Un Balsamo per il passato, presente e futuro




“E l’ho fatto perché tu meritavi un po’ di più di quel poco che ero io passato, presente e futuro”

 

Umberto Balsamo è stato un cantautore italiano che ha venduto più di 50 milioni di dischi e composto circa 500 brani, tra cui : “Passato, presente e futuro” cui si è fatto riferimento nel titolo. Già nel 1963 iniziava a Milano con il paroliere Luciano Beretta la sua carriera, che lo porterà a scrivere canzoni per molte star, come ad esempio Mal nel 1969 a Canzonissima con: “Occhi neri, occhi neri”. Nel 1971 sarà lui l’autore della sigla della fortunata trasmissione Rischiatutto condotta da Mike Bongiorno, nella quale Peppino di Capri canterà: «Signore, se una volta fossi io di due persone quella che ama meno, non fossi quello che finisce poi per chieder scusa (…). Amare di meno non tanto, ma quel poco, quella briciola di meno. Andare più piano nel regalarmi agli altri come faccio ormai da sempre». Nel 1972 Domenico Modugno interpreterà un’altra sua canzone: “Domani si incomincia un’altra volta”, così come faranno a seguire Milva (“Primo amore”), Mina, Iva Zanicchi. Quest’ultima porterà al Festival di Sanremo del 1974 un brano di Balsamo scritto con Cristiano Malgioglio: “Chi mi darà”.

Della prolificità musicale dell’artista siciliano sarà testimone il Festival di Sanremo del 1973, che lo vedrà cantare: “Amore mio” e comporre altri due brani interpretati dai Ricchi e Poveri (“Dolce frutto”) e dal duo Wess e Dori Ghezzi (“Tu, nella mia vita”). Sarà la canzone: “Bugiardi noi” del 1974 che lo consacrerà però al definitivo successo: «Donna, come solo tu lo sai di essere, preda degli errori tuoi non puoi più vivere; hai paura anche con me di poter perdere, io che ho fatto tutto ormai per farmi credere». In quegli anni la voce leggera e quasi femminile di Umberto Balsamo, simile al falsetto sulla falsariga dei Cugini di campagna, farà il paio con la femminilità del refrain: “Bugiardi chi”. Nel 1976 Balsamo approderà ancora al successo con un’altra canzone melodica: “L’angelo azzurro”, nella quale rimprovererà alla donna amata l’indefinitezza e l’infedeltà: «Se sei tu l’angelo azzurro questo azzurro non mi piace, la bellezza non mi dice le parole che vorrei, quanti baci e tradimenti, lacrimoni e pentimenti fan di te una donna sola, che da sola resterà (…). Sarà facile incontrarsi, educato salutarsi, quell’azzurro di sicuro non mi incontrerà mai più».

Nel 1979 il cantautore catanese ricorderà la sua città, la festa di Sant’Alfio, i carretti, i cavalli in uno dei suoi brani più travolgenti, l’emblematico “Balla, balla” che si apre con un tamburo a mo’ di tarantella: «Vorrei sembrare per te un bambino e camminare con te per mano, vorrei sedere dietro quel banco e tu maestra mi parlerai…». Gli anni ’80 vedranno una svolta abbastanza clamorosa nella sua carriera che, in aperta avversione al mercato delle multinazionali ed all’imperversare della musica elettronica, lo faranno costituire una piccola casa discografica (Angelo azzurro Edizioni musicali) con la quale inizierà a produrre e lanciare nuovi cantanti. Nonostante il suo carattere schivo e riservato, Umberto Balsamo riflette forse in un altro suo pezzo: “Conclusioni” il suo vero modo di gustare la vita: «In quest’ombra che riempie la stanza mi trovo a pensare, poi rivedo mia madre e un bambino che è solo a giocare».

Come ha espressamente pronunciato in un’intervista, Balsamo ha ipotizzato la realizzazione di un sogno nel cassetto, ossia l’allestimento di uno spettacolo con tutti gli artisti che hanno cantato i suoi brani. Umberto Balsamo conserva ancora il ricordo dell’amico, pure del Sud come lui, che ha interpretato uno dei pezzi più famosi: “Italia”. L’amico era Mino Reitano. Il passato, presente e futuro di questo cantautore catanese possono essere sintetizzati ancora nel passaggio della celeberrima già menzionata “Bugiardi noi”: «Credere in quel che fai, in fondo è facile. Fare ciò in cui credi, sai, è più difficile». Cantando si impara con Umberto Balsamo a recuperare una dimensione più alta, magari aperta al trascendente, come suggerisce il titolo di un’altra sua canzone: “Vorrei aprire il cielo sabato sera a spina di rosa” del 2003. Cantando si impara a celebrare l’amore tra un uomo e una donna, anche se sovente costellato di incomprensioni, falsità, incongruenze: «Com’è logico ogni ritorno a casa mia, conclusione malata di un giorno che è andato via, contrastanti emozioni profonde rinchiuse in me, che la gente sbagliando confonde e non so perché».

 

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