Due funzionarie della pubblica amministrazione, in Francia e negli Stati Uniti, accusate ed arrestate per essersi rifiutate di registrare un matrimonio omosessuale.

Il gender, che per molti non c’è, intanto fa le sue vittime




Il gender non c’è, dicono in molti. Però il gender fa le sue vittime e c’è gente che paga cara la fedeltà alla propria coscienza. In questi giorni sono accaduti due fatti, uno in America e uno in Francia.

il procuratore di Marsiglia, Marie-Blanche Régnier, ha chiesto per Sabrina Hout una condanna a tre mesi di carcere e un’ammenda di 1.500 euro per «discriminazione basata sull’orientamento sessuale». La colpa della giovane, ormai ex vicesindaco aggiunto socialista di Marsiglia e «musulmana praticante», è quella di non aver voluto celebrare un matrimonio gay nel 2014 perché contrario alle sue «convinzioni religiose».

Quello di Hout è il primo caso in Francia di pubblico ufficiale portato in tribunale da quando il “matrimonio per tutti”, voluto dal presidente della Repubblica François Hollande, è stato approvato nel 2013 senza prevedere una clausola di coscienza per gli officiali.

In una cittadina del Kentucky, Ashland, Kim Davis è stata arrestata. L’impiegata della contea di Rowan si è rifiutata di rilasciare licenze matrimoniali alle coppie gay, nonostante la sentenza della Corte Suprema che ha esteso a tutti gli Stati Uniti il diritto degli omosessuali di formalizzare le loro unioni. A loro la Davis, una cristiana apostolica, ha opposto il suo diritto all’obiezione per motivi religiosi: «Emettere licenze matrimoniali con la mia firma è per me impossibile» ha obiettato la funzionaria comunale. Quattro coppie gay, dopo averla rimproverata davanti alle telecamere di non adempiere ai suoi doveri d’ufficio per i quali è pagata da tutti i contribuenti, omosessuali compresi, l’hanno denunciata.

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