Dal 22 maggio 1978 ad oggi, la 194 ha impedito di nascere a 290 bambini al giorno. In tutto sono ormai quasi sei milioni gli italiani che dovremmo incontrare per le strade del nostro Paese e che invece sono stati, come scriveva Orwell, evaporati.

194




Tre giorni fa, il 22 maggio 2018, cadeva il quarantesimo anniversario dalla approvazione della legge 194 che permette l’aborto nel nostro Paese. Ho assistito (per caso perché i TG di regime non li guardo mai) ad un servizio del TG1 delle ore 13,30 sull’argomento. Tre interviste a tre femministe che chiedevano “più 194” e la cronaca di alcune manifestazioni a Milano per il diritto all’aborto e contro l’obiezione di coscienza dei medici i quali, lamentava e denunciava il servizio, sono ancora l’84 per cento. Nessun cenno a chi contro l’aborto ha lottato e lotta. Il tutto tramite il servizio pubblico e con i soldi anche di chi contro l’aborto ha lottato e lotta.

L’anniversario è passato nel silenzio della Chiesa italiana, fatte salve due pagine dedicate da Avvenire al tema. Nessun cenno alla significativa data da parte del cardinale Bassetti all’Assemblea dei vescovi in corso a Roma. Si nota da tempo che la 194 è stata ormai metabolizzata. La Marcia per la Vita a Roma di pochi giorni fa (19 maggio) è stata snobbata quando non avversata o impedita, mentre ha fatto scalpore la notizia di veglie di preghiera contro l’omofobia. Al loro posto ci si sarebbe aspettato, data la ricorrenza, veglie di preghiera contro l’aborto e per la soppressione della 194.

Dal 22 maggio 1978 ad oggi, la 194 ha impedito di nascere a 290 bambini al giorno. In tutto sono ormai quasi sei milioni gli italiani che dovremmo incontrare per le strade del nostro Paese e che invece sono stati, come diceva Orwell nel suo profetico “1984”, evaporati. Poi, col cinismo che proprio l’assimilazione culturale della pratica dell’aborto costruisce pian piano nelle menti e nelle coscienze, apriamo le porte agli immigrati per riempire il vuoto demografico e umano che noi stessi abbiamo creato.

Sul piano politico, l’approvazione della legge fu resa materialmente possibile dalle defezioni nel partito della Democrazia Cristiana, dato che un certo numero di suoi parlamentari votò a favore. La maggioranza ottenuta dal fronte abortista fu risicata: 308 voti contro 275 alla Camera e 160 contro 148 al Senato. L’ago della bilancia fu quindi rappresentato proprio da qualche manciata di voti cattolici. A teorizzare questa tattica furono quanti nella Democrazia Cristiana di allora pensavano che fosse prioritario il rapporto politico con il Partito comunista e il Partito socialista. La Chiesa era sconvolta dai movimenti progressisti che già avevano aperto al divorzio e che ora volevano aprire all’aborto. Gli stessi vertici della Chiesa, a parte la decisa posizione assunta da Paolo VI e da Giovanni Paolo II, tendevano a sopire e ad evitare l’indizione di un referendum abrogativo allo scopo, anche oggi tante volte espresso, di non creare divisioni.

Nella Gazzetta Ufficiale la legge 194 fu pubblicata con la firma di parlamentari tutti cattolici: il presidente della Repubblica Giovanni Leone, il presidente del Consiglio Giulio Andreotti e i ministri Tina Anselmi, Francesco Bonifacio, Tommaso Morlino e Filippo Maria Pandolfi. Purtroppo questo scandalo si ripeté in seguito a proposito di altre leggi moralmente inaccettabili.

La Civiltà Cattolica del 20 maggio 1978 paragonava l’omicidio di Aldo Moro e l’approvazione della 194, sostenendo che quest’ultima era molto più grave, perché negava il principio del diritto alla vita. Era la Civiltà Cattolica di allora.

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