I genitori che si oppongono alla strumentalizzazione ideologica dei loro figli a scuola con i vari progetti gender vengono accusati di impedire la lotta al bullismo. Ma non ci credi più nessuno.

La foglia di fico della lotta al bullismo e della prevenzione degli abusi




Ogni volta che qualcuno si permette di intervenire contro l’educazione gender nelle scuole – come è successo a Trieste a proposito della opposizione al Gioco del Rispetto – c’è chi si straccia le vesti perché in questo modo, si dice, si tollera il bullismo (omofobico) e non si vuole la prevenzione degli abusi. Sicché alcuni cattolici si starebbero mobilitando per contrastare l’opposizione alla educazione gender nelle scuole. Non che la cosa stupisca: come ci sono stati i cattolici favorevoli al divorzio, all’aborto e ora ci sono quelli a favore dell’eutanasia e del riconoscimento dei matrimoni gay, ci mancherebbe solo che non ci fossero quelli a favore dell’ideologia gender. Solo che la lotta al bullismo e la prevenzione degli abusi sono solo paraventi inconsistenti. Ci crede solo chi (per altri motivi) ci vuole credere. Secondo l’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, appena il 5% dei giovani italiani fra gli 11 ed i 15 anni risulta effettivamente vittima di accertati episodi di bullismo: decisamente meno della media europea (11%), meglio dei giovani spagnoli e tedeschi, con questi ultimi che fanno registrare una percentuale superiore al 10%, e molto meglio pure dei francesi (15%) e degli austriaci (oltre il 20%). I dati sono contenuti in un Rapporto dal titolo un po’ complicato: AA.VV. (2015) Skills for Social Progress. The Power of Social and Emotional Skills, Organisation for Economic Co-operation and Development, dove a pagina 20 si può leggere che solo la Svezia è messa meglio di noi in Europa, e di appena un punto percentuale. I dati che abbiamo riportato sopra riguardano tutti i casi di bullismo e non solo quelli omofobici. Questi, di conseguenza, sono ancora meno. Il bullismo esiste, il bullismo va combattuto educativamente, ma non è un’emergenza, soprattutto quello omofobico, e soprattutto non è un’emergenza che richieda interventi che, con la scusa di educare contro il bullismo educano ad una nuova visione, imposta dallo Stato, delle identità sessuali, delle loro relazioni e della autocomprensione che i nostri bambini hanno di sé a questo proposito. Del resto, in tutti questi interventi c’è un difetto di fondo. Perché si interviene sui bambini e non sugli adulti? Perché non si fa un lavoro con le famiglie ma si interviene sui bambini in classe, son operatori di cui nessuno conosce quasi nulla, in assenza degli stessi insegnanti e spesso senza dire nulla ai genitori? La cosa è inaccettabile nel caso di corsi sedicenti contro il bullismo e ancora di più in corsi sedicenti per la prevenzione degli abusi. Perché mai si dovrebbe intervenire su bambini di quattro anni e non sui loro genitori, in modo da formarli alla cautela, alla prudenza e all’attenzione verso queste possibilità? La scuola oggi è invadente, medicalizza ogni problema educativo, per ogni necessità si chiamano esperti che nessuno conosce e si mettono in atto progetti di cui quasi nessuno sa nulla, nemmeno i dirigenti scolastici, si mandano i bambini dallo psicologo scolastico con estrema facilità e spesso senza averne parlato con i genitori. Bisogna assolutamente che la scuola arretri su molti fronti che oggi occupa abusivamente e che si ridiano alla famiglia, aiutandola, il proprio legittimo protagonismo nell’educazione dei figli.

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