Reduce dalla pubblicazione del suo ennesimo libro, lo storico francese Jean Sévillia ha rilasciato un’intervista a Le Figaro Vox sulla necessità impellente di contrastare l’intellettualismo imbalsamato contemporaneo.
Come prova di quanto sia infastidito dal politicamente corretto, basti dire che quest’ultima sua fatica – “Scritti storici di lotta” (“Ecrits historiques de combat”, Perrin, Paris) – è un compendio di tre precedenti saggi storici ipercritici: “Storicamente corretto”, “Moralmente corretto” e “Terrorismo intellettuale”.
A seguire alcuni stralci dell’intervista del 23/09/2016 qui tradotta in italiano, :
Figaro Vox: Si può dire che dal 2000 – anno di pubblicazione del suo primo saggio – sia scomparso il “terrorismo intellettuale”, da lei evocato? O, se ancora presente, in quali forme si manifesta?
Sévillia: Occorre forse ritornare ancora sugli attacchi subiti, negli ultimi anni e per citare solo qualche nome più noto, dai filosofi Alain Finkielkraut e Michel Onfray, o dal giornalista Eric Zemmour, o dall’attore Lorànt Deutsch, o dal romanziere Michel Houellebecq? È necessario ricordare le condizioni in cui il dibattito ha avuto luogo – o, più precisamente la mancanza di dibattito – sulla questione del “matrimonio per tutti”, quando prevalse il principio secondo cui essere partigiani sarebbe stato il segno di uno spirito aperto e moderno, mentre essere avversari avrebbe confermato la presenza di una mentalità intollerante e retrograda?
[…] Il meccanismo del terrorismo intellettuale non è cambiato: consiste nel denigrare chi si oppone al pensiero dominante, incollando su di lui – esplicitamente o implicitamente – un’etichetta, che ha lo scopo di metterlo a tacere, screditandolo assieme alle sue proposte. Queste etichette sono tradotte in parole – reazionario, razzista, fascista, omofobo – che non hanno più un senso oggettivo: possono essere applicate a qualsiasi cosa e a chiunque, al fine di squalificarli secondo il principio dell’amalgama e dell’accostamento alle pose nazistoidi. […]
Figaro Vox: Nella prefazione del suo nuovo libro ritornano le nozioni discusse di «vittoria culturale» e di «battaglia delle idee». Lei ritiene che i «reazionari» abbiano vinto?
Sévillia: Si tratta di un ritornello che ripete, con tono indispettito, la stampa di sinistra: la destra – i conservatori, i reazionari – avrebbe vinto la battaglia delle idee. Ora, questa cantilena è, in buona parte, fuorviante. È pur vero che, da una quindicina d’anni, figure come Finkielkraut o Zemmour hanno ottenuto un successo reale alla televisione e alla radio. Me ne rallegro. Queste personalità, però, rimangono delle eccezioni mediatiche e le loro proposte suscitano un violento contrattacco, se non persino minacce concrete di procedimenti giudiziari, alle volte messi in atto. È insomma ancora vero che il pensiero di sinistra si agita nel vuoto ma, nondimeno, continua ad agitarsi…
Dico questo null’altro per osservare come vengano analizzati, ad esempio, i fattori che portano i giovani francesi verso il jihadismo. I commentatori, in questo caso, ruotano sempre attorno a spiegazioni di carattere sociale – povertà, esclusione, ignoranza – non essendo mai in grado di vedere e di nominare la realtà [della causa], che è politica, culturale e religiosa.
[…] il fatto che l’alta intelligencija di sinistra sia sparita o si tace, non impedisce alla bassa intelligencija di essere in piazza. Fate un sondaggio su ciò che si pensa nelle sale dei professori o nelle redazioni dei canali pubblici del diritto al lavoro o del problema dei migranti e sarete edificati. Ora, quando tutti i francesi passano per la scuola o guardano la televisione, ne subiscono l’influenza, anche se molti sanno come liberarsene. Pertanto – e me ne dispiace – la «vittoria culturale» non c’è ancora.
[…] Io non sono tra quelli che reputano decaduto il dissidio destra/sinistra. Tale distinzione […] è qui per rimanere, anche se le élites dirigenti di destra e di sinistra convergono in un liberalismo libertario, che le avvicina e spesso le confonde.
Figaro Vox: Il “moralmente corretto” è il medesimo che lei ha descritto nel suo saggio?
Sévillia: Sì. Siamo tuttora sotto il suo effetto e lo saremo a lungo, a partire dalla profonda rivoluzione intellettuale e morale degli anni 1960-1970, che ha fondato il paradigma dell’individuo e dei suoi diritti, concepiti come un assoluto. Direi, molto schematicamente, che prima era l’individuo a dover dare qualcosa alla società. Oggi, al contrario, è la società che deve qualcosa all’individuo. All’interno della famiglia, della scuola, dell’università, dell’impresa, nel tempo libero o nella politica, come pure quanto alla cultura o alla religione, tutto è cambiato.
Adesso è l’individuo che fissa le proprie norme circa il bene e il male e che definisce ciò che vuole accettare o meno come coercizione collettiva. In altri termini, non ci sono più norme oggettive e indiscutibili. Questa rivoluzione, tuttavia, è paradossalmente vincolante, in quanto l’assenza di norme è divenuta una norma e, dunque, un obbligo. È questo, allora, il moralmente corretto.
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