Intervista ad Antono Gurrieri, Amministratore Delegato della Società Alpe Adria S.p.A. e Consigliere del Ministro dell’Ambiente. Per l’Italia si tratta di imboccare la strategia di sviluppo bilanciata fra nteressi nazionali e funzione di mercato ponte.

Lo sviluppo secondo Alpe Adria




In crescita i mercati di riferimento della Mitteleuropa. Alpe Adria – società partecipata pariteticamente da Autorità Portuale di Trieste, Friulia S.p.A. e Trenitalia S.p.A. – ispira la propria strategia operativa alla promozione e gestione dei servizi necessari a garantire al Porto di Trieste (e potenzialmente anche agli altri due porti regionali) un network di collegamenti con il mercato del Nord-Est Italia e del Centro-Est Europa, mediante servizi intermodali programmati con frequenze e tempi di inoltro regolari, spesso integrati con servizi complementari di presa e consegna via strada nelle rispettive relazioni.

1) Dal 2009 a oggi, che tipo di ripercussione ha avuto la crisi e la recessione italiana su Alpe-Adria? 

Fino al 2008 i traffici intermodali di Alpe Adria avevano mantenuto, a partire dai primi anni 2000, un tasso medio di crescita annua attorno al 17%, la crisi del 2009 ha prodotto una contrazione generale attorno al 20%, recuperata poi negli anni 2010 (+14%) e 2011 (+17%), mentre nel 2012 i risultati si sono stabilizzati; ciò ha prodotto una contrazione generale del tasso medio di crescita che ora, nel periodo 2001 – 2012, registra un tasso medio annuo attorno all’11%.

2) E nel geograficamente più specifico: la crisi che ha colpito il nord est (Italia) ha avuto ripercussioni sul vostro operato?

Nel periodo 2001-2008 il traffico intermodale da e per il Nord-Est Italia aveva mantenuto un tasso medio di crescita annua attorno al 10%, nel 2009 la crisi ha prodotto una contrazione di tale mercato attorno al 23%, anche qui recuperata poi nel 2010 (+25%) e 2011(+39%) e stabilizzatasi nel 2012; il nuovo trend annuo medio di crescita annua in tale comparto, sempre riferito al periodo 2001-2012, si attesta intorno al 9%.

3) In un articolo del Piccolo leggo che vi mostrate fiduciosi per il futuro non ultimo perché il Fmi da in crescita soprattutto i vostri mercati di riferimento. Che sono quali, precisamente?

I principali mercati di riferimento del porto di Trieste sono, per quanto riguarda l’Italia il Nord Est, in Germania la Baviera ed il Baden Wuerttemberg, l’Austria, la Cechia, la Slovacchia, l’Ungheria e, con i nuovi prodotti che sono allo studio, si prevede di poter ampliare la gamma dei servizi intermodali al Sud Polonia, all’Ucraina, alla Bielorussia ed alla Russia Europea.

4) Qual è il segreto della forza di Alpe Adria?

Principalmente il fatto di essere una società multi-customer, un operatore logistico neutral-body rispetto alle altre analoghe società di logistica controllate dai gruppi armatoriali o di spedizioni.

5) C’è stato in questi anni un momento particolarmente difficile per Alpe Adria? E se sì come l’avete affrontato.

Le difficoltà di Alpe Adria in sostanza riflettono quelle che sono le maggiori difficoltà dovute alla situazione del Porto di Trieste, che rispetto al mercato italiano si trova in una posizione un po’ periferica e, per quanto riguarda il mercato emergente del Centro-Est Europa, risente della concorrenza dei vicini scali esteri di Capodistria e Fiume, scali nei quali sia i costi generali di gestione, sia i costi del trasporto terrestre via ferrovia o via strada, sono nettamente inferiori a quelli del nostro mercato.

6) Come valutate le chance di ripresa dell’Italia? Quali ne sarebbero i presupposti?

La ripresa dell’Italia è a nostro avviso un fatto indubbio, tutti gli indicatori macro-economici indicano infatti un trend generale di crescita per l’area del Mediterraneo, in particolare per il bacino Orientale ed anche l’Adriatico viene ora visto dai grossi gruppi dello shipping non più una deviazione della rotta base Suez-Gibilterra, bensì una nuova via più economica e meno impattante dal punto di vista ambientale per raggiungere il cuore dell’Europa, soprattutto ora che le grandi imprese stanno valutando i maggiori vantaggi della de-localizzazione manufatturiera-industriale verso l’Est Europa, piuttosto che, come fino a qualche anno fa, verso il Sud Est Asiatico o l’Estremo Oriente.

Per l’Italia si tratta di imboccare la strategia di sviluppo più bilanciata, fra gli interessi interni nazionali e la funzione di mercato ponte tra le diverse realtà economiche dell’Area del Mediterraneo, Nord e Sud; questo avrà una influenza anche nella politica di sviluppo portuale e soprattutto logistico.

7) cosa vuol dire fare impresa in Italia: detto altrimenti: rispetto ad altri paesi, che attenzione ha la politica per questo settore?

Attualmente l’attenzione della politica è maggiormente concentrata su altri problemi fondamentali, quali il riequilibrio del debito pubblico e l’abbassamento del cosiddetto cuneo fiscale, che tiene bloccato lo sviluppo delle imprese; nell’ambito degli equilibri europei, i paesi cosiddetti “virtuosi” del Nord hanno tenuto in scacco quelli del Sud, tra cui l’Italia, soprattutto attraverso la leva finanziaria, ma ora tale tattica sembra del tutto superata, anche nel Nord Europa, dove stanno crescendo le difficoltà di ordine finanziario da parte delle banche e dei grandi gruppi che hanno investito fiumi di denaro nelle attività dello shipping, flussi che non stanno rientrando come previsto, causa appunto la crisi globale che ha invertito i tradizionali rapporti tra paesi produttori e paesi consumatori. A mio avviso urge un ripensamento generale sulle strategie sinora perseguite da parte dell’Unione Europea, con una maggior fiducia verso i mercati emergenti, sia dell’area del Mediterraneo, sia dell’Est.

Trieste, 22 marzo 2013 – foto flb

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