Paolo VI ha resistito alla più grande offensiva culturale contro la Chiesa cattolica esercitando fino in fondo il suo ministero di successore di Pietro. Non ha solo aperto al dialogo, ha anche esercitato la sua autorità dottrinale.

Paolo VI: non solo dialogo col mondo




Gli eventi che in qualche modo richiamano una persona che ha fatto la storia si prestano sempre a strumentalizzazioni. Purtroppo può capitare così anche per le beatificazioni e le canonizzazioni. C’è da rammaricarsene, ma non c’è da stupirsene. In questo momento particolare, la gran cassa degli opinionisti cattolici – almeno i principali, influenti e allineati con il vento che tira – è mobilitata a presentare Paolo VI come Papa “dell’apertura”. Fino a ieri, però, questi stessi – penso per esempio al Alberto Melloni – criticavano duramente Paolo VI per essere stato il Papa “della chiusura”. Nell’immaginario dei pensatori cattolici d’avanguardia i Papi hanno sulla fronte come delle etichette. Giovanni XXIII: aperto. Paolo VI: chiuso. Giovanni Paolo II: chiuso. Benedetto XVI: aperto; Francesco: aperto. Ma sono tutte sciocchezze. Come se ciò non bastasse, poi, a seconda degli interessi, rivedono i giudizi dati ed ecco che Paolo VI prodigiosamente diventa “aperto”.

Non si è mai dimenticato di essere Pietro

Su Paolo VI il giudizio sintetico più centrato è stato forse quello del del filosofo Augusto Del Noce, che da detto «fu esposto al più duro e inaspettato kulturkampf anticristiano che la storia abbia mai conosciuto, ma è stato irremovibile nella conservazione del deposito della fede e altrettanto nella riaffermazione dei principi della morale cattolica. Nessuna concessione alla “demitizzazione”, alla “secolarizzazione”. Kulturkapf: una guerra culturale, una contestazione agguerrita dentro il mondo cattolico, dentro lo stesso episcopato, tra gli stessi cardinali a cui egli aveva dato fiducia. Basti pensare al “Catechismo olandese”, un catechismo assolutamente non cattolico, voluto dall’episcopato di quel Paese e dal Primate d’Olanda, il cardinale Suenens, a cui pure Paolo VI aveva dato importantissimi incarichi durante il Concilio. Basti pensare ai durissimi attacchi, che durano tuttora, contro la pubblicazione del’Humanae Vitae, l’enciclica sull’amore, la sessualità, la procreazione, la vita,di cui tanti oggi chiedono il superamento e che già allora tanti contestavano. Paolo VI ebbe il coraggio di firmarla nonostante il parere contrario della Commissione da lui stesso istituita, ricordandosi che era Pietro e che a lui spettava l’ultima parola sulla dottrina e la morale.

Durante il Concilio

Quante volte abbiamo sentito il ritornello di Paolo VI che ha bloccato lo spirito riformatore iniziato da Giovanni XXIII? Il fatto è che le tiritere, anche se prive di fondamento, entrano nelle orecchie e nei cervelli e creano mentalità. Questa accusa si fonda soprattutto su due scelte molto importanti effettuate da Polo VI in pieno svolgimento del Concilio.

La prima è stato di pretendere che alla costituzione conciliare sulla Chiesa Lumen Gentium venisse allegata una Nota esplicativa previa nella quale il Papa precisava il senso della “collegialità” episcopale espresso dalla costituzione per evitare ambigue ed erronee interpretazioni. Nel concilio c’erano anche tendenze conciliariste, che volevano limitare o eliminare il primato del Papa. Una Nota ad una costituzione conciliare è una cosa strana e, per questo, coraggiosa. Paolo VI non cedette al suo compito di precisare la dottrina.

La seconda è stata la solenne proclamazione di Maria “Madre della Chiesa”, che molti Padri conciliari non avrebbero voluto. Come è stato ormai ampiamente accertato, l’intento pastorale del Consilio e, soprattutto, l’intento ecumenico condizionò molto i lavori conciliari e su molti argomenti della dottrina cattolica fu messo il silenziatore per non infastidire i rappresentanti delle altre confessioni cristiane. Il tema di Maria c’è, come è naturale, nel Concilio, ma si evitò di dedicare alla Madonna un documento specifico per non contrastare i protestanti. Molti Padri avevano chiesto che il Concilio proclamasse Maria “Madre della Chiesa”, ma l’ala progressista non voleva. E’ a questo punto che ci pensò Paolo VI che, di sua iniziativa, proclamò solennemente Maria “Madre della Chiesa”, superando tutte le tattiche ecumeniche.

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