La Presidenza del Consiglio, tramite l'UNAR, che dovrebbe contrastare il razzismo, dà soldi ai circoli gay dove si fa sesso e ci si prostituisce. Cosa altro può meritare le dimissioni di un sottosegretario?

Il voltastomaco




Vi ricordate deLl’UNAR? Vita Nuova ne aveva parlato molto quando questo ufficio aveva già stampato dei libretti che dovevano essere distribuiti in tutte le scuole italiane. Erano libretti che intendevano educare i bambini che maschio o femmina sono ruoli intercambiabili e che un uomo può essere una mamma e una donna può essere un papà. UNAR significa Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali. Ma cosa c’entravano quei libretti con le discriminazioni razziali? Niente. E cosa c’entra l’UNAR con le discriminazioni razziali? Niente. Il fatto è che gli ultimi governi – e di questo dobbiamo “ringraziarli” tutti, ce ne ricorderemo? – hanno esteso il concetto di discriminazione razziale al concetto di discriminazione di genere. L’UNAR avrebbe dovuto combattere chi dice che l’omosessualità è sbagliata, chi dice che la mamma deve essere donna e il papà deve essere uomo, chi dice che è un obbrobrio insegnare ad un bambino di dieci anni che si può essere, se si vuole, omosessuali e spiegargli anche come si fa. Da qui nascono i famigerati libretti, che poi sono stati ritirati, ma l’UNAR è ancora lì.

Ma veniamo ai giorni nostri. Nella trasmissione del 20 febbraio scorso, il programma Le Iene ha svelato due cose: l’esistenza in Italia di una miriade di circoli culturali gay dove in realtà si fa sesso e si pratica la prostituzione omosex, e che l’UNAR aveva concesso un finanziamento di 55 mila euro ad una associazione gay – l’ANDDOS – che gestisce una serie di questi simpatici clubs. Cosa c’entra questo finanziamento con la lotta alla discriminazione razziale? Niente. Che vengano dati dei soldi pubblici per finanziare le orge gay fa venire il voltastomaco.

Dopo la trasmissione il caso è scoppiato. In una dichiarazione immediata, l’associazione in questione ha rivendicato il merito di aver costituito dei circoli in cui “si può sperimentare la sessualità in luoghi sicuri”, Molti partiti hanno protestato, Carlo Giovanardi ha fatto una interrogazione parlamentare, CitizenGo ha chiesto le dimissioni del direttore Francesco Spano, Provita Onlus di Toni Brandi ha lanciato una raccolta di firme per la chiusura dell’UNAR. Qualcuno, però, sta chiedendo anche le dimissioni del sottosegretario Elena Boschi. Siamo perfettamente d’accordo non solo sulla chiusura dell’UNAR ma anche sulle dimissioni della Boschi.

Nel governo Renzi-Gentiloni, la delega per le Pari opportunità, da cui dipende l’UNAR, è affidata al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, appunto la nostra Boschi. Costei ha subito chiesto la sospensione cautelativa del direttore Spano – un atto di per sé insufficiente davanti alla gravità del fatto – e ha bloccato l’erogazione del finanziamento – un intervento materiale che nulla toglie alla gravità morale e politica. Ma la responsabilità politica di chi è se non della Boschi da cui l’UNAR dipende? E perché oggi nessuno si vuole più prendere nessuna responsabilità politica e fanno dimettere i sottoposti per non dimettersi loro?

Senza le Iene, il governo avrebbe finanziato i prostriboli gay con soldi pubblici tramite un Ufficio che si dovrebbe occupare di discriminazione razziale. Non è più che sufficiente per motivare le dimissioni del sottosegretario Elena Boschi?

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