Muse in esilio




Pensando a qualche buon auspicio per il nuovo anno, mi è venuto in mente un augurio rivolto al mondo culturale cittadino. Lasciando per un momento da parte il nostro “glorioso” passato – ammesso che a tutti i triestini i vecchi miti di Svevo, Saba e Joyce sembrino davvero eventi di respiro europeo -, cerchiamo di concentrarci sul presente. Seguendo le manifestazioni culturali e l’attività delle diverse associazioni promotrici di presentazioni di libri, di conferenze e di iniziative artistiche nell’anno appena trascorso, in molti casi si ha l’impressione non del tutto peregrina che una vera “arte” – universale e non particolare, di ampio respiro e non minimalista e contingente, densa di vasti significati e non appiattita su un impressionismo soggettivo che finisce per avere valore solo per chi lo coltiva e lo esprime –, a Trieste (ma anche altrove, logicamente) abbia un’esistenza assai poco vivace.

Ci stiamo trascinando stancamente in una cultura sempre più campanilista, appiattita su piccoli dati locali e riscoperte cicliche di qualche presunto “genio” della musica, della pittura o della letteratura scovato sul fondo di vecchi archivi dimenticati negli angoli polverosi dei musei cittadini o di provincia. E quanta fatica e anche denaro si investono in queste archeologiche opere di recupero che non aprono nessun nuovo e affascinante scenario. Certo, ben vengano le particolarità locali, ma senza mai perdere di vista un orizzonte più ampio che profumi almeno un po’ di universalità.

Accanto a questo gusto della riscoperta, si registra un’attività assai effervescente di produzione di opere poetiche e letterarie scritte da illustri sconosciuti oltre che veri dilettanti desiderosi di vedere il proprio nome su una copertina fresca di stampa. È davvero l’epoca degli illustri signori “nessuno” che, non paghi di aver dimostrato la loro capacità in altri ambiti magari più consoni ai loro naturali talenti, ad un certo punto della loro vita, una mattina come un’altra, si scoprono scrittori e poeti. Essendoci in città solo piccole case editrici che pubblicano esclusivamente a pagamento – senza, dunque, alcun criterio critico o estetico di onesto discernimento – è logico che chiunque può illudersi di saper scrivere e di meritare tutta l’attenzione, la pubblicità e la divulgazione dovute ad una vera opera d’arte.

Ecco, per il nuovo anno, ci auguriamo l’apertura cittadina – e non solo – di orizzonti culturali meno angusti e provinciali, con qualche dilettante di meno e qualche artista in più. Auspicio non facile a realizzarsi, visto che, ovunque, chi dovrebbe tacere parla sempre troppo e chi invece dovrebbe parlare preferisce di gran lunga il silenzio amico dell’ispirazione e delle Muse.

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