Eutanesia in Belgio




Nel periodo tra il 2016 e il 2017, tre minori di 9, 11 e 17 anni sono state le più giovani vittime di eutanasia mai registrate al mondo. Il triste primato spetta al Belgio. Il report della commissione belga sull’eutanasia (The Belgium Federal Commission on the Control and Evaluation of Euthanasia) ammette l’uccisione dei tre minorenni a cui è stata somministrata un’iniezione letale.

Il Belgio è conosciuto per essere l’unico paese al mondo ad aver introdotto una legislazione nel 2014 che permette anche ai minorenni di poter usufruire dell’eutanasia messa a disposizione dallo Stato belga. Per farsi accettare la domanda di morte, il minorenne deve essere giudicato capace di intendere e volere e deve avere il consenso dei genitori. Un dottore deve altresì stabilire che il bambino deve essere in condizioni disperate e non vi debbano essere ulteriori metodi per alleviare le sue sofferenze.

La decisione del governo belga di permettere l’eutanasia anche per minori aveva provocato polemiche e proteste. Il vescovo di Bruxelles definì l’atto un passo troppo lungo e pericoloso. Nel 2016, alla comunicazione della prima eutanasia verso minorenne la CEI aveva tuonato: “Il diritto all’eutanasia del bambino, altro non significa che attribuire ad un adulto il potere di vita e di morte su un minorenne”. Anche numerosi pediatri e medici in tutt’Europa si erano dichiarati contrari a tale norma.

Come può un bambino di nove anni saper di voler morire? Quale è il limite oltre il quale il medico giudicante si può spingere per influenzare la decisione del minore o per ottenere il consenso dei genitori? Il Presidente della Commissione belga per l’eutanasia ammette che per loro fortuna vi sono pochi minori che chiedono di essere sottoposti a tale pratica.

Il Belgio è uno dei paesi più permissivi con l’eutanasia. Sempre secondo il report della Commissione, i pazienti che hanno optato per l’eutanasia in Belgio tra il 2016 e il 2017 sono 4.337, la maggior parte malati di cancro.

Senza voler speculare sulle malattie terminali, è necessario sottolineare alcuni dati: 710 pazienti che hanno scelto di morire erano, secondo i dati del report, anziani che soffrivano di problemi minori come cecità oppure incontinenza mentre 77 malati che hanno optato per l’eutanasia avevano problemi psichiatrici.

In merito a questi ultimi casi, 360 medici belgi hanno firmato una petizione chiedendo controlli più severi prima di dare il consenso all’utilizzo dell’eutanasia per diagnosi che sarebbero potuti essere trattate meglio e magari risolte.

Particolare clamore ha scatenato il caso di una donna anziana che ha chiesto di morire perché affetta da depressione. Secondo la legge belga, per ottenere l’eutanasia, la depressione deve essere irreversibile. Secondo referti medici uno dei fattori della depressione era data dalla lontananza della donna con i figli che abitavano oltre oceano. Nonostante uno dei figli avesse comunicato la sua volontà di ritornare a vivere accanto alla madre malata, l’ospedale ha proseguito in tutta velocità con l’eutanasia contro il volere del figlio che ha aperto un procedimento legale contro l’ospedale di Bruxelles.

Un altro caso che creò scalpore fu un episodio in cui una donna, affetta da squilibri mentali, che non aveva chiesto formalmente l’eutanasia, fu uccisa ugualmente. In questo caso alcuni componenti della commissione belga addirittura si dimisero in opposizione ad un’interpretazione troppo lassiva e poco scientifica dei criteri su cui alcuni medici acconsentivano al compimento dell’eutanasia.

Il Belgio non è stato il primo paese a consentire la “morte accompagnata”. Fu l’Olanda nel 2002 la prima a dare la possibilità legale ai medici di poter aiutare i propri pazienti a morire. Furono seguiti da Colombia, Svizzera, Germania e da alcuni degli stati degli USA (California, Montana, Oregon, Vermont e Washington) mentre il Canada sta studiando una legge per emulare il Belgio anche in mateteria di minori.

La facilità con la quale si concede la morte in alcuni paesi europei entra in chiaro contrasto con la difficoltà di lottare per la vita. I casi di Charlie Gard e Alfie Evans, i due bambini inglesi a cui i medici avevano ordinato di staccare la spina contro il volere dei genitori, hanno dimostrato che è più facile domandare di morire piuttosto che chiedere di vivere o, almeno, di mantenere una speranza di vita. Una situazione surreale che deve far pensare e riflettere su che società vogliamo per il futuro nostro e dei nostri figli e farci agire per cambiare la scala delle priorità e mettere la vita in cima alla morte.

Marco Gombacci

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *