Articolo pubblicato sul numero attualmente in edicola del settimanale "Tempi". Don Mario De Stefano racconta l'esperienza articolata della missione triestina in supporto alla Chiesa in Moldavia.

Un cantiere di vocazioni in Moldova




di Don Mario De Stefano

presidente dell’associazione Mission Moldova

La dimensione missionaria della Chiesa cattolica italiana si apre sempre più verso l’est dell’Europa, la cui realtà territoriale, anche se diversa dal sud del mondo, interpella ugualmente i cattolici e li sollecita a essere sempre più presenti nei diversi paesi che rientrano nell’aerea geopolitica dell’ex Unione Sovietica, come Bielorussia, Ucraina, Moldova, Georgia, Kazakistan, o la stessa Russia. Parliamo dei paesi da cui provengono, ed il riferimento sono soprattutto Ucraina e Moldova, la gran parte delle assistenti familiari, meglio note come “badanti”, il cui beneficio ricade su molti anziani delle nostre città.

Queste non sono nazioni dove la presenza cattolica è numerosa, infatti domina la realtà ortodossa con oltre il novanta per cento di fedeli. I cattolici sono presenti, ma solo dopo la caduta del muro di Berlino si sono resi visibili nelle diverse aeree. Da quell’evento storico è così iniziata la presenza del clero, la costituzione delle diocesi e delle parrocchie, l’avvio di non pochi progetti, soprattutto di carattere sociale. Va detto, inoltre, che la presenza della Chiesa cattolica è rappresentata sia dai cattolici di rito romano, sia dai fedeli greco-cattolici, il cui rapporto in cifre varia da territorio a territorio. Non sempre le diocesi di questi paesi dell’Europa dell’Est hanno potuto far fronte alle esigenze pastorali con sacerdoti locali, questo sia per la mancanza di vocazioni e sia per l’assenza totale della Chiesa cattolica negli anni precedenti al 1990.

Ed è questo il caso della Moldova, che fino agli anni Novanta faceva parte della diocesi di Iasi (Romania) e dove era garantita una saltuaria presenza di un sacerdote cattolico che proveniva dalla Bielorussia e che si fermava solo per brevi periodi. Negli anni Novanta la diocesi di Iasi ha costituito una presenza più assidua e costante sul territorio moldavo con alcuni suoi sacerdoti e qualcun altro proveniente dalla Polonia, al punto che un sacerdote rumeno nel 2000 è divenuto il primo vescovo cattolico di Chisinau e nel 2006 è stata costituita l’attuale diocesi di Chisinau.

Si tratta, per la Moldova, di una storia recente, di una Chiesa giovane, sorta grazie a una presenza stabile di sacerdoti “fidei donum” provenienti soprattutto da Romania, Polonia, Italia, oltre ai religiosi e alle religiose. La diocesi di Chisinau, che comprende tutto lo Stato della Moldova e il territorio separatista della Transnistria, oggi completamente nelle mani delle forze russe, si è strutturata nel tempo, ma sempre dipendendo dagli aiuti pastorali, formativi e finanziari delle Conferenze episcopali europee. Nell’agosto del 2000 la diocesi di Lecce ha inviato un sacerdote in Moldova in modo stabile per realizzare una missione a servizio degli ultimi. Sarà san Giovanni Paolo II, il 14 marzo del 2002, in un discorso ufficiale al movimento Rinnovamento nello Spirito, a «benedire tre progetti, per i quali vi state prodigando, e che proiettano “fuori dal cenacolo” i gruppi e le comunità del Rinnovamento nello Spirito con generoso slancio missionario. Mi riferisco, anzitutto, al sostegno che state fornendo all’Implantatio Ecclesiae in Moldavia, in stretta collaborazione con la Fondazione “Regina Pacis” dell’arcidiocesi di Lecce, costituendo una comunità missionaria legata alla diocesi di Chisinau». Da quel giorno e ancora oggi quella realtà si è sviluppata ed è cresciuta nel tempo, conoscendo un grande ampliamento.

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L’intuizione di monsignor Crepaldi
L’esperienza della diocesi di Trieste ha mosso i primi passi nell’ottobre del 2011, in occasione della celebrazione della “Prima Settimana Sociale dei cattolici in Moldova”, grazie alla presenza nel paese dell’Est in quei giorni dell’arcivescovo monsignor Giampaolo Crepaldi, invitato per una relazione. Da quel momento, una serie di iniziative e collaborazioni hanno portato alla nascita a Trieste nel settembre del 2013 dell’associazione Mission Moldova. Monsignor Crepaldi, grazie alla sua lungimiranza sociale e pastorale, aveva compreso benissimo quali fossero le necessità di quel popolo. Mission Moldova è divenuta Onlus con sede a Trieste inserita nella omonima diocesi, e che si identifica con i princìpi della dottrina sociale della Chiesa cattolica, opera in rete con la diocesi di Chisinau e la Fondazione Regina Pacis presente in Moldova da 15 anni, attraverso la formazione del volontariato, la sensibilizzazione in Italia per la missione nell’est Europa, la realizzazione di progetti, l’accompagnamento di altri organismi disponibili allo stesso impegno e altre azioni che hanno sempre lo stesso obiettivo: l’interesse e l’attenzione verso la Moldova e la crescita di giovani italiani verso la missione.

Nello stesso tempo l’associazione ha ritenuto di dover fissare una presenza concreta e reale, sempre all’interno delle strutture della Fondazione Regina Pacis, ed è stato avviato un progetto di “oratorio rurale” nel villaggio di Varvareuca, a nord della capitale Chisinau, un paesino con circa tremila abitanti e in prossimità del confine con l’Ucraina. Mission Moldova si è insediata in una struttura della Fondazione Regina Pacis, dove già erano operativi alcuni servizi socio-assistenziali per il territorio, avviando ulteriori progetti. Abbiamo realizzato un campo di calcetto, una ludoteca pomeridiana per la socializzazione dei figli dei migranti spesso soli in casa, e assistiamo le famiglie in condizione di elevato disagio sociale. I servizi sono garantiti sia dal personale della Fondazione, sia dai volontari dell’associazione che periodicamente si alternano nella struttura.

Uno di questi mi ha scritto pochi giorni fa: «Quando facciamo visita alle famiglie, spesso ci troviamo davanti a situazioni che lasciano senza fiato. Ricordo la mia prima visita: dopo qualche minuto di cammino su strade dissestate, arriviamo davanti ad un cancelletto sgangherato. Ad accoglierci un cane rabbioso. Sulla soglia della casa una donna con un bimbo in braccio e altri due ai suoi piedi. Sono Victor di 2 anni, Catalina di 4 e Catalin di 5. La casa, in tutto 20 metri quadrati circa, è formata da due stanzette. Oltre alle caramelle per i bambini lasciamo farina, sugo di pomodoro, minestre pronte, un pacco di biscotti e di fette biscottate. Chiediamo se serve altro e la donna, sorridendo, ci fa capire che a loro serve tutto, dai pannolini per il più piccolo alla cancelleria per i grandi che dovrebbero andare a scuola. Purtroppo la maggior parte delle famiglie vivono in queste condizioni, per loro è sempre stato così. Noi siamo qui per cambiare questa situazione, il lavoro che ci attende è moltissimo».

Varvareuca è un villaggio impoverito dall’emigrazione, come tutta la Moldova, dove il 25 per cento della popolazione ha ormai abbandonato il paese, e dove c’è una scarsa presenza dello Stato che si limita al minimo indispensabile. Questa è la realtà di tutto l’est Europa che vive una condizione di impoverimento sociale e strutturale, con una elevata condizione di abbandono dei minori e degli anziani, la più elevata percentuale europea di suicidi minorili e un sistema di vita che non prevede uno sviluppo immediato.

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Un progetto aperto a tutti
Mission Moldova ha scelto di essere presente in questa nazione accanto alla Chiesa cattolica i cui fedeli rappresentano appena lo 0,5 per cento della popolazione, ma si rivolge a tutti. In Italia ha avviato un “raccordo” con i migranti moldavi per fare rete con i territori di provenienza, trovare soluzioni a problemi di distanza e solitudine. Per la Chiesa italiana è giunto il momento di muoversi verso Est, il nuovo “Sud del mondo”, nonostante le tragedie del Mediterraneo, la condizione del nord Africa e i diversi focolai di guerra e povertà in altre parti del mondo. L’impegno nell’Europa dell’Est lo si comprende non solo dalle ragioni di carattere sociale, ma anche da quelle politiche. Ciò che sta avvenendo nell’area ucraino-moldava va valutato anche dal punto di vista pastorale.

Occorre essere accanto alle Chiese cattoliche dell’est perché sono in una condizione di sofferenza e hanno un futuro incerto. La nuova evangelizzazione richiede nelle diocesi una immissione di esperienze, risorse, solidarietà ecclesiale molto forti. Questa è stata ed è la scelta prioritaria dell’associazione, sostenuta dallo stesso arcivescovo che nella Chiesa è un autorevole maestro di azione sociale nel mondo.

L’associazione parte dai bisogni sociali fino alla formazione, ma sempre con un’attenta cura della persona. Ecco perché oltre alle opere nel villaggio di Varvareuca viene sostenuto il consultorio familiare Regina Pacis, il primo in Moldova. Lo Stato solo da poco ha iniziato a privatizzare i servizi alla persona, da sempre nel sistema sovietico a esclusivo controllo statale. Il consultorio di Chisinau, anche grazie al nostro sostegno, è in rete con quello familiare cattolico di Trieste, per condividerne gli interventi, realizzare programmi di formazione del personale, erogare sostegni economici. La nostra azione svolta in Moldova è anche un “cantiere” vocazionale. Alle attività di volontariato partecipano i seminaristi della diocesi di Trieste e del seminario Redemptoris Mater della nostra città. Il programma per la Moldova si delinea nel corso degli anni futuri, non solo con il consolidamento di quanto è in atto, ma anche con fiduciose riflessioni su nuovi progetti che sempre più radicano la presenza sul territorio dell’associazione.

Stiamo pensando di creare un “hub”, un “incubatore” e “acceleratore” di idee, che possa essere luogo di incontro e di formazione dove passa il messaggio cristiano. Stiamo riflettendo anche sulla costruzione di una scuola materna sul modello cattolico ed europeo. Ormai ci sono due chiese che dialogano, che condividono, che credono che il sostegno l’una dell’altra sia importante. È di questi giorni la novità dell’arrivo in Moldova del movimento neocatecumenale, per l’avvio di una nuova evangelizzazione di quartiere. Saranno presenti quattro famiglie, un sacerdote e un gruppo di sorelle. Quello che stiamo realizzando in Moldova ha un futuro e potrebbe coinvolgere altre realtà ecclesiali per radicare una presenza ancor più incisiva nell’Europa dell’Est che invoca pace, fede, sviluppo, crescita sociale, maggiore attenzione ai giovani, rispetto della dignità dell’uomo. Non lasciateci soli.

 

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