Testo integrale dell'intervista di Vita Nuova all'Arcivescovo Giampaolo Crepaldi su cosa si sono detti, lui e Papa Francesco, nell'incontro per la visita ad limina del 18 aprile scorso.

Papa Francesco mi ha detto




Eccellenza, prima di chiederle informazioni e valutazioni sulla visita ad limina alle tombe degli Apostoli San Pietro e San Paolo e quindi all’incontro con il Santo Padre, può dirci qual è il significato profondo della visita ad limina?

La visita ad limina ha un aspetto canonico e pastorale, ma prima di tutto è un’esperienza di fede. Si tratta di tornare agli Apostoli, ai contenuti della fede da essi trasmessa e quindi alla tradizione viva della Chiesa. Per un Vescovo si tratta di tornare alla fede nel Signore e alla fede nel successore di Pietro. Il Vescovo guarda la propria testimonianza alla luce di queste verità e, nella sua coscienza, la valuta dal punto di vista della fedeltà. I Vescovi non devono inventare chissà quale fede, devono essere fedeli alla fede degli Apostoli. Nella visita ad limina ci sono tanti altri aspetti di carattere istituzionale o pastorale, come per esempio far visita ai principali dicasteri della Curia romana o presentare un’ampia relazione sulla situazione della propria diocesi, ma la cosa più importante è l’esperienza di fede.

Partendo proprio da questo suo ultimo accenno, come è andata la visita agli uffici della Santa Sede?

Sono incontri di grande interesse, durante i quali i responsabili dei dicasteri pontifici vengono informati sulle realtà delle varie regioni ecclesiastiche, in questo caso del nostro Triveneto, dall’altra i Vescovi vengono immersi in una prospettiva universale, quale è appunto quella della Chiesa.  E’ un arricchimento reciproco. Tra gli incontri più significativi ricordo quello con la Congregazione per il Clero e con la Congregazione per la Dottrina della Fede dove abbiamo discusso di tematiche di tipo dottrinale. Con il Pontificio Consiglio per i Laici abbiamo parlato di associazionismo cattolico e di rapporto tra i laici e la Dottrina sociale della Chiesa. Di grande interesse è stato anche l’incontro con il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ove abbiamo riflettuto sulla crisi del nostro Paese nel contesto di una crisi più globale di dimensioni internazionali.

Tuttavia il cuore della visita è l’incontro con il Papa. Dove e come lo ha incontrato?

Come lei sa, il Santo Padre vive ancora a Casa Santa Marta, dove alloggiava da Cardinale convocato in Vaticano per il conclave. Anche noi abbiamo vissuto lì in questi cinque giorni della visita ad limina. Abbiamo quindi mangiato con lui, condividendo molti momenti di cordialità e fraternità. E’ stata una esperienza molto bella di una relazione familiare. L’incontro ufficiale è poi avvenuto nel Palazzo Apostolico. Io l’ho incontrato giovedì scorso, al mattino. Un’altra occasione di incontro con il Papa è stata anche l’udienza generale del mercoledì, a cui ha partecipato anche una delegazione della nostra diocesi, presente il Vescovo emerito S. E. Mons. Ravignani.

Ci può raccontare qualcosa del suo incontro personale con papa Francesco?

Il papa mi ha riconosciuto immediatamente. Ho avuto occasione, infatti, di lavorare con lui quando nel 2004 il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace di cui ero Segretario ha collaborato con la presidenza dell’episcopato argentino a proposito di un documento dell’episcopato stesso sulla passata dittatura militare. E’ stato molto cordiale. Mi ha anche detto di conoscere Trieste. I suoi genitori – mi ha spiegato – avevano un amico triestino che scriveva canzoni. E lui stesso, il Papa, se ne ricordava qualcuna. Ha una memoria prodigiosa. Mi ha anche  simpaticamente raccontato che negli anni Settanta si fermò a Trieste di ritorno da Lubiana ed entrò in una chiesa a pregare. Pensava fosse una chiesa cattolica, ma poi scoperse che era la chiesa ortodossa greca. Rimase a pregare lo stesso.

Aspetti interessanti che rivelano il carattere del Pontefice. Sul piano pastorale cosa vi siete detti?

Io  gli ho esposto la situazione della diocesi e della città di Trieste. Gli ho spiegato che si tratta di una città con alle spalle una storia di sofferenze, una città colta con molte istituzioni culturali, una città multiculturale e multireligiosa aperta al dialogo e al confronto. Gli ha anche detto che proprio questo fa la Chiesa cattolica di Trieste che in questo periodo sta riscoprendo la propria fede mediante il sinodo diocesano. Gli ho anche riferito che la diocesi ha un accentuato impegno in campo caritativo e gli ho raccontato anche l’esperienza dell’Emporio della solidarietà che la nostra Caritas ha da poco iniziato. Un aspetto sono stato molto contento di riferirgli, vale a dire il vero e proprio risveglio vocazionale che la nostra diocesi sta vivendo. Per il momento si tratta di un risveglio delle vocazioni maschili, al presbiterio e al diaconato, ma ci sono segnali anche per le vocazioni femminili. Il Papa era molto interessato.

Vi siete scambiati dei doni?

Io gli ho portato una copia del mio libro “Il cattolico in politica” ed una copia del IV Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân. Gli ho fatto presente che il Rapporto si occupava molto dell’Argentina. Si è dimostrato molto interessato. Lui mi ha regalato una croce pettorale.

Questo è quello che lei ha detto al Papa. E il Santo Padre cosa ha detto a lei?

Ha insistito molto sulla pastorale vocazionale, chiedendomi di insistere molto sulla dimensione spirituale e sulla preghiera. Bisogna far incontrare direttamente i giovani con Cristo. C’è bisogno di sacerdoti gioiosi della propria vocazione per attrarre i giovani al sacerdozio.

Circa il rapporto tra la Chiesa e il mondo, il Papa mi ha detto che bisogna superare una lettura della realtà troppo sociologica e farne invece una lettura evangelica e spirituale. Il “vedere” non è mai neutro, nemmeno rispetto alla fede cristiana.

Un terzo punto importante di quanto mi ha detto Papa Francesco è stato di valorizzare la dimensione popolare della vita della Chiesa.

Come vi siete lasciati?

Scambiandoci, come ricordavo sopra, alcuni piccoli doni. Io l’ho ripetutamente invitato a venire a Trieste e mi sono permesso di sottoporgli un suggerimento che nasceva dal mio cuore. Il suggerimento di prendere da parte sua una posizione autorevole sulla preoccupante crisi spirituale, morale ed economica che stiamo vivendo.

La visita ad limina è stata fatta insieme a tutti i Vescovi del Triveneto. E’ stata quindi, suppongo, anche una esperienza di comunione episcopale.

Molto intensa. E’ stato veramente un momento di grazia per noi Vescovi. Abbiamo pregato insieme. Abbiamo concelebrato due volte, sulle tombe di San Paolo e di San Pietro. Abbiamo condiviso i problemi delle nostre diocesi e realizzato una bella collaborazione.

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