Il problema politico numero uno nella nostra regione e nel nostro comune è la denatalità: senza giovani non si può progettare un futuro che non sia la tomba. Ma Regione e Comune fingono di non vedere.

Zero in condotta




Diciamoci la verità: non se ne può più di questa politica e di queste amministrazioni locali che fingono che la famiglia non esista. Che pensano di aver davanti a sé solo cittadini single. Che distribuiscono contributi a pioggia come gli 80 euro di Renzi, che fanno pagare l’IMU più alta alle famiglie numerose. Di questi sindaci che invece di pensare alle famiglia approvano i depositi delle DAT o registrano i figli di conviventi nati all’estero con la fecondazione eterologa, eludendo essi per primi le leggi dello Stato. Di quei presidenti di regione che invece di favorire le nascite emettono regolamenti per limitare l’obiezione di coscienza dei medici in caso di aborto, oppure ammettono le coppie omosessuali ai contributi regionali per la prima casa sottraendo quelle risorse alle famiglie vere, oppure emanano leggi sul riconoscimento delle unioni civili anche se non è loro competenza.

Il lettore legga con attenzione le pagina 4 e 5 di questo fascicolo. Esamini i dati e le cifre. In Italia e in Friuli Venezia Giulia in particolare (e a Trieste ancora di più) la popolazione è in via di estinzione. Non nascono più figli, conseguenza del fatto che non ci si sposa più. Le non-famiglie di una persona sono sempre di più. Le famiglie costituite da una coppia e con figli sempre di meno. Ormai è il problema politico numero uno. Ma né il governo, né la regione, né il comune lo considerano tale. A preoccupare non sono i problemi, ma la loro trascuratezza. Non abbiamo futuro e le amministrazioni locali non se ne occupano. Nessuno che chieda interventi per limitare gli aborti. Nessuno che proponga tariffe ridotte per le famiglie numerose. Nessuno che proponga sussidi per i figli a carico. Nessun vantaggio per chi si sposa, anzi, bastonate. Vogliamo diventare una riserva indiana di chi?

Le famiglie non si formano, i figli non si fanno e quelli che ci sono, appena possono, vanno all’estero: in 2200 se ne sono andati dalla nostra regione nel 2013. Se questo non è il primo problema politico e amministrativo quale altro lo dovrebbe essere? E di fronte a tutto questo il silenzio. Tutto come se niente fosse, come se l’assunzione di responsabilità dei cittadini non cominciasse in famiglia e come se senza giovani si potesse progettare qualche futuro che non sia la tomba.

Non aiuta la famiglia – hanno detto i Vescovi italiani – «chi, al di là delle promesse, si rivela sordo sia nel promuovere interventi fiscali di sostegno alla famiglia sia nel realizzare una politica globale di armonizzazione tra le esigenze del lavoro e quelle della vita familiare, a partire dal rispetto per la domenica. E non lo fa neppure chi non esita a dare via preferenziale a richieste come il riconoscimento delle cosiddette unioni di fatto o, addirittura, l’accesso al matrimonio per coppie formate da persone dello stesso sesso. Del resto, che aspettarsi per la famiglia se la preoccupazione principale rimane quella di abbreviare il più possibile i tempi del divorzio, enfatizzando così una concezione privatistica del matrimonio?».

Sembra proprio che si riferissero alla regione Friuli Venezia Giulia e al comune di Trieste: zero in condotta.

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