Quella legge sul bullismo per imporre l’agenda LGBT




“Disposizioni per la prevenzione ed il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo nella Regione Campania”, è così che è stata battezzata la legge approvata all’unanimità la scorsa settimana in Campania. Anche il presidente De Luca ha voluto mettere la sua firma sull’ennesimo disegno liberticida tutto italiano: si tratta di un violento attacco alla libertà educativa delle famiglie campane, adesso incatenate alla “tutela” delle organizzazioni LGBT. Prima è stato riconosciuto un alto tasso di atti di violenza omofobica alla Campania – con la fantasia tipica degli amanti del genere -, e poi, d’un tratto, è arrivata la legge approvata con estrema scioltezza, anche grazie ai voti dei Cinque Stelle.
In pugno il candido stendardo della lotta alle discriminazioni (ci si nasconde sempre dietro qualcosa su cui siamo tutti d’accordo, come il contrasto alle discriminazioni o al bullismo) e via agli obiettivi dichiarati: “la promozione di uno stile di vita familiare”, “l’organizzazione di corsi e di programmi di supporto per aiutare i genitori ad acquisire la consapevolezza del fenomeno”, e “l’avvio di specifiche intese e di interventi congiunti con i servizi minorili”. E quindi l’istituzione della Settimana Regionale d’Azione contro il Bullismo e il Cyberbullismo; un fondo speciale per gli interventi nelle scuole; l’istituzione del Comitato Regionale per la lotta al bullismo e al cyberbullismo con le associazioni del terzo settore. Steso il tappeto rosso, l’Arcigay entrerà, così, nelle scuole con i soldi del governo regionale, quindi dei cittadini che abitano all’ombra del Vesuvio e in quella che fu campania felix.
Le famiglie campane potranno avere ancora voce in capitolo nella libera scelta del modello educativo dei propri figli o dovranno temere, – come nell’Unione Sovietica – l’intervento dei servizi sociali se l’educazione non sarà allineata con l’agenda LGBT, e quindi con lo stato? Non solo la scuola. Anche le Asl hanno una maglia da titolari nella partita liberticida. Saranno, infatti, tenute a destinare “appositi fondi del piano sanitario regionale”, sottraendoli ai servizi della vigorosa Sanità campana, per “interventi di informazione, consulenza e sostegno per favorire la libertà di scelta circa il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere”. Ma garantendo “l’accesso dignitoso a qualsiasi servizio o prestazione sanitaria”, a quali particolari prestazioni ci si riferisce? Tutti i residenti non fruiscono già di quelli previsti dal servizio sanitario nazionale?
E non è certo tutto qui. La Regione Campania dovrà stipulare un accordo operativo con l’Unar. Avete capito bene, l’Unar, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Ministero Pari Opportunità, quello che ha elargito finanziamenti pubblici per centinaia di migliaia di euro a club – travestiti da fittizie associazioni culturali LGBT – in cui si svolgono orge omosessuali. La legge presentata dei consiglieri Carmine De Pascale, Carlo Iannace (entrambi Lista De Luca Presidente-Partito Democratico) e Alfonso Piscitelli (Lista Campania In Rete) è un concentrato ideologico, che sottomette le famiglie campane alla scure del pensiero dominante: l’obiettivo è impedire il dissenso alla dittatura del gender-corretto e della gaystapo.
Testi come questo, e altri già approvati o in via di approvazione nelle regioni rosse, sono chiaramente l’apripista di una legge nazionale tutta dedicata all’omofobia. Perché per il momento il decreto Scalfarotto giace impolverato al Senato, ma fino a quando il Parlamento non la licenzierà definitivamente, le norme regionali sono indispensabili. E così ci si attrezza, di regione in regione, sperando che la libertà di educazione e di parola venga debellata in tutto il territorio nazionale.
di Lorenza Formicola
Fonte: https://www.loccidentale.it

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