«Con il termine esercizi spirituali si intende ogni forma di esame di coscienza, meditazione, contemplazione, preghiera vocale e mentale, e di altre attività spirituali, come si dirà più avanti. Infatti, come il passeggiare, il camminare e il correre sono esercizi corporali, così si chiamano esercizi spirituali i diversi modi di preparare e disporre l’anima a liberarsi da tutte le affezioni disordinate e, dopo averle abbandonate, a cercare e trovare la volontà di Dio nell’organizzazione della propria vita in ordine alla salvezza dell'anima».

Il Discernimento e/è ricerca di Dio




ii. Discernimento e/è ricerca di Dio

«Con il termine esercizi spirituali si intende ogni forma di esame di coscienza, meditazione, contemplazione, preghiera vocale e mentale, e di altre attività spirituali, come si dirà più avanti. Infatti, come il passeggiare, il camminare e il correre sono esercizi corporali, così si chiamano esercizi spirituali i diversi modi di preparare e disporre l’anima a liberarsi da tutte le affezioni disordinate e, dopo averle abbandonate, a cercare e trovare la volontà di Dio nell’organizzazione della propria vita in ordine alla salvezza dell’anima».
Con questa frase, semplice ed efficace, si apre il libretto degli Esercizi Spirituali di Ignazio di Loyola. Dalla definizione che egli stesso dà agli Esercizi, si comprende che essi corrispondono, in un certo senso, a un’impegnativa esercitazione spirituale di discernimento, in merito alla divina Volontà. Alcuni studiosi lo definiscono un vero e proprio manuale di vita interiore in quanto, più che proporre teorie, indica degli esercizi da compiere affinché possiamo liberarci da tutto ciò che ci impedisce di raggiungere una sempre maggiore apertura all’azione dello Spirito Santo. Pietro Schiavone fa notare che nel libretto, in particolare, oltre alle regole sul discernimento, tutto è impostato per aiutare chi li fa a «sentire e conoscere in qualche modo le varie mozioni che si producono nell’anima». Per Ignazio infatti la ricerca della volontà di Dio, parte proprio dalla doppia esperienza di consolazioni e desolazioni e di discernimento dei vari spiriti nel proprio cammino di vita cristiana.
Sembra utile richiamare l’esortazione di san Paolo, riguardo lo scopo del discernimento: «Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,1-2).
Il presupposto necessario al discernimento sembra essere quindi il desiderio di conversione, ovvero un cambiamento di rotta mirando a una meta precisa, perché come ricorda Seneca «Ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est». Una conversione che può avvenire solo se la nostra ragion d’essere è quella di predisporci a fare, anche prima di averla conosciuta, la volontà di Dio, in modo da raggiungere una radicale trasformazione interiore, per poter «offrire la nostra esistenza, come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio». Ma affinché avvenga questa rigenerazione, come dice Gesù a Nicodemo (Gv. 3, 3-8), dobbiamo necessariamente disfarci di tutto ciò che ci impedisce una sincera apertura allo Spirito Santo.
Il discernimento in fondo non è altro che affidarsi all’azione del Paraclito, per imparare a guardare noi stessi e il mondo non più con i nostri occhi, ma con gli occhi dello Spirito. È questa l’esperienza che Ignazio stesso fece a partire dai suoi primi “esercizi spirituali” di Manresa, dove per grazia gli furono aperti gli occhi dello spirito e imparò a vedere tutto in Dio. La conversione non è qualcosa di superficiale, che riforma solamente alcuni comportamenti esteriori. Non è neppure frutto di calcoli o ragionamenti pratici o morali. È un qualcosa di più intimo, è frutto di un “sentire” spirituale profondo, che genera pace e consolazione anche nella solitudine e nel dolore. Quando il nostro io, con i suoi pregiudizi, con le sue convinzioni, i suoi atteggiamenti conflittuali, ci porta a pensare e ad agire secondo una logica spesso troppo individualista e mondana è allora che ci sottraiamo a un ascolto attento e profondo della Parola di Dio. Thomas Green riconosce che spesso le nostre idee di Dio, i nostri preconcetti e i nostri attaccamenti disordinati, ci impediscono di avvertirne la presenza, proprio quando Egli rivela sé stesso, arrivando alla conclusione che se non si è veramente aperti al Signore, non è neppure possibile discernere. Spesso sono proprio queste abitudini avverse che non ci permettono di comprendere a pieno il senso profondo della vita nella sua totalità in Cristo. La conversione, citando ancora le parole di San Paolo, consiste nello spogliarsi dell’uomo vecchio per rivestirsi dell’uomo nuovo, l’uomo in Cristo Gesù, l’uomo che ha accettato il Vangelo senza riserve (Ef 4, 20-24). La disponibilità interiore al distacco dai propri interessi e la prontezza nel seguire le mozioni dello Spirito sono essenziali al discernimento, mediante il quale possiamo rispondere efficacemente e concretamente alla “chiamata” di Dio. È lo Spirito, infatti, che ci suggerisce il modo migliore di rispondere a questo invito e ci darà anche la forza di viverlo a pieno con la nostra vita.
Discernere significa cercare con cuore rinnovato, la volontà di Dio, in modo tale che la nostra esistenza possa «corrispondere a questa Volontà trascendente ma sempre presente e operante». Per Ignazio dunque il fine degli Esercizi è allora quello di preparare e disporre l’anima a liberarsi da tutti gli affetti disordinati che possano ostacolare l’azione dello Spirito. Il discernimento si fa sempre più maturo man mano che facciamo nostro il Principio e Fondamento che Ignazio scrive e pone a fondamento del libretto: «L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore e per salvare, mediante ciò, la propria anima; e le altre cose sulla faccia della terra sono create per l’uomo affinché lo aiutino al raggiungimento del fine per cui è stato creato. Da qui segue che l’uomo deve servirsene tanto quanto lo aiutino a conseguire il fine per cui è stato creato e deve liberarsene tanto quanto glielo impediscano. Per questa ragione è necessario renderci indifferenti verso tutte le cose create (in tutto quello che è permesso alla libertà del nostro libero arbitrio e non le è proibito) in modo da non desiderare da parte nostra più la salute che la malattia, più la ricchezza che la povertà, più l’onore che il disonore, più la vita lunga che quella breve, e così per tutto il resto, desiderando e scegliendo solo ciò che più ci porta al fine per cui siamo stati creati». Attraverso il discernimento scopriamo l’amore di Dio, riconoscendoci sue creature e possiamo imparare da Lui ad amare di un amore che non è fine a se stesso ma deve manifestarsi in un’accoglienza piena dell’altro. Un amore che ci incorpora direttamente nel modo con cui tutta la Trinità si relaziona in se stessa, dove l’amore tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non è mai fine a se stesso, ma sempre donazione piena e totale di tutto il Padre al Figlio e di tutto il Figlio al Padre nello Spirito che dona e accoglie questo scambio infinito di amore. L’uomo dunque da sempre concepito come «imago Dei et imago Trinitatis», secondo la definizione di sant’Agostino, è chiamato a ricentrarsi nella Trinità per poter vivere la relazione costitutiva dell’uomo stesso, in modo libero, accogliente e gratuito.
Più cresce il nostro desiderio di vivere in modo autentico la relazione con Dio, più il discernimento si fa autentico e profondo. Esso però assume valore e consistenza solo se inserito all’interno della “logica” dell’amore, nella sua dimensione Trinitaria che ci è stata rivelata da Gesù. Infatti una disordinata ricerca di perfezionismo spirituale o antropocentrico, non rientra in questo dinamismo spirituale, in quanto la necessità del discernimento nasce dall’esperienza che facciamo nella nostra vita di fede in Cristo, nella Chiesa e nel mondo. Di conseguenza è riduttivo pensare al discernimento come un semplice ed esclusivo esercizio di carattere ascetico-morale che ci aiuta a stare bene, c’è infatti in gioco qualcosa di più grande del solo benessere personale. «Con tutto ciò rimane vero che Dio può e vuole agire direttamente con la sua creatura; che l’uomo può sperimentare direttamente come ciò avvenga; che egli può accettare il dominio sovrano esercitato dalla libertà divina sulla propria vita, dominio che non può essere circoscritto e calcolato con ragionamenti oggettivi dal basso come comandamento della ragione umana (né filosoficamente, né teologicamente o “esistenzialmente”)», sostiene Karl Rahner. Sant’Agostino nelle Confessioni scrive: «La storia d’amore tra Dio e l’uomo consiste appunto nel fatto che questa comunione di volontà cresce in comunione di pensiero e di sentimento e, così, il nostro volere e la volontà di Dio coincidono sempre di più: la volontà di Dio non è più per me una volontà estranea, che i comandamenti mi impongono dall’esterno, ma è la mia stessa volontà, in base all’esperienza che, di fatto, Dio è più intimo a me di quanto lo sia io stesso».
L’uomo quindi può sperimentare Dio stesso, con un cuore che si abbandona pieno di speranza e di fede e che ama il prossimo.

Francesco Recanati

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