La legge della gradualità non può trasformarsi in una gradualità della legge. Lo ha insegnato Giovanni Paolo II ma al Sinodo qualcuno non ne tiene conto.

Un importante nodo in discussione al Sinodo sulla famiglia




Nelle discussioni sui temi del Sinodo sulla famiglia emerge spesso l’argomento della legge della gradualità. Vediamo di cosa si tratta.

La legge della gradualità

Oggi, coloro che si sposano in Chiesa, sono spesso conviventi da tempo e talvolta hanno anche già dei figli. Come si comporterà nei loro confronti la pastorale matrimoniale e famigliare e il sacerdote che li prepara al matrimonio? Oggi si tende a pensarla così: non bisogna dire ai futuri sposi che la loro situazione di vita è oggettivamente sbagliata e di peccato, altrimenti si sentirebbero respinti dalla Chiesa. Bisogna, invece, partire da ciò che c’è di buono nella loro convivenza e condurre gradualmente gli sposi a capire che quel “buono” può diventare ancora migliore, fino alla scoperta piena della grandezza del matrimonio cristiano, che essi desiderano pur avendolo fino ad allora espresso inadeguatamente. Questa sarebbe la legge della gradualità: partire dal buono presente per far maturare in futuro il completo ideale della legge di Dio. Questo è presentato anche come un modo di agire misericordioso.

Durante il Sinodo qualcuno ha anche applicato questo criterio alla pastorale delle coppie omosessuali.

La gradualità della legge

Questo modo di procedere, però, presuppone che la situazione iniziale sia valutata come positiva, ancora bisognosa di sviluppo ma positiva. Essa è un bene, anche se inadeguato. Ma per la dottrina e la morale cattolica l’esercizio della sessualità fuori del matrimonio è un peccato e in questo caso la convivenza tra l’uomo e la donna non è comunione vera ma menzogna. Non è un bene inadeguato, è un male. Ciò vale a maggior ragione per la relazione omosessuale. Se tali situazioni vengono intese come buone, anche se inadeguate, il peccato sparirebbe ed esisterebbero solo condizioni di vita di diversa gradualità di bene, tutte buone anche se non nella stessa misura. In questo modo, tramite la legge della gradualità si farebbe passare il messaggio della gradualità della legge: la norma divina avrebbe come dei gradini, dei livelli in scala, non dovrebbe più essere compresa e vissuta con impegno nella sua totalità di senso, ma perseguita come un ideale regolativo.

Questa visione della morale cristiana è propria delle correnti di pensiero che si rifanno alla teologia di Karl Rahner, per il quale la norma divina non ci è data in modo definito, ma ne facciamo esperienza dall’interno della nostra esistenza, nella quale Dio ci parla, parla a tutti e parla in tutte le situazioni di vita, quindi anche nelle convivenze senza il matrimonio o nelle relazioni omosessuali.

Le precisazioni di Giovanni Paolo II

Nell’Esortazione apostolica Familiars consortio, Giovanni Paolo II aveva dato importanti indicazioni sul problema, invitando a non scambiare la legge della gradualità con la gradualità della legge. Ecco le sue parole: «Gli sposi “non possono guardare alla legge solo come ad un puro ideale da raggiungere in futuro, ma debbono considerarla come un comando di Cristo Signore a superare con impegno le difficoltà. Perciò la cosiddetta “legge della gradualità”, o cammino graduale, non può identificarsi con la “gradualità della legge”, come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse» (n. 34).

Questo non significa che le persone che si trovano in condizioni di vita oggettivamente sbagliate debbano venire respinte e vituperate, né che ci si avventuri in condanne che spettano solo a Dio. Esse devono essere accolte, ma senza che la loro condizione di vita oggettivamente sbagliata sia assunta come un bene e presentando loro integralmente il comando divino, pure accompagnandole con la vicinanza. La misericordia di chi opera nella pastorale familiare non può sostituirsi alla misericordia di Dio, che è sempre unita alla verità. La misericordia, inoltre, non contraddice la giustizia ma la richiede. Come si può essere misericordiosi con una persona nascondendole una situazione di ingiustizia di cui è protagonista, anzi presentandola come giusta?

Confidiamo che il Sinodo ordinario aiuti a far chiarezza su questo problema così denso di conseguenze.

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