Cosa ti rimane quando togli il comunismo da un comunista? Un Radicale. Sul lungo (doppio) mandato del Presidente Napolitano sono leciti alcuni seri dubbi.

Il Super Presidente Radicale




Giorgio Napolitano ha avuto due primati: è stato il primo comunista a presiedere la Repubblica Italiana e il primo presidente a venire rieletto per un secondo mandato. Per il primo aspetto egli conclude la lunga strada che i comunisti italiani hanno iniziato nel 1943 con la svolta di Salerno di Togliatti, quando hanno scelto la democrazia. In questo lungo percorso hanno secolarizzato il Paese, che era cattolico, ma hanno anche secolarizzato se stessi: c’erano Palmiro Togliatti e Nilde Iotti e ora ci sono Matteo Renzi ed Elena Boschi. Per il secondo aspetto abbiamo avuto il fenomeno “Re Giorgio”, ossia un potere straordinario. Sono anni che non abbiamo un governo eletto dai cittadini: colpa della Costituzione? Colpa di Napolitano? Colpa della politica che non ha saputo nemmeno scegliere un nuovo Presidente alla scadenza del settennio? Ai posteri l’ardua sentenza.

Di questo lungo “Regno” di Re Giorgio vorrei mettere a fuoco due elementi.

Dall’alto del Quirinale, Napolitano ha paternamente accompagnato il Paese sulla strada dell’indebolimento dei valori etici. Nel caso di Eluana Englaro il suo intervento fu molto pesante, ma anche in seguito non si astenne. Il 19 settembre 2014 ha lodato pubblicamente l’Associazione Luca Coscioni facendosi sostenitore dell’eutanasia, tema su cui era già intervenuto nel 2006, rispondendo all’appello di Piergiorgio Welby (ma non poi a quello di segno opposto di Lorenzo Moscon) e nel marzo del 2014 ha rivolto un diretto appello al Parlamento chiedendo che fosse discussa la legge per “Tutelare i diritti dei malati terminali”.

Nel giugno 2011 scrisse una lunga lettera a Marco Pannella in cui, tra l’altro, lodava le leggi su divorzio e aborto da lui promosse. Nei corridoi del giornalismo si racconta che la presenza di Emma Bonino nel ministero Letta (28 aprile 2013) come ministro degli esteri fu fortemente voluta da Napolitano.

Il secondo aspetto è il ruolo politico da lui gestito. La nascita del governo Monti è stata una sua strategia pensata nei minimi particolari. Sul governo delle larghe intese di Enrico Letta Napolitano esercitò un evidente protettorato. Questi due governi sembravano governi del Presidente più che parlamentari. Alla nascita del governo Renzi hanno fatto scalpore le due lunghe ore passate dal presidente incaricato al Quirinale dove era giunto con una lista di ministri che evidentemente deve essere stata in quell’occasione ampiamente rivista.

Nell’aprile 2011, quando l’Italia diede il proprio appoggio alla guerra di Libia, il Presidente è entrato in campo a difendere il governo, criticando pubblicamente Angela Merkel. E’ intervenuto spesso sulle diverse manovre finanziarie, anche su questioni di politica governativa. Ha bacchettato ministri e uomini politici che mettevano in forse il nostro legame con l’Europa. Ha dettato spesso l’agenda dell’esecutivo con indicazioni precise. Ha dato le pagelle ai governi. Il 22 settembre 2014 ha chiesto: “basta conservatorismi, sul lavoro politiche nuove”, dando così un forte assist politico al Jobs Act del presidente Renzi.

 

Si può pensare che Napolitano abbia coperto un vuoto della politica garantendo continuità. Però sul modo c’è di che discutere.

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