Partiti che fanno acqua




Le elezioni hanno messo definitivamente in crisi la forma partito. Non ce n’è uno che funzioni, compreso il Movimento 5 Stelle, che non vuole essere un partito ma lo è.

Il Partito Democratico aveva messo tanto impegno a presentarsi ancora come un vero e proprio partito. Contro il personalismo degli altri leader, Bersani ci teneva a sottolineare che il suo nome non c’era nel simbolo del partito, che lui era stato scelto come candidato premier alle primarie e che il 90 per cento dei candidati delle liste Pd erano pure stati scelti tramite primarie. Insomma, il partito c’era, e funzionava.

Il Partito Democratico ha vinto le elezioni. Per poco ma le ha vinte. Eppure non ha potuto presentare come candidati alla presidenza della Camera e del Senato propri nomi, ma ha dovuto ricorrere a Laura Boldrini di SEL e a Pietro Grasso che è una new entry. Infatti Franceschini e Finocchiano hanno dovuto lasciare la preda delle due importanti poltrone. Strano, no? Un partito che vince ma che poi deve nascondersi e deve ricorrere a terzi.

Alle primarie Renzi aveva perso, ora invece il Partito, se potesse, si affiderebbe a lui. La macchina del partito ha prodotto Bersani, ma ora vorrebbe Renzi. Alla elezioni del capogruppo Pd alla Camera ben 97 deputati, quasi un terzo, hanno votato contro il candidato del segretario. I franchi tiratori non sono un bel segno di funzionamento per un partito.

Scelta Civica di Monti è pure in difficoltà come partito. Monti ha maldestramente operato per farsi eleggere alla presidenza del Senato dimostando ambizioni personali più che dipartito, ma è stato bloccato da Napolitano. In questo modo ha bruciato la possibilità che il suo partito contasse qualcosa nella partita per le presidenze delle Camere ed infatti i suoi hanno votato scheda bianca.

Il Pdl finora non è riuscito ad uscire dall’angolo. Berlusconi ha posto alla presidenza delle Camere Brunetta e Schifani, ossia due volti un po’ troppo noti, evidenziando la completa mancanza di rinnovamento.

Il Movimento 5 Stelle voleva essere la formula anti-partito per eccellenza. Non solo contro alla forma personalsitica improntata sul leader ma anche a quella tradizionale. Invece a cosa abbiamo assistito? Anche loro hanno un Capo, che dà gli ordini attraverso il suo blog. Anche loro hanno i diktat del Capo, contro i Grillini che partecipavano alle trasmissioni TV in campagna elettorale. Anche loro hanno le condanne e le epurazioni: fuori dal partito chi ha votato Pietro Grasso. Anche loro hanno il perdono del Capo: non più fuori dal partito quelli che hanno votato Pietro Grasso perché erano in buona fede, però che la cosa non si ripeta!

Insomma: ogni forma partito è in crisi: quella personalistica, quella tradizionale e anche quella antipartito.

 

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