Intervista a don Mario De Stefano. Per la seconda volta, dopo la riuscita esperienza del luglio dell’anno scorso, la Diocesi di Trieste si sta organizzando per la missione in Moldova. Il tutto ha avuto origine da una intuizione dell’Arcivescovo Mons. Giampaolo Crepaldi

Missione in Moldova




I preparativi sono già in fermento. Per la seconda volta, dopo la riuscita esperienza del luglio dell’anno scorso, la Diocesi di Trieste si sta organizzando per la missione in Moldova. Il tutto ha avuto origine da una intuizione dell’Arcivescovo Mons. Giampaolo Crepaldi, il quale dopo la presenza in Moldavia per una conferenza, ha consegnato le redini del progetto alla dedizione e passione di don Mario De Stefano. Oggi è lui il motore e il cuore dell’iniziativa della Diocesi, in collaborazione con la Diocesi di Chisinau e la Fondazione Regina Pacis.

La genesi di questa iniziativa risale all’ottobre del 2011. Puoi raccontarci come è nata questa idea poi divenuta realtà?

Capita spesso, visto il mio incarico di Segretario particolare dell’Arcivescovo, di viaggiare con lui e di accompagnarlo a qualche incontro in giro per l’Italia o in altre parti d’Europa. Ed è quanto è accaduto nell’ottobre del 2011, quando insieme siamo andati a Chisinau, capitale della Moldova, per la celebrazione della prima Settimana Sociale dei cattolici. Mentre Mons. Crepaldi svolgeva le sue attività, io ho colto l’occasione per meglio conoscere questa piccola e giovanissima Chiesa dell’Est, i suoi preti e religiosi, e soprattutto i tanti poveri che ho incontrato visitando le strutture di carità della Fondazione Regina Pacis. Piano piano, mi sono lasciato coinvolgere. Lo stesso è stato per l’Arcivescovo, con il quale abbiamo iniziato a parlare di progetti, di collaborazioni, di Chiese sorelle. Ed il Vescovo, nel mentre si partiva da Chisinau, mi ha detto: «Si potrebbe fare qualcosa, magari con i giovani, sarebbe bello, ci terrei a far fare loro un’esperienza forte che li faccia crescere». Dopo un paio di mesi mi ha detto: «Occupatene tu! Il progetto lo affido a te».

Dunque non si tratta di un’azione umanitaria, ma missionaria…

Infatti, quella espressione dell’Arcivescovo ha suonato nel mio cuore come un vero mandato missionario e, dopo un breve momento di “smarrimento”, cuore, mente, fede e carità hanno iniziato a dare slancio al mio “essere” prete, appassionato e fiducioso del Signore Gesù e del suo amore gratuito da condividere e portare al prossimo. Non ho esitato troppo, quindi, ma coniugando nel giusto modo il mio servizio presso la segreteria e con la passione che si era accesa in me, ho iniziato a costruire a piccoli passi il futuro di questo progetto missionario assieme alla Fondazione Regina Pacis, con i diversi preti e collaboratori a Trieste (per lo più giovani, ma anche qualche imprenditore sensibile che ringrazio) ed in Moldova, con un forte senso di ecclesialità che ho sempre cercato di tenere bene in vista. Certamente qualche confratello amico, ha dovuto più di tutti ascoltarmi e assistere al parto di questo sogno e segno missionario e lo ringrazio per la pazienza.

Date alla mano: l’estate 2012 ha visto la presenza di alcuni giovani della Diocesi a questa attività “missionaria”, accolta con entusiasmo. Che valutazione dare all’esperienza passata?

È stata una bella esperienza! La parola “Varvareuca”, si tratta del villaggio dove siamo andati a svolgere la nostra attività di missione, si è impresso nel mio cuore e nel cuore dei giovani che hanno condiviso assieme a me questa sana e incosciente esperienza contagiando tutti: amici, conoscenti, confratelli, famiglia e chiunque mi chiedesse dove andassi l’estate prossima, a tutti rispondevo e tuttora rispondo con un bel sorriso da prete alle prime armi: a Varvareuca. Come? Dove? Commenti di ogni genere! Alcuni dei giovani che sono venuti con me in Moldova lo scorso anno pensano di ritornarci, altri sono già tornati, sempre accompagnati dal sottoscritto, nel periodo natalizio nella capitale Chisinau, dove abbiamo avuto la possibilità di incontrare e conoscere altre disarmanti situazioni di povertà. La straordinarietà e la ricchezza di questa iniziativa di missione sta nel fatto che questi giovani della nostra Diocesi, pur provenendo da esperienze diverse di vita ecclesiale, hanno trovato nei bambini, ragazzi e poveri di Varvareuca e di Chisinau uno stupendo collante, che li ha resi tutti “diaconi”, servi e solo per amore (Caritas).

Un giovane che rinunci a una parte delle vacanze per un servizio di questo genere non è cosa da poco…

Infatti, ma questo è soprattutto l’interrogativo degli amici moldavi, i quali sono sempre stupiti del fatto che dei giovani italiani rinuncino ad un periodo di vacanza per spendere dieci o quindici giorni a Varvareuca, magari anche a proprie spese. Ma questa è anche la risposta a chi crede che tutti i giovani siano “marci” e non inclini all’amare il prossimo. Forse qualcuno e così, e, ahimé li vedo anch’io, ma i giovani cattolici sono così, hanno una marcia in più: hanno Gesù Cristo nel cuore, e senza nulla togliere agli altri, che invece invito a fare queste forti esperienze di vita, sentono forte il bisogno di andare lì dove i poveri, chiamano, i bambini e i ragazzi cercano un amico vero. I nostri giovani di Trieste hanno accettato e vissuto fino in fondo questa esperienza di Chiesa missionaria.

Luglio arriva presto. Una duplice domanda: che tipo di progetto è messo in cantiere per questo anno e quali sono le aspettative per la prossima estate in Moldavia?

Intanto ricordo che dall’esperienza a Varvareuca dell’estate scorsa è nato, proprio dai giovani di Trieste, la volontà di sistemare una zona accanto alla “casa dei volontari” della Fondazione, trasformandola da ammasso di pietre a campo giochi. Ci stiamo lavorando assieme anche all’Ufficio diocesano per la pastorale missionaria. E poi, luglio è domani! I tempi della carità e della missione sono rapidi, per cui bisogna prepararsi. Con me devono prepararsi coloro che vogliono venire, coloro che vorrebbero e anche coloro che non verranno. Tutti! Perché missionario è colui che va in Moldova, ma anche colui che rimane! È missionario chi ci dona la preghiera, il denaro necessario, gli aiuti umanitari, una parola di incoraggiamento. È missionario chi soffre negli ospedali ed ha un pensiero per noi che andiamo. Siamo Chiesa di Trieste! E lì ci attende l’animazione nel villaggio, i giochi con i bambini e con i ragazzi, la piccola mensa dei poveri, gli amici ortodossi con cui scherzare e pregare. Mi attende un amico, che ha fatto della sua sofferenza un profezia! Questo è il progetto missionario, che vuol essere per i giovani di Trieste un’occasione forte per crescere come Chiesa che cammina nel mondo, e serve; come ci ricorda il Santo Padre Benedetto XVI in un intervento tenuto il 15 febbraio u.s. ai membri della Fondazione Pro Petri: «La carità, se è fatta in spirito cristiano, porta non solo un aiuto concreto a chi ha bisogno, porta direttamente l’amore, la bontà di Dio».

Cosa diresti a un giovane indeciso se venire o meno in Moldavia?

Intanto possono contattarmi attraverso il sito della Diocesi (www.diocesi.trieste.it) o tramite il depliant delle attività estive della Pastorale Giovanile. Poi con sincerità ed amicizia dico: «Io ci vado, tu fai quello che credi e senti. Se non ti va rimani anche a casa e, già che ci sei clicca “mi piace” su facebook, alla pagina “Giovani di Trieste-Varvareuca” forse potrà servire a qualcosa, magari a farti comprendere meglio quello che ti sei perso». Io non devo convincere, a quello ci pensa il Signore, io sono solo un mezzo, un piccolo e a volte incapace tramite ed è per questo che per primo dò l’esempio. Vado, anzi, con gioia, volo! L’aereo mi aspetta!

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