La strana fede di Justin Trudeau, il primo ministro canadese che si proclama “cattolico” mentre discrimina senza pietà chi non si allinea all’agenda liberal

Tutti a ridere di Trudeau in India. Ma in Canada i cristiani non si divertono più




Mentre molto si è ridacchiato ultimamente su giornali e social network per la serie di figuracce inanellate da Justin Trudeau a spasso per l’India agghindato in stile Bollywood, molto meno si è parlato delle tutt’altro che ridicole misure politiche ostili alla libertà religiosa (soprattutto dei cristiani) intraprese in patria dal primo ministro canadese. A questo proposito, per gentile concessione del Catholic Herald, proponiamo di seguito in una nostra traduzione un articolo del giornalista canadese David Warren che appare nel numero del 2 marzo 2018 del settimanale britannico.

L’iniziativa di Justin Trudeau sui lavori estivi in Canada si è attirata una qualche visibilità internazionale. Consiste nell’aggiunta di una checklist alle domande per accedere ai fondi governativi. Chi ne fa richiesta deve spuntare i quadratini in modo da affermare di sostenere l’aborto, il matrimonio gay, il transgenderismo… e così via. È un puro test religioso e ideologico, e quelli che lo sbagliano si ritrovano addosso un anatema burocratico.
All’apparenza sembrava una misura semplicemente stupida, e la mia prima reazione è stata ridere di una simile auto-parodia sinistroide. Il giovane primo ministro pareva essersi fatto prendere la mano. Un uomo che si è preparato a un incarico politico così alto insegnando ginnastica, facendo il buttafuori nei nightclub e sfruttando il nome di famiglia stava ora passando alle prove di teocrazia laicista. Perfino intellettuali e opinionisti abbastanza “liberal” dicevano che la cosa si era spinta troppo in là. E protestavano anche i più miti tra i capi della Chiesa.
Ma poi Trudeau e il governo “figo” da lui nominato hanno raddoppiato il carico. Ed è a questo punto che si è dovuto smettere di ridere. Davvero il nostro governo poteva fare cose simili? Ebbene, le ha fatte.
I cattolici – o dovrei dire la nostra reduce minoranza di fedeli? – sono sotto l’assedio di giudici e legislatori ormai da un po’ di tempo in tutto il Canada. Mentre scrivo, per esempio, nell’Ontario un tribunale distrettuale ha spogliato i medici del “diritto di coscienza” di astenersi da qualunque tipo di partecipazione al suicidio assistito. La nostra Catholic Civil Rights League, che ha accettato questa sfida disperata, è inondata di dossier. Perché la verità è che la dottrina cattolica che essi rappresentano – che era anche la posizione protestante, e quella della maggior parte delle altre “tradizioni di fede” – è incompatibile con l’agenda progressista o politicamente corretta. Questi progressisti proclamano di non avere alcuna religione, ma il loro Zeitgeist postcristiano sta dimostrando di essere un dio molto geloso.
Dall’altra parte, invece di una opposizione, abbiamo solo pappamolla. I sondaggi in Canada (e dappertutto) mostrano che ampie maggioranze di sedicenti seguaci di Cristo, specialmente tra i cattolici, preferiscono di gran lunga Mammona. Magari non approvano gran parte dell’agenda progressista – come minimo metà della popolazione non ci si ritrova – ma non riescono a dare una sola ragione, e non gliene importa nulla. Il “progresso” li attraversa come un coltello attraversa il burro.
E intanto i nostri frivoli media non si preoccupano nemmeno di parlare dell’opposizione a Trudeau in Parlamento, o in qualunque altro ambito. Semplicemente per loro non fa notizia.
Non si può spiegare questo fenomeno senza tirare in ballo le sue radici storiche. La grande maggioranza dei cattolici oggi, in Canada ma anche in tutto il resto dell’Occidente, non è mai stata educata alla sua fede, o alle ragioni che sostengono la sua fede; e la loro Chiesa era in ritirata già molto prima del Concilio Vaticano II. Come ci si può aspettare che i cattolici difendano princìpi di cui non hanno mai sentito parlare? Tanto più che sono circondati continuamente da distrazioni materiali.
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I cattolici della generazione precedente, che accettarono di buon grado di dipendere finanziariamente dallo Stato, e incassarono con entusiasmo i fondi alle scuole cattoliche e ai nostri enti benefici in decadenza, non seppero cogliere per intero la portata di un tale affare faustiano. Le scartoffie della burocrazia secolare adesso si insinuano in ogni canonica. Le priorità dello Stato rimpiazzano le nostre, anche all’interno della Chiesa. Siamo al servizio dell’agenda ultralaicista dello Stato, ci facciamo in quattro per sottostare alle sue condizioni, imploriamo disperatamente un’altra monetina pubblica, mentre le nostre chiese si svuotano.
C’è da pregare molto per questi erranti, ma la verità è che i più fra loro sono irrecuperabili in questo mondo. I loro figli non sono cattolici nemmeno di nome; i figli dei loro figli non arrivano neanche a nascere.
Justin Trudeau è un emblema. Ci si para davanti un affidabile uomo di famiglia, con una moglie e dei figli incantevoli. Ma qual è la sua religione? “Cattolico”, dice lui felicemente agli svariati milioni di non praticanti che a loro volta si dicono ancora “cattolici”, come se si trattasse di una pittoresca etnia. In Canada il gioco è ancora buono per guadagnare qualche milione di voti.
Mettiamolo a confronto con il suo celebre padre: Pierre Trudeau, autore nel 1982 di quella Carta dei Diritti che armò i nostri tribunali dei poteri legislativi che adesso vediamo invariabilmente utilizzati contro di noi. Fu educato dai gesuiti. Sapeva leggere il latino. Anche lui era un apostata, secondo me, ma della Chiesa aveva abbastanza conoscenza da mostrarle un po’ di rispetto. Aveva una qualche rimembranza nostalgica di 20 secoli di storia della Chiesa, e sapeva fare di meglio che provocare un gigante addormentato.
Ma suo figlio non ha nulla di tutto questo.
Potremmo desiderare di spiegargli la nostra posizione, ma non vedo come sia possibile. Come si spiega una cosa complessa e nondimeno intellettualmente coerente a un uomo come lui? Non ha l’attrezzatura necessaria. Non si può insegnare il catechismo a una bolla di sapone. Il massimo che si può fare è aspettare che scoppi.
Benissimo, adesso dobbiamo saldare i nostri conti, fino in fondo. Ma per “saldare” io non intendo con il denaro: la Croce è lì a ricordarci quale sia il prezzo.
di David Warren
Fonte: https://www.tempi.it

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