Se la Regione concede finanziamenti agevolati per la prima casa dei conviventi gay toglie quelle risorse alle famiglie. Ci costringeranno all'obiezione di coscienza fiscale?

Regione: non con i nostri soldi




La stampa ha parlato nei giorni scorsi della coppia gay che ha ottenuto dalla Regione il riconoscimento del contributo pubblico per l’acquisto della prima casa. L’intervento della Regione, a fronte di un ricorso degli interessati, ha annullato le decisioni della banca Mediocredito Fvg che in precedenza aveva negato tale contributo previsto solo per le coppie sposate.

In Italia una legge sulle Unioni civili non c’è. E allora si spinge su altri piani,  soprattutto quello amministrativo, oppure quello sindacale. Ciò per preparare il terreno, costituire dei presupposti, creare mentalità affinché poi arrivi anche la legge. Per questo alcuni comuni hanno istituito i registri delle convivenze (che in genere rimangono bianchi, ma non importa dato che servono solo a fare propaganda). Per questo pochi giorni fa al ministero degli esteri è stato un concesso il permesso ad un funzionario gay di portare con sé in missione il compagno. Per questo ora la Regione concede questo finanziamento, cioè adopera soldi pubblici destinandoli a finalità assolutamente private.

Questo finanziamento prima di tutto farà bene alla banca, naturalmente, in quanto estendendo i contributi regionali alle coppie gay l’accensione di mutui per la prima casa sarà facilitata. Ma non farà del bene ai contribuenti, perché quel  finanziamento agevolato lo paghiamo noi. E non farà del bene alle famiglie vere e magari numerose, perché quelle risorse sono sottratte alle misure verso di loro. Il problema fiscale, come si sa, è anche un problema morale e politico. Se la Regione dà dei soldi ai conviventi gay toglie dei soldi ad altre finalità. Quando la regione decide le sue politiche non usa i soldi suoi, dato che non ne ha, usa i soldi nostri.

Pur essendo grave tutto ciò, non è tuttavia la cosa più grave. La cosa più grave è il riconoscimento pubblico di una coppia gay, compresa la sua equiparazione, ai fini amministrativi, ad una famiglia normale. Una coppia gay non si assume obblighi sociali e non è giusto che sia equiparata ad una famiglia sposata che, in quanto tale, dichiara pubblicamente di procreare e di educare i figli affinché diventino dei bravi cittadini. I conviventi gay sono due individui la cui relazione non ha aspetti pubblici riconoscibili e incentivabili. Se la società fosse tutta composta di conviventi gay morirebbe.

L’assessore e il Presidente della regione hanno presentato la cosa come un atto di giustizia, ma è un atto di ingiustizia. L’hanno presentata anche come riconoscimento di diritti sociali, ma i diritti sociali si fondano sui doveri sociali. Questi sono doveri non solo dell’uno verso l’altro ma nei confronti della società intera. E di questi doveri, due conviventi gay non se ne assumono perché non possono assumersene.

L’episodio mette in evidenza la convergenza tra l’ideologia individualistica borghese, gli interessi politici di chi ci governa e quelli economici delle banche. Interessi. Altro che diritti sociali e giustizia.

Una risposta a “Regione: non con i nostri soldi”

  1. franco capuzzo ha detto:

    Mi aspetterei che per la coppia in questione venisse anche applicata l’ISEE familiare, affinché non possa godere di agevolazioni che magari famiglie normali non possono avere, tipo agevolazioni su tasse universitarie ed altre (e che la Finanza richieda indietro eventuali differenze già godute, insieme alla denuncia in Procura per truffa, come è successo a tanti, magari in buona fede). Se vogliono i diritti, si assumano anche i doveri!

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