Il Vicario Generale della diocesi di Trieste, Mons. Pier Emilio Salvadé, chiarisce ulteriormente i fatti per cercare di evitare i "giudizi frettolosi" sulla drammatica vicenda di don Maks Suard. Osservazioni vere, utili per tutti.

Quei giudizi “frettolosi”




Don Pier Emilio Salvadè, in quanto Vicario Generale della Diocesi di Trieste, ha seguito molto da vicino la triste recente vicenda legata al tragico suicidio di don Suard. Il suo è un punto di vista unico: egli è in stretto e continuo contatto con il Vescovo ed ha la visuale sull’intera realtà diocesana.

Monsignor Salvadé, Boris Pahor ha affermato che il Vescovo, davanti al caso del sacerdote don Suard, ha agito “come un giudice frettoloso”. Cosa ne pensa?

Ho molta stima per Pahor e per questo mi stupisce questo suo giudizio frettoloso. Non credo che egli conosca di preciso e fino in fondo come sono andate le cose.

Vuole dirci lei come sono andate?

Il Vescovo ha parlato a lungo con don Maks e avrebbe parlato ancora a lungo con lui, incontrandolo, come tra loro concordato, in canonica, ed anche dopo se, come il Vescovo auspicava, fosse iniziato un cammino durante il quale il Vescovo si era impegnato a stare vicino a don Suard, con affetto paterno. Purtroppo il tragico epilogo ha impedito tutto questo.

Però il giudizio è stato immediato…

Durante il colloquio con il Vescovo, don Maks ha ammesso, esprimendo parole di profondo rammarico. Non c’era quindi bisogno che il Vescovo nominasse una commissione di inchiesta per protrarre il tempo dell’istruttoria in vista di un giudizio. Il giudizio, in un certo senso, lo aveva dato già don Maks, confermando i fatti. Il Vescovo, a quel punto, aveva davanti a sé due doveri: iniziare il percorso canonico previsto in questi casi e aiutare don Maks ad iniziare insieme a lui un percorso di revisione umana e sacerdotale. Il Vescovo ha fatto entrambe le cose, con fermezza da un lato, a salvaguardia della Chiesa e della parte lesa, e con paternità dall’altro, in spirito di vicinanza caritatevole al sacerdote.

Pahor dice che il Vescovo “avrebbe dovuto farsi spiegare con calma la situazione” …

E non l’ha fatto? Ha ascoltato a lungo la signora, che ha presentato anche una memoria scritta. Ha parlato a lungo con don Maks, che, con dolore, ha confermato.

Pahor si dice anche perplesso dato l’appuntamento in canonica e non al palazzo vescovile.

Era stato don Maks a chiedere al Vescovo due giorni di tempo per redigere una lettera diretta alla comunità, nella quale – a suo dire – avrebbe chiesto perdono. Il Vescovo lo ha concesso di buon grado, consapevole che si trattava di un momento difficile. E pure di buon grado ha acconsentito ad andare lui da don Maks, per ritirare la lettera, piuttosto che il contrario. Vi vedo la disponibilità del Vescovo a fare quanto fosse in suo potere per andare incontro a don Maks in quel difficile momento.

La Curia ha emesso un comunicato in tempi brevissimi, dopo la scoperta da parte del Vescovo stesso, del tragico evento. Come mai avete agito con tale tempestività?

Le voci circolano in fretta. Erano già disponibili sulla piazza alcune distorte dietrologie. Il Vescovo è stato subito del parere di procedere con la massima trasparenza, proprio per non dare spazio a interessate voci fuori campo. Dire la verità dei fatti è la cosa migliore.

Molti fedeli hanno scritto a Vita Nuova, apprezzando la decisione del Vescovo di inviare un Messaggio alla diocesi da leggersi in tutte le chiese.

Il Vescovo ha sentito il dovere di rivolgersi subito ai fedeli con una parola di informazione e con una riflessione alla luce della fede. Fatti come questo hanno carattere sconvolgente, per le molte dimensioni di mistero che contengono in sé. Il Vescovo ha voluto dire ai fedeli la verità e richiamare tutti a considerare le cose nella luce della Resurrezione di Cristo, che nella fede della Chiesa dà senso anche a quanto di incomprensibile ad occhi umani si agita nel cuore dell’uomo.

Il Vescovo ha vissuto due momenti particolarmente drammatici: il primo è stato quando ha scoperto il corpo senza vita di un suo sacerdote; il secondo quando, sabato scorso, un gruppo di fedeli ha abbandonato la chiesa di Santa Croce all’inizio della celebrazione eucaristica. Lo ha trovato provato in questi giorni?

Il Vescovo è stato molto provato sul piano psicologico e morale. Per lui è stata una grande sofferenza. Tanto più sorprendente quanto da lui assolutamente indipendente. I fatti in questione si riferiscono, infatti, a molti anni fa. E’ come esplosa una situazione rimasta finora sconosciuta perché sotterranea. Il Vescovo si è trovato di fronte ad una grande prova sul piano personale. Egli ha saputo comunque tenere il timone saggiamente in mano in virtù della consapevolezza che egli ha del dovere episcopale, ossia di cosa significhi essere Vescovo, prima ancora di cosa significhi fare il Vescovo. Chi collabora con lui sa bene quanto solida sia questa consapevolezza, nutrita dalla fede apostolica. Umanamente è stato anche aiutato dai molti attestati di vicinanza che ha ricevuto.

Come valuta il gesto dei fedeli che sono usciti dalla Chiesa di Santa Croce in contestazione al Vescovo?

Vorrei dire prima di tutto una cosa. La decisione personale del Vescovo di recarsi a celebrare la Messa in quella chiesa e in quella parrocchia è stato un atto di grande vicinanza paterna alla comunità cristiana di lingua slovena. Qualcuno lo ha definito un atto di coraggio. Io lo definirei un atto di amore per quella comunità intimamente ferita. Evidentemente la reazione dimostra che tale intenzione non era stata capita da tutti. Il Vescovo ha intimamente offerto il suo dolore in quella circostanza alla causa del bene e della verità. E’ certamente un grave errore interpretare l’operato del Vescovo nei confronti di don Maks come avente a che fare con la comunità cristiana di lingua slovena. Del resto il Vescovo, come ho già detto, sia verso don Maks che verso quella comunità, non ha mai cessato di essere padre amorevole. Testimoniandolo, tra l’altro, proprio andando a celebrare a Santa Croce. Io credo che questo emergerà con sempre maggiore chiarezza.

Secondo lei perché il caso è emerso solo oggi, a distanza di anni?

Non ho una spiegazione. Posso fare solo delle ipotesi, come chiunque altro, sulla base di alcuni fatti emersi in questa circostanza. La realtà è di difficile occultamento. Tra le pieghe della storia talvolta riemerge, provocando dolore di vario genere.

Qualcuno parla di persone che ne erano al corrente ma che hanno taciuto…

Non do giudizi di questo genere. Il Vescovo metterà in atto una serie di iniziative per una seria verifica di questa questione. Intanto, evitiamo le caccie alle streghe e l’ansia di trovare ad ogni costo dei capri espiatori. Un cosa è chiara: in questo momento, dopo le disposizioni di Benedetto XVI e Papa Francesco, tacere è impossibile. Ed è giusto che sia così.

2 risposte a “Quei giudizi “frettolosi””

  1. fg ha detto:

    Le chiarissime parole del Vicario Mons. Salvadé ci dicono di tutta la preoccupazione e l’attenzione del Vescovo per questo caso tristissimo. Anche nella ricostruzione dei fatti operata da coloro che non sono amici del Vescovo e della Chiesa emerge il suo corretto operare.
    Il mio pensiero va comunque a don Maks Suad, a quel gesto insondabile e racchiuso nel mistero dell’insondabile animo umano, e solo nella preghiera compreso.
    Ma è proprio quando siamo deboli e la nostra fragilità viene alla luce che abbiamo bisogno ancor più di vicinanza umana, di affetti sinceri, di comunità, di ritrovare accoglienza e condivisione. Siamo certi che don Maks avrebbe trovato accoglienza e misericordia e comprensione umana da coloro che alla vista del Vescovo, successore degli apostoli del Cristo, hanno voltato le spalle e sono andati via? Erano forse questi interessati indignati a comando, simbolo di grettezza umana e pregiudizio, a dover essere quella comunità su cui don Maks doveva far affidamento nel suo cammino penitenziale in attesa del giudizio civile? avrebbero anche a lui voltato le spalle, ne sono certo. E se lui lo avesse compreso?

  2. franco richetti ha detto:

    L’articolo è misurato e saggio e fa giustizia di tanti giudizi affrettati e di tante “certezze”. A S.Giusto il 3 novembre ho sentito e vissuto la vicinanza al Vescovo e il desiderio di maggior dialogo costruttivo nella nostra diocesi.

Rispondi a fg Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *