A proposito di palazzo Biserini




La sospensione presso palazzo Biserini del prelievo e del deposito del materiale documentario della Biblioteca “Attilio Hortis” in esso custodito, disposta dall’“Area Scuola Educazione Cultura e Sport” del Comune di Trieste, suscita numerose riflessioni e qualche perplessità. E non tanto per le ragioni accampate, che sono tutte sottoscrivibili e legittime — è pericoloso per il personale addetto alle operazioni di prelievo muoversi in spazi così compromessi e poco sicuri —, ma per il fatto che negli anni non si sia fatto nulla per arrestare questo naturale e inevitabile decadimento.
L’originaria sede della Biblioteca “Attilio Hortis”, sita a palazzo Biserini di Piazza Hortis, dal maggio del 2008 è stata trasferita in un edificio di via della Madonna del Mare n. 13. Da allora il Servizio Prestiti e Consultazione dei Documenti si è modificato, allungando i tempi di consegna del materiale richiesto: mentre il materiale della sezione “Raccolte patrie”, trasportato nella nuova sede, è rimasto subito disponibile alla richiesta degli utenti, gran parte dei documenti del rimanente fondo, colonna portante di un deposito librario, e non solo, vastissimo ed eterogeneo, da anni richiede sempre qualche giorno di tempo prima di essere consegnata. Il ritardo è dovuto al reperimento dei documenti e al loro trasporto da palazzo Biserini all’edificio di via della Madonna del Mare.
All’epoca della chiusura nel maggio del 2008 di palazzo Biserini, storica e suggestiva sede della Biblioteca, l’allora assessore alla Cultura in una conferenza stampa del 7 maggio 2008 garantì che nel giro di due anni l’edificio sarebbe stato totalmente ristrutturato offrendo una nuova smagliante cornice al sempre efficiente servizio prestiti e ai depositi librari e documentari tra i più ricchi ed eclettici della nostra città e non solo. A distanza di tanti anni da questo annuncio, non solo non si è proceduto a nessun restauro, ma si è sospeso completamente l’accesso ai libri e ai documenti conservati fino ad ora nell’originaria sede di Piazza Hortis, a palazzo Biserini, edificio giudicato ormai del tutto impraticabile e pericoloso e dunque bisognoso di una laboriosa ristrutturazione in tempi tutti da determinare. Il risultato è che non si sa se e quando ci sarà questa messa a norma dell’edificio e che migliaia di utenti resteranno non si sa fino a quando privi di un servizio utile e spesso necessario. Ad essere penalizzati infatti non sono soltanto gli appassionati della lettura sic et simpliciter, ma gli studenti che per anni hanno attinto alla biblioteca per preparare esami o approfondire qualche argomento, gli insegnanti, i ricercatori e gli scrittori che grazie al patrimonio librario e documentario anche antico della Biblioteca, considerato logicamente nella sua interezza, hanno potuto in passato stilare opere di carattere storico, saggistico o letterario di qualità.
La Biblioteca infatti dispone di ben 450.000 volumi e di una ricchissima serie di manoscritti, epistolari, spartiti musicali, carte geografiche, disegni e stampe, manifesti e fotografie, oltre che di un Archivio Diplomatico con documenti che vanno dal 1300 al 1800. Presso l’attuale sede di via della Madonna del Mare si trovano anche il Museo Sveviano e il Museo Petrarchesco e Piccolomineo, sede di eventi culturali e di incontri. La Biblioteca è anche stata protagonista negli anni di iniziative culturali e di letture pubbliche che hanno mantenuto viva nel cuore dei suoi affezionati frequentatori e di tutti i cultori delle buone letture la passione per l’universo della scrittura in tutte le sue forme e sfumature. I libri sono il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro. Oggi si legge pochissimo e anche quel “poco” orientando le proprie scelte verso prodotti privi di ogni qualità. Sul mercato troviamo per lo più questi prodotti di sottocultura. Molti dei veri e buoni libri del passato — non i soliti titoli classici divenuti di routine e onnipresenti negli scaffali di ogni buona Libreria, ma tantissimi altri meno noti, capaci ancora di far riflettere, suscitare domande e aprire la mente —, si trovano solo nelle biblioteche e tra queste si distingue per vastità e ricchezza anche la Hortis. Non avere più l’accesso a questi libri di valore comporta la privazione di un’insostituibile fonte di conoscenza, di sapere e di arricchimento intellettuale e di uno scrigno di memorie preziose, altrimenti destinate all’oblio. Con la chiusura di palazzo Biserini, all’improvviso i lettori vengono privati della possibilità di avere a disposizione libri di ogni genere altrimenti irreperibili in quanto usciti dai circuiti editoriali e librari e dunque da anni non più ristampati, spesso irreperibili perfino sui siti online. Agli studenti e ai ricercatori poi vengono tolti i loro strumenti di studio e di lavoro. Si tratta di una sottrazione con molteplici e problematiche ricadute, in primis una ricaduta umana, non semplicemente un disguido tecnico e procedurale risolvibile con qualche piccolo e momentaneo aggiustamento.
Alcuni mesi fa sul quotidiano locale si è svolto un dibattito sulla situazione culturale della nostra città, da alcuni valutata positivamente e da altri aspramente criticata. Da una parte ottimismo e fiducia, dall’altra pessimismo e sconforto. Le principali ragioni critiche accampate riguardavano l’assenza a Trieste, città dal glorioso passato culturale, di un Festival o di un Evento editoriale e librario di portata nazionale — il termine di confronto era Pordenonelegge — e di case editrici capaci di confrontarsi con i grandi circuiti editoriali di altre capitali della cultura. Non condivido né l’ottimismo estremo né il suo opposto, come non condivido un’attribuzione esclusiva di responsabilità, nel caso di palazzo Biserini, all’attuale amministrazione. Negli anni si sono succedute diverse amministrazioni comunali, e il problema è rimasto, nessuno ha fatto nulla per risolverlo. Ai politici interessa? Ai cittadini interessa? Anche quest’ultima domanda ha un suo peso.
Lasciando a ciascuno le proprie riflessioni e valutazioni, è importante evidenziare il contesto più vasto in cui si inserisce questa decisione e trarne spunto per ricordare e magari rinnovare la vocazione culturale che, sia a livello istituzionale che di privati cittadini, ha illuminato nel passato la nostra città e che rischia di spegnersi nel presente. Una vocazione alla ricerca, all’approfondimento, alla conoscenza e alla bellezza dell’arte, che anche la buona e laboriosa borghesia sempre sovraccarica di impegni coltivava con serietà e assiduità, frequentando teatri, mostre, investendo in arte e cultura, fondando istituzioni culturali la cui memoria è ancora viva. Si leggeva, si discuteva di tutto nei caffè letterari, si apprezzava il lavoro degli artisti che spesso potevano vivere della loro vocazione trovando intelligenti e sensibili mecenati e anche un appoggio assai più solido e coraggioso da parte delle strutture pubbliche. Ci si interessava, ci si appassionava, ci si sentiva parte di un respiro più ampio in cui era bello vagare alla ricerca di nuove ispirazioni e rivelazioni.
Vi è sempre stato a Trieste, nei suoi massimi rappresentanti intellettuali e nei suo artisti, una vena pensosa e meditativa, filosofica e inquieta, che ha dato molti frutti nell’indagine psicologica e nell’esplorazione dell’ignoto, come nell’impegno più realistico e attento alla storia tormentata e unica della nostra gente. Un giardino con molte piante, fiori e frutti. Ritrovare questo spirito non significa voler passivamente riprodurre un passato che non esiste più e non può essere oggi di casa tra noi, ma riprenderne il vasto respiro e la passione speculativa (non solo affaristica ed economica) che si sono magnificamente espressi in tante opere e testimonianze. Significa avere a cuore i beni artistici e culturali che fanno parte della nostra tradizione, prendersene cura e non abbandonarli in un angolo alla prima crepa. Il tempo ne farà tanta altre di crepe e sarà sempre più difficile porvi rimedio. Questo ritorno e questo rinverdire i buoni spiriti del tempo andato forse passano anche sotto gli ombrosi alberi di Piazza Hortis e salgono le antiche e possenti gradinate in marmo di palazzo Biserini, da anni silenzioso, abbandonato e abitato da chissà quanti fantasmi gloriosi del passato, inquieti e malinconici per il destino della loro amata città, o forse contenti — visti i tempi preventivati per la ristrutturazione della loro fatiscente dimora e gli “esempi” passati non proprio “edificanti” — di poter continuare a vagare indisturbati tra mura pericolanti, soffitti cadenti e vasti spazi solitari, come si addice ad ogni vero e serio fantasma.

Una risposta a “A proposito di palazzo Biserini”

  1. Alessandra Sirugo ha detto:

    Bellissimo articolo che riconosce l’importanza della Biblioteca civica “A. Hortis” nello sviluppo culturale ed educativo di una città di 200.000 abitanti.

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