Matteo Renzi rifonda Forza Italia




Matteo Renzi sta prendendo piede e corpo. I sondaggi interni al mondo PD dicono che stacca Cuperlo di molto. Alla Leopolda, nei giorni scorsi, sono andati molti nomi del partito. Il ragazzo talvolta può risultare antipatico: il chiodo smaccatamente ostentato, gli occhiali da sole inforcati come un amuleto, la bicicletta sulla quale esce da Palazzo Vecchio, la camicia e i jeans possono dar fastidio. Non sempre è stato coerente come si pretenterebbe, però le sue idee non sono liquide. Non sono quelle della vecchia guardia PD, questo è vero. E’ molto distante non solo da D’Alema ma anche da Fassina o Cuperlo. Però Franceschini e Fassino sono già con lui. E molti altri si aggiungeranno. Quando un capo guerriero promette bottino, di feudatari disposti a seguirlo ne trova molti.

Renzi sembra voler rottamare l’ideologia, non è  statalista alla vecchia maniera della sinistra, non ha grandi debiti psicologici con il Partito comunista, vuole mettere insieme la struttura del partito con la necessità di un leader carismatico che sembra essere il segno dei tempi, è disposto a non anteporre pregiudizialmente l’equità alla libertà di iniziativa, non ha nostalgie proporzionaliste, sente la necessità di rafforzare il momento decisionale di governo, rilancia in modo nuovo la vocazione maggioritaria di Veltroni, non ha ceduto alla fissazione antiberlusconiana. Insomma, il quadro c’è. Qualche carenza sulle questioni specifiche, qualche tatticismo nei confronti del governo, qualche laconicità su temi etici importanti, però non si può dire che Renzi sia un qualunquista con un progetto politico solo di facciata.

Sarà difficile arrestare l’ascesa di Renzi nel centro sinistra ed anche l’ipotesi di una emorragia di voti o addirittura di una scissione a sinistra del PD è plausibile ma poco realistica. Il problema è capire le conseguenze sul quadro generale.

Intanto, l’ascesa di Renzi spinge il PDL a riorganizzarsi. Renzi impensierisce. La scelta di tornare a Forza Italia, voluta da Berlusconi per riprendere in mano il partito, azzerando le cariche e sparigliando le carte dei giochi tra falchi e colombe, mira anche ad arrivare ad elezioni entro non molto tempo e a predisporre una macchina in grado di fronteggiare l’appeal elettorale di  Renzi. Il centrodestra deve prepararsi ad affrontare Renzi, questa è la verità, concordando con lui su un punto: la vita breve del governo Letta. Non sarà Berlusconi ad affrontarlo per la presidenza del Consiglio. Berlusconi porterà i voti – se ancora sarà in grado di farlo come alle recenti elezioni – ma il candidato premier dovrà essere uno all’altezza di Renzi. Il passaggio a Forza Italia comporterà anche questo.

L’ascesa di Renzi, inoltre, ridurrà ulteriormente a nulla il centro politico, dove non si potranno rifugiare i deputati che, nel PDL, hanno fatto, non senza buoni motivi, la fronda. Casini può dimenticarsi del suo progetto del Partito popolare europeo: interessante ma non realistico. E’ l’ascesa di Renzi a motivare la necessità di rimanere uniti dentro la nuova Forza Italia, in quanto proprio Renzi, col suo dichiarato bipolarismo, legittima Forza Italia come forza unitaria e antagonista e la libera dagli scrupoli di coscienza di rimanere fedeli al governo in carica.

Quest’ultimo, infatti, non è stato certo aiutato dalla Leopolda. Sarà Renzi, dicono in molti, a staccare la spina a Letta. Questo non si può dire con certezza, ma sicuramente oggi il governo è preso tra due tenaglie: Renzi che dice “mai più larghe intese” e Berlusconi che, pur promettendo fedeltà, rifà Forza Italia senza Alfano e i governativi. E perfino Napolitano non sta tanto bene e non ha più la forza per blindare Letta al governo. Farà di tutto per non sciogliere le Camere, questo è certo, ma il Presidente non è più quello uscito dalla sua rielezione. Lo hanno indebolito la troppo evidente presenza politica e, di recente, il passo falso della convocazione per la nuova legge elettorale dei soli partiti di governo. Stretto tra la tenaglia di Renzi e Brunetta e non più protetto come prima da Napolitano, la vita del governo si fa molto difficile. Nessuno lo avrebbe detto, dopo il fallimento della spallata di Berlusconi.

Gli effetti del Renzismo, come si vede, sono molteplici. Uno di questi desta una certa preoccupazione. Il nostro Matteo non parla mai delle problematiche etiche che stanno a cuore a tanti e che ci tengono sulle spine. Nel suo programma per le primarie del PD non si era granché distinto dal tradizionale radicalismo della cultura di sinistra. Poi però non ne ha più parlato. Un tratto, questo, che lo accomuna a Berlusconi. Potrebbe essere che prevalga il buon senso e le posizioni post-ideologiche di ambedue. Ma può anche essere che riemergano, nei due schieramenti, gli elementi più radicali e liberali. Questo processo è in questo momento evidente nel PDL, dove il passaggio a Forza Italia è guidato non solo dai falchi per quanto riguarda la tattica politica, ma anche dai falchi di un pensiero liberale ansioso di coprire il ritardo con le  legislazioni di Francia e Spagna.

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