In un libro-intervista (Più forti del terrore, Emi) il patriarca di Baghdad Louis R. Sako racconta in modo mirabile e toccante la situazione del suo popolo

«Rinnegare la fede? Impensabile. Per noi cristiani iracheni credere è essere»




È passato un anno da quando centinaia di uomini vestiti di nero entrarono a Mosul, l’antica Ninive. In un libro-intervista appena uscito (Più forti del terrore, Emi) il patriarca di Baghdad Louis R. Sako racconta in modo mirabile e toccante la situazione dei cristiani iracheni.

Ricorda quei primi giorni, quando i jihadisti distribuirono volantini in cui avvertivano i nazareni: o vi convertite o lasciate la città, pena la decapitazione. «Fra voi e noi, non ci sarà che la spada», c’era scritto. Sako ripercorre con la memoria l’esodo dei fedeli, lo spostarsi lento e angosciato di uomini, donne e bambini, e i vecchi portati a spalla lungo strade senz’ombra e con temperature vicine ai cinquanta gradi. Oggi, dice Sako, non c’è alternativa all’intervento armato di terra perché i raid aerei sono necessari, «ma non bastano» a fermare l’Isis.

Fra le mille perle contenute in questo libro, ve ne è una che, da sola, basterebbe a turbare la sonnolenta fede occidentale. Al suo interlocutore che gli chiede come sia stato possibile che gli iracheni abbiano preferito perdere tutto piuttosto che abiurare, Sako risponde: «In Iraq è semplicemente impensabile rinnegare la propria fede. Fa parte dell’identità della persona. La fede da noi non è speculativa, è una questione d’amore e di attaccamento alla persona di Cristo. La religione è come la farina nel pane, non si può estrarla. È un’esistenza mistica. Per noi cristiani, la fede è la cosa più grande, per la quale si è pronti a sacrificarsi. Credere è essere».

di Emanuele Boffi

Fonte: http://www.tempi.it

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