La Giornata del Paesaggio




Una nuova Giornata è stata introdotta nell’interminabile, vertiginosa lista delle Giornate dedicate ai più diversi argomenti. C’è una Giornata per ogni cosa oggi. Tra queste, celebrata di recente, la Giornata nazionale del Paesaggio in occasione della quale la Soprintendenza archeologica e delle Belle Arti del Friuli Venezia Giulia ha organizzato una passeggiata guidata alla scoperta del Timavo. Natura, cultura, miti si sono intrecciati in questo viaggio in uno dei luoghi più attraenti e antichi della nostra geografia naturale e storica. Oggi si parla molto di rispetto della natura e del paesaggio, di inquinamento e di incuria nella conservazione del nostro grande patrimonio artistico e culturale, di degrado dell’ambiente e di ecologia. Tutte cose belle e necessarie, ma non proprio nuove come si crede.
Il problema dell’inquinamento, del rumore, del degrado ambientale e dell’incuria è molto antico: esisteva già nelle grandi civiltà del passato, come attestano numerosi documenti, anche letterari e poetici che raccontano di città tentacolari, affollatissime e anche degradate nelle zone più povere, di sfruttamento selvaggio delle risorse della terra, di violenza e ferocia nei confronti del mondo umano ma anche naturale. Per non parlare degli sconvolgimenti territoriali, urbani e soprattutto umani arrecati ovunque dalle continue guerre che portavano il caos, la desolazione e l’orrore in ogni contrada della terra.
La Roma dei bei tempi augustei era una metropoli dove la speculazione edilizia e l’edificazione di caseggiati alveare per le classi più povere avevano trasformato la capitale dell’Occidente nel luogo più magnifico e al contempo più miserabile tra gli altri grandi centri dell’Impero. Per non parlare della sporcizia, delle condizioni di igiene in cui sempre i più svantaggiati vivevano, degli incendi che scoppiavano con una frequenza a noi del tutto ignota, delle strade malsicure e taglieggiate da briganti feroci, del fragore che si levava dalle vie labirintiche dei quartieri più frequentati, dei crimini che si consumavano come l’acqua e il pane ogni giorno, dei ripugnanti spettacoli del circo che lordavano di sangue le arene applauditissime da quegli stessi nobili e virili protagonisti della cultura e della politica che elogiavano lo stoicismo e tenevano molto alla onorabilità del proprio nome. Francesco Petrarca, in tempi più tardi, lamentava in una delle sue Lettere la confusione insopportabile che si levava dalle strade delle diverse città in cui dimorava, disturbando la quiete della sua casa e l’amata atmosfera di silenzio e raccoglimento necessaria ai suoi studi e alla sua arte. Anche l’aria inquinata preoccupava il grande poeta del “Canzoniere” che lamentava spesso il degrado dei suoi tempi, come già Dante e altri intellettuali e poeti suoi contemporanei.
Nulla di nuovo sotto il sole? Se il problema della conservazione e tutela del paesaggio non è di oggi, forse nella nostra epoca si è intensificata la sua gravità, vista la molteplicità di mezzi tecnologicamente avanzatissimi di sfruttamento delle risorse e la loro estensione pressoché globale. Ma troppo spesso si scrivono critiche del presente idealizzando un ipotetico passato bucolico e idilliaco che forse è esistito solo nei dipinti di Antoine Watteau, in particolare “L’imbarco per Citera”.
Ogni epoca ha demonizzato il proprio presente, costruendo il mito di un passato di pace, bellezza e armonia. Ricordiamo Dante che nel XV canto del Paradiso (vv. 97-99) così cantava: «Fiorenza dentro da la cerchia antica,
/ ond’ ella toglie ancora e terza e nona, / si stava in pace, sobria e pudica» (Par. XV, 97-99). Ma era davvero così “sobria” e “pudica” la Firenze del passato a cui guardava con nostalgia e struggimento il Sommo Poeta? La storia ci insegna che le nuove generazioni contestano sempre i valori e le visioni del mondo della vecchia guardia, ma che una volta passato il testimone diventano loro stesse conservatrici e ostili alle novità di cui i loro figli e nipoti si fanno portatori. In verità, non è mai esistito un tempo fiorente e buono e un tempo decadente e perverso. Le due città, quella ideale e quella bassamente terrena, convivono sempre, si incrociano, si impastano al punto da non essere più distinguibili. «Ciò che è stato sarà
e ciò che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole», canta ancora il sapiente del Qoelet. Senza cedere ad un pessimismo senza scampo ma anche senza eludere la realtà con le sue dinamiche, è importante essere consapevoli dei condizionamenti che gravano sulla nostra visione del passato e quindi anche del presente e del futuro. Non vi è perfezione assoluta in terra, né in un mitico passato né in un chimerico futuro; ma possiamo migliorare, senza fanatismi e prese di posizione ideologiche spesso tanto più violente quanto più pretendono di operare “contro” il potere prepotente nel nome della pace e dell’amore universali. Possiamo progredire, ma con lo spirito umile e realistico di chi, mentre tiene in ordine e ben pulita la casa in cui deve abitare, non perde mai la chiara consapevolezza che si è solo di passaggio e che ogni albergo terreno, come scriveva Santa Teresa d’Avila, è solo per una notte.

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