Riforme e rivoluzioni: il dibattito su Lutero




Manca ancora qualche mese ma gli eventi in giro già si susseguono, e se questo è l’inizio tenetevi forte: i 500 anni dalla Riforma luterana – inaugurati simbolicamente con l’affissione delle cosiddette ‘95 tesi’ sulla Schlosskirche di Wittemberg da parte del monaco agostiniano sassone Martin Lutero il 31 ottobre 1517 – segneranno un evento culturale che non passerà di certo inosservato nel nostro mondo tedesco. Noi però non siamo teologi, né esegeti, quindi non ci avventureremo qui sui particolari risvolti dottrinali della contesa e sullo stato dell’arte dell’attuale dialogo ecumenico con i suoi discepoli. Qualcosina tuttavia vorremmo dirla lo stesso in controcanto sullo spartito che va per la maggiore di questi tempi. In effetti, su Lutero si è scritto e detto di tutto nel corso dei secoli e, da qualsiasi prospettiva ci si collochi, sui temi dell’identità tedesca come della lingua e persino della musica non si può non passare da lui e certo non per nulla la stragrande maggioranza del ceto intellettuale tedesco moderno si è formato su di lui, il primo ‘padre’ della lingua nazionale per l’appunto, e per molti anche l’unico (giacché Goethe verrà molto più tardi e a ben vedere sul punto innoverà relativamente poco). Il fatto invece che la sua vita e il suo messaggio abbiano marcato distintamente la prima vera rivoluzione sociale e culturale della storia europea – non solo religiosa – appare un dato spesso sottaciuto, come fosse irrilevante, o non avesse poi molto a che fare con noi e i nostri problemi attuali. Diciamo Rivoluzione perché l’opera luterana di fatto romperà un ordine, anzi un’unità millenaria del Continente, che dopo di lui non sarà mai più ricostituita: lo scisma del teologo sassone avrà come prima conseguenza, con la dipartita da Roma (il celebre “los von Rom”), la divisione dell’Europa cristiana (l’antica ‘societas christiana’) in due aree geografiche d’influenza contrapposte, non più una sola fede ma due (poi destinate a moltiplicarsi ulteriormente per il primato soggettivo del libero arbitrio luterano). Da una parte la cattolicità latina, dall’altra la riforma protestante. Per la nostra sensibilità ultra-moderna questo è un fatto già acclarato e di un’evidenza quasi assoluta ma fino al XVI secolo non lo era affatto e quando si parlava di ‘Chiesa tedesca’ s’intendeva comunemente la cattolicità tedesca, semplicemente perché era l’unica, punto e basta.

Lutero in origine era appunto un frate agostiniano, membro professo, cioè, di un ordine importante e rispettato di Santa Romana Chiesa, che si richiamava a un grandissimo Padre e apologeta della Fede, tra i più grandi di sempre, non certo un outsider autodidatta costruitosi da solo chissà come a tavolino. Con la sua rivoluzione sacramentale e quindi dogmatica Lutero rompe invece radicalmente questa unità dando luogo – per l’appunto – non a un nuovo ordine, o movimento ecclesiale, come avrebbe dovuto essere il caso se si fosse trattato veramente di una riforma (come è stato fatto notare, moltissimi Santi canonizzati nascono storicamente quali Riformatori evangelici radicali, uno per tutti, Francesco d’Assisi) ma proprio a un’altra cosa, un’altra fede, con forme, modalità e contenuti dottrinali in parte sostanzialmente diversi da quelli cattolici (dalla negazione del valore sacrificale della Messa a quello delle opere per la salvezza eterna dell’anima, all’iconoclastia diffusa, al ridimensionamento della Mariologia al rifiuto della Gerarchia cattolica e chi più ne ha più ne metta). Insomma un’altra Weltanschauung, per dirla sempre in tedesco. Ma in definitiva è grazie a lui che da allora in poi l’Europa non sarà mai più una cosa sola: gli Stati Nazionali seguiranno molto più tardi, riprendendo comunque in effetti in non pochi casi anche la sua eredità più ‘politica’ (si pensi alla nascita in serie delle Chiese di Stato nelle Nazioni che sposeranno la Riforma). Insieme a questo dato di rottura, per cui se molte figure storiche del passato sono state viste come anticipatori e profeti dell’unità europea Lutero si dovrebbe leggere al contrario come un avversario tenace di questo processo in tesi universalistico e non nazionalistico, c’è poi l’altro dato relativo al forte sentimento antiromano che le  idee della Riforma diffondono laddove attecchiscono. Con la rivoluzione luterana il limes geografico che il Reno segnava ancora all’interno dell’Impero romano tra le province nordiche e quelle meridionali diventa qui limes culturale, spirituale e morale: tutto quello che viene da Roma non può essere accettato ‘a prescindere’ per un tedesco (perfino quando il è Papa tedesco…come ha dimostrato quanto accaduto sotto il pontificato di Joseph Ratzinger) e, viceversa, la germanicità si afferma sempre più per contrasto rispetto a Roma, in una rincorsa alla differenza per la differenza senza soluzione di continuità. Quindi, ancora una volta l’enfasi è sulla rottura, le distanze, le divisioni, vere o verosimili che queste siano: un modo di porsi – e di pensarsi – costantemente dialettico che contribuisce – come è stato pure correttamente scritto – all’affermazione di quello spirito di pensiero orgogliosamente dialettico che è la base filosofica più profonda della modernità, ideologicamente intesa. Si era partiti da Cristo ma, come si vede, alla fine si è andati su ben altre strade che poi – spessissimo – con il Cristianesimo non hanno avuto molto a che fare. Anzi, in qualche caso hanno contribuito persino a rafforzarne gli avversari, come un certo culto dello Stato agnostico, se non laicista, che ha caratterizzato alcune delle esperienze più tarde del protestantesimo realizzato che hanno finito con il fare da sponda all’affermazione pratica di società compiutamente materialiste. Tutto questo, sia chiaro, lo evidenziamo non per amor di polemica, ma di confronto onesto e diretto, anche perché siamo sicuri che nell’anno luterano che ci attende su queste parentesi non brillantissime – diciamo così – si glisserà convintamente da più parti. Se ci sbagliamo, però, diciamo fin da ora che paghiamo volentieri una birra, ovviamente purissima tedesca chiara, ci mancherebbe (anche perché notoriamente sono le migliori sulla piazza) a chi ci dovesse smentire: avanti, si accettano scommesse.

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