La ricerca del paradiso di Cocciante




“Invento un mio paradiso che guarda sopra i tetti, sopra la città”

In una canzone dal titolo molto significativo: “Cercasi paradiso” del 1983, Riccardo Vincent Cocciante testimoniava la sua ricerca intellettuale e spirituale: “Cercasi il modo di capire ciò che è bene e ciò che è male, dov’è la verità o la felicità”. Il cantautore e compositore italiano nativo di Saigon ha sempre cercato, nei suoi brani, nuovi modi di verticalizzare e trascendere lo sguardo sopra l’orizzontalità mediocre terrena: “Cercasi una partenza facile per cieli liberi, un grande aereo bianco che ci porti via da qui, una scenografia di sole e di magia”. Il senso di una bellezza da riconquistare per volare verso l’alto è stato un tema ricorrente nei suoi brani, come ad esempio nella celeberrima Margherita del 1976: “Poi saliamo su nel cielo e prendiamole una stella, perché Margherita è buona, perché Margherita è bella…”. In un altro grande successo precedente, “Bella senz’anima” del 1974, egli sottolineava l’importanza di una qualità della vita vissuta profondamente con autentici valori e sentimenti umani: “Vivere insieme a te è stato inutile, tutto senza allegria, senza una lacrima…”.
La finezza e la levigatezza delle parole, il desiderio di una vita che contrastasse l’opacità di giornate grigie senza senso sono stati i motivi principali che lo hanno spinto su nuove strade a ricercare atmosfere e colori: “Con secchi di vernice coloriamo tutti i muri, case, vicoli, palazzi, perché lei ama i colori, raccogliamo tutti i fiori che può darci primavera…”. A questi sentimenti appassionati, a questa estenuante ricerca di modi, di valori che rendessero la vita più apprezzabile, ha fatto da contrappunto la sua voce forte e roca, quasi come un grido di dolore intenso e struggente. Riccardo Cocciante ha potuto così alternare, accompagnato dal pianoforte, canzoni che ricordassero e valorizzassero il tempo che scorre, come il pezzo del 1974: “Qui”, che nell’hic et nunc esprimevano il significato autentico della vita e dell’amore umano: “Qui c’è tanto da vedere, tanto da capire qui. Devo rimanere qui, voglio rimanere qui… Qui, perché io possa amare dentro questo corpo qui”. Ha saputo inoltre, con alcune delicate e profonde frasi, suggerire la possibilità di gustare con i sensi e con la mente la preziosità della vera libertà umana, come nella stupenda e suggestiva L’odore del pane: “Se io non mi fossi fermato ad allacciarmi una scarpa io non avrei mai sentito l’odore del pane sfornato e se non avessi pensato di rubare quel pane non avrei immaginato che potevo finire in prigione e se non avessi pensato di finire in prigione io non avrei mai capito di essere libero”.
Dagli anni ’90 Cocciante ha intrapreso la composizione e l’allestimento di opere popolari come: “Notre Dame de Paris”, “Le Petit Prince”, “Giulietta e Romeo”, riscuotendo un enorme consenso di pubblico e di critica in tante parti del mondo. Probabilmente Riccardo Cocciante ha saputo unire due anime, caratteristiche di due popoli, essendo nato da padre italiano e madre francese. In precedenza aveva cantato la voglia di rinascita contro il conformismo e la forza d’animo nel ribadire la propria identità: “Io rinascerò come cervo a primavera, oppure diverrò gabbiano da scogliera senza più niente da scordare, senza domande più da fare (…) mi ritroverò senza paura di cadere, intento solo a volteggiare come un eterno migratore e io rinascerò senza complessi e frustrazioni, ascolterò le sinfonie delle stagioni, con un mio ruolo definito, così felice d’esser nato fra cielo, terra e l’infinito”. Riccardo Cocciante ha saputo così celebrare tutti momenti dell’esistenza, come nell’eloquente ed avvincente brano: “Io canto”, dove ha potuto miscelare tutti quegli aspetti che lo hanno fatto gioire: “Canto la vita intera, la primavera, la mia preghiera per chi mi ascolterà (…) voglio cantare, sempre cantare l’odore del caffè nella cucina, l’amore per la mia città, la gente che sorriderà lungo la strada, i rami che si intrecciano nel cielo…”.

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