Dipiazza ha vinto al ballottaggio. Ma c'è il grande partito degli astenuti. Ora si tratta non solo di amministrare ma anche di costruire quanto il centro-destra non ha voluto fare nei cinque anni di opposizione.

Trieste: la sinistra ha fatto vincere Dipiazza. Ora c’è da amministrare ma anche qualcosa di più




La vittoria di Roberto Dipiazza alla contesa elettorale per il comune di Trieste è significativa, pur essendo una mezza vittoria. E’ una mezza vittoria perché il nuovo sindaco di Trieste ha avuto la maggioranza di una minoranza di cittadini. I votanti sono stati infatti meno del 50 per cento, e senza la scusa della tintarella a Barcola, dato che la giornata non era di sole. Eppure c’è stato un rilevante “partito di Barcola”, come si chiamano qui quelli che non si recano alle urne. Molti triestini non si sono sentiti rappresentati da nessuno dei due candidati. E’ giusto che Dipiazza festeggi, ma quest’ombra sul suo mandato va considerata.

Più interessante verificare come abbia fatto il Partito democratico a perdere. Cosolini usciva da cinque anni di “onnipotenza”. Il suo partito aveva in mano non solo il comune di Trieste ma anche la Provincia (almeno fino alla riforma) e soprattutto la regione. Il sistema del potere politico del partito aveva raggiunto quindi l’apice. Qui in regione ci sono la vicesegretaria nazionale Debora Serracchiani e il capogruppo alla Camera Ettore Rosato: due figure di tutto rilievo ai vertici del partito. Si sa che quando si occupano delle poltrone così importanti si crea un circolo virtuale di (legittimi) interessi che poi alle elezioni fruttano. Come mai in questa occasione il sistema non ha dato frutti?

Una ragione c’è, ed è collegabile con il motivo della vittoria di Dipiazza. Anche qui dobbiamo essere realistici. L’alleanza di centro-destra è nata all’ultimo minuto. In questi cinque anni di opposizione il centro-destra non ha fatto quasi niente per reinventarsi un ruolo politico, per elaborare una qualche strategia di programma,  per collegarsi meglio con la società civile e i corpi intermedi, per produrre volti nuovi. Questo, se da un lato fa stupire ancora di più per la sconfitta della sinistra, mette in risalto che Dipiazza ha attinto ad un certo popolo triestino che dalla controparte era stato trascurato o perfino snobbato. Quel popolo triestino che nei cinque anni di Cosolini ha visto una certa arroganza delle istituzioni e una volontà di occupare spazi senza coinvolgere nel dialogo i rispettivi mondi. Il Partito democratico e la giunta operavano ai vertici, ma sotto c’era un popolo stanco che non è andato a votare e un popolo altrettanto stanco che ha votato Dipiazza. Più che una vittoria del centro-destra, è stata una sconfitta della sinistra.

Ecco perché Dipiazza ha ora davanti a sé non solo il compito di governare la città, ma anche di recuperare quanto il centro destra non ha voluto o saputo fare nei cinque anni di opposizione.  C’è da amministrare ma anche da ricostruire una cultura del mondo politico di centro-destra, dei legami che non si riducano ad un nome di persona, dei contatti costruttivi con fette della società triestina, una classe di giovani da far emergere e da formare, un’agenda non solo di “cose da fare” ma soprattutto di ideali da proporre. Durante i cinque anni di opposizione il centro-destra questo non l’ha fatto. A maggior ragione stupisce la vittoria. Lo dovrà però fare ora. Altrimenti avrà veramente vinto il “partito di Barcola”.

 

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