità per lui. E sempre papa Francesco indica nel sincero e autentico desiderio di conversione del cuore e dell’anima la via privilegiata per scrivere ogni progetto di pace.

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