Maria Okònska; una donna da non dimenticare




Come accade ai più grandi, se ne è andata in punta di piedi, senza fare rumore, né disturbare nessuno, in silenzio, in un giorno qualsiasi di un mese a cui era molto legata, un mese mariano, Maggio. Maria Okònska è tornata al Cielo nella sua Varsavia il 9 maggio scorso, alla veneranda età di 93 anni, ma abbiamo atteso un po’ prima di ricordarla perché volevamo leggere qualche commento. Che ovviamente non c’è stato. Dalle nostre parti era una sconosciuta, ma in Polonia era un’autentica leggenda vivente. Era nata nel 1920 quando era ancora Papa Benedetto XV, la Grande Guerra era appena terminata e personaggi come Hitler o Stalin erano ancora di là da venire. Un altro mondo insomma, ormai lontano e dimenticato, sempre più difficile da far capire oggi, ‘a chi non c’era’. Giovanissima, aveva partecipato alla rivolta di Varsavia, la sfortunata insurrezione dell’esercito polacco volta a liberare la capitale dall’occupante tedesco in ritirata. Quindi, dopo essersi laureata in letteratura polacca e psicologia, si era dedicata all’insegnamento, la passione di una vita, rivolta soprattutto alle ragazze. L’insegnamento vissuto come una vocazione, spesa interamente a tutela dell’identità femminile. Quando, dopo i nazisti, arrivarono i comunisti, lei – tutta d’un pezzo – non fece una piega e continuò a fare quello che aveva sempre fatto. Preghiera e lavoro. Per questo fu arrestata già nel 1952 da un regime che aveva capito bene come la vera battaglia si giocasse tutta nell’educazione delle giovani generazioni. Per il regime erano ‘masse’, per Maria erano ‘anime’ e qui forse, in due brevi, semplici, parole, c’è tutta la differenza. Già, la ‘differenza’, un’altra parola che piaceva molto alla Okònska. Lei era una di quelle donne che consideravano una grazia nascere donna, per cui il mistero della donna era visto come specchio lucente di un mistero ben più grande, quello della Creazione. Il fatto che fosse psicologa non costituiva allora di per sé alcun problema a questo proposito, perché lo psicologo è chiamato a leggere e ascoltare la realtà davanti ai suoi occhi, quasi a contemplarla ‘religiosamente’, non a inventarla. Studiosa, contemplativa e attiva nella società, Okònska era una delle ultime testimoni viventi della Polonia prima di Giovanni Paolo II, essendo stata lei stessa confidente di quello che è ritenuto il ‘maestro’ di Giovanni Paolo II, il Cardinale Stefan Wyszynski, il Primate del millennio, come lo chiamavano i polacchi: colui che andò in carcere nell’anno in cui la Polonia commemorava il primo millennio dal Battesimo di popolo e la conversione a Cristo. Fu lui che riconsacrò la Nazione alla Vergine Maria indicendo un anno di profonda rievangelizzazione popolare, con processioni, missioni, adorazioni, catechesi, novene, ottavari, tridui e chi più ne ha più ne metta.

Il centro di questa azione capillare fu il santuario mariano di Jasna Gora, nei pressi di Czestochowa, sul monte che nessuna armata nemica in secoli di storia è mai riuscito a salire e da dove ancora oggi, così dicono da quelle parti, la Vergine Maria – Regina Poloniae veglia giorno e notte a guardia dei destini della Nazione. A Jasna Gora la Okònska era di casa e qui passava lunghi periodi dell’anno per riposarsi dalle fatiche dell’attività apostolica ed educativa. C’è un film, La bottega dell’orefice, andato di nuovo in onda anche sulla Rai recentemente, che è una piccola gemma e fotografa splendidamente quello che qui stiamo raccontando per sommi capi. La pellicola è la trasposizione fedele di un dramma teatrale dell’allora ‘don’ Karol Wojtyla sul significato dell’amore umano e la sua bellezza ultima che affonda le radici nel trascendente. Vi si vede una società ancora legata ai buoni costumi e all’educazione, che non ha conosciuto il Sessantotto, e in cui le varie ideologie politiche di turno, nazionalsocialiste o comuniste che siano, vengono avvertite come un corpo estraneo, assolutamente aliene dal vero e più autentico spirito polacco e quindi rifiutate in toto. La Okònska era pienamente figlia di questo tempo, in cui la presenza del divino era per così dire un dato di fatto scontato della quotidianità. In Polonia si dice anche che l’idea di attribuire al termine Concilio il titolo di “Madre della Chiesa” alla Vergine Maria, dagli storici attribuita di solito a Wyszynski (che la propose poi a Papa Paolo VI), in realtà non è farina del Primate ma sua. Non ci stupirebbe affatto. Non si contano, d’altronde, i religiosi, i superiori di ordini e persino i Vescovi che di tanto in tanto andavano a cercare consiglio da lei. Peraltro, se l’avevano fatto un Primate e un futuro Papa, non si capisce perché non avrebbero dovuto farlo gli altri. La Polonia continua certo a vivere anche dopo di lei, ovviamente, ma giornalisticamente forse non è errato dire che l’era-Giovanni Paolo II, anagraficamente si chiude, e stavolta definitivamente, qui. Non è stato un secolo breve, come pensava Hobsbawm. Tutt’altro. In questi giorni a Varsavia si è chiuso per sempre il secolo che era iniziato con Wyszynski, il maestro del Beato Wojtyla, ed era finito ‘simbolicamente’ solo con l’ingresso del Paese nell’Unione Europea. In mezzo, nel frattempo, era successo di tutto. Occupazioni e dittature, guerre fredde e cortine di ferro, persecuzioni sottili e spietati assassini, muri costruiti e poi abbattuti. Per il cristiano però, non è questo, non è la superficie degli avvenimenti più eclatanti a ‘fare la storia’. Se le correnti, politiche o sociali del mondo cambiano, il Vangelo rimane lo stesso. Ieri, oggi e sempre, come si dice. In fondo, era questa anche la lezione di Maria Okònska. Ancora fino a poche ore prima del trapasso era lucidissima e continuava a ricevere persone, anzi ‘anime’, come preferiva dire lei. Laiche e consacrate. Un monaco ha avuto la grazia di conversare con lei, tra gli ultimi. Pare che le ultime parole che la Okònska gli ha detto, dall’alto dei suoi 93 anni, siano state due. Semplici e dense, allo stesso tempo. “Siate santi, mi raccomando, siate santi”. Nient’altro da aggiungere.

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