Il segreto di Medjugorje




Immaginate che esista un luogo in cui gente che non entra in una chiesa da decenni vada e torni con la convinzione ferrea di non voler saltare più un giorno senza Eucaristia. O un luogo in cui uno si rechi per curiosità e torni invece con l’idea di consacrarsi a Dio, entrando in monastero. O un luogo in cui uno pensa di andare per fare l’ultimo viaggio prima di suicidarsi – stanco oramai della vita, anche se è giovanissimo – e torni deciso a dedicare il resto della sua esistenza alla gloria, alla benedizione e alla lode di Dio, facendo missione in giro per il mondo. Che cosa fareste se esistesse un luogo del genere? Probabilmente vi ci precipitereste oggi stesso, portando magari qualche amico o parente, o fareste comunque di tutto per andarci, immaginiamo. Beh, il luogo in questione esiste per davvero, e si trova in Erzegovina, si chiama Medjugorje. Solo che in pochi, pochissimi lo conoscono, anzi oggi è forse uno dei segreti meglio custoditi della Chiesa. Per “conoscere”, qui, intendiamo ovviamente esserci stati, aver pernottato più di qualche giorno, aver seguito la vita spirituale della parrocchia e aver preso i sacramenti, non aver letto un giornale, scorso un sito o visto un documentario. Ecco, se la mettiamo così la proporzione tra il bene uscito da quel luogo e la diffusione della fama di spiritualità dello stesso è incredibilmente ridicola, forse una delle ingiustizie più grandi che si possano commettere verso il Cielo che – come si sa, o si dovrebbe sapere – in quel luogo parlerebbe da tempo a sei veggenti per bocca della Madre di Dio, da più di trent’anni ormai. Ora, sei persone non sono poche, e non s’ingannano facilmente. Tanto più in un contesto sociale difficilissimo: quando sono cominciate le apparizioni vigeva il regime comunista e la persecuzione religiosa di Stato, poi, crollato il comunismo, c’è stata la più sanguinosa guerra civile che l’Europa abbia conosciuto dal 1945 ad oggi, infine la divisione dell’ex Jugoslavia con l’accerchiamento della maggioranza mussulmana bosniaca verso i pochi croati rimasti in Erzegovina cosicchè ancora oggi il luogo è di fatto geograficamente assediato dagli islamici dei Balcani, una minuscola minoranza in una Nazione che segue un altro credo. Come ha detto qualcuno, già il fatto che un luogo del genere oggi nonostante tutto ancora esista dovrebbe avere del miracoloso.
Ma i miracoli veri sono stati altri, come possono testimoniare tutti quelli che li hanno ricevuti personalmente. Ad esempio, Silvia Buso, la ragazza di Padova andata oltre l’Adriatico sulla sedia a rotelle e tornata sulle sue gambe riacquistando l’uso delle articolazioni, proprio sul Podbrdo, la collina delle apparizioni. Un caso inspiegabile, già registrato da chi di dovere, per gli scettici di oggi e anche di domani, insieme ad altri che possono servire da prove eclatanti come manifestazione del divino. E che dire delle guarigioni spirituali? E’ un frutto di Medjugorje quella che sarà forse la prima Santa ufficialmente canonizzata vissuta nel XXI secolo: Chiara Corbella, la ragazza romana morta a 28 anni scegliendo di dare alla vita il figlio che portava in grembo, rinunciando a curare il male che l’affliggeva da tempo, dopo aver partorito ugualmente i suoi primi due bambini destinati a morte certa, assicurandogli il battesimo, la benedizione di Dio e la vita eterna. O le conversioni strepitose come quelle di Anja Goledzinowska, la ex show-girl polacca che ha lasciato la via della perdizione per fondare l’associazione ‘Cuori Puri’, che già adesso è la più grande realtà laicale cristiana per la promozione della castità giovanile e prematrimoniale, con migliaia di aderenti in tutto il mondo. Si potrebbe continuare a lungo, e la lista sarebbe comunque insoddisfacente, come i libri che si potrebbero scrivere. Era un fedele entusiasta di Medjugorje ad esempio quello che è stato forse il più celebre esorcista di fama internazionale del secolo scorso: don Gabriele Amorth, scomparso da poco. E si sa pure dell’attenzione speciale di Giovanni Paolo II, che si fece scappare un giorno di non poter andare a Medjugorje in virtù del suo ruolo ma, che se non fosse stato Papa, volentieri sarebbe andato a confessare in quel luogo, quello che anzi lui chiamava “il confessionale del mondo”. In compenso, il Primate d’Austria tempo fa ammise candidamente che “Se non fosse per le vocazioni nate a Medjugorje, probabilmente quest’anno i nostri seminari sarebbero vuoti”.
E tuttavia proprio questa mole di documentazione nasconde un pericolo, come pure chi sottolinea (e non sono pochi) in modo esagitato fenomeni straordinari come il sole che gira all’improvviso nel cielo o i misteriosi castighi che attenderebbero l’umanità nei prossimi anni e che proprio la parrocchia dovrebbe rivelare per tempo – tramite i veggenti – al mondo intero. Il pericolo insomma, vogliamo dire, che sia tutto il contorno a prendere il posto del messaggio vero dato a Medjugorje, che è poi lo stesso di Fatima, con ulteriori sottolineature: la conversione personale del cuore e la vita di penitenza, offerta anzitutto con la preghiera e il digiuno. E’ solo questo, in definitiva, che importa a Dio. Perché, come insegna il Vangelo, è solo con la preghiera e il digiuno che si sconfiggono i demoni (Mt 17,21) e si salvano le anime. Alla fine, lontano dai sensazionalismi, Medjugorje oggi appare soprattutto come una scuola di preghiera: la migliore che si possa avere in assoluto, perché non organizzata con modalità solo ‘umane’, per capirci. Il pellegrino che vi si reca, tra le prime cose che capisce, infatti, se è cattolico (e più ancora se non lo è), è che lui non prega, forse addirittura non ha mai pregato in vita sua, o, comunque, non prega abbastanza, nonostante il comando imperativo del Divin Maestro (cfr. Lc 18,1). La vita della parrocchia in effetti offre (senza contare la Messa quotidiana) almeno tre ore di preghiera continuativa al giorno, che poi – va da sé – si dovrebbero aggiungere alla preghiera personale del mattino e della sera. Naturalmente, si parla qui della vita di preghiera dei laici, celibi o sposati che siano, perché quella dei sacerdoti e dei religiosi in genere è molto più intensa e continuativa. Poi si scoprono cose che dovrebbero forse essere ovvie, ma per qualche motivo non lo sono. Ad esempio che la preghiera in famiglia è insostituibile. In questi anni di attacchi furibondi alla famiglia la domanda che da Medjugorje è arrivata alle coppie in difficoltà, o con figli problematici, è sempre stata quella: “pregate il Rosario insieme alla sera?”. Seguita subito dall’osservazione seguente: “la famiglia che prega unita, resterà sempre unita”. Qui si sottolinea in modo particolare che i coniugi devono pregare insieme, oltre a pregare ognuno per conto proprio, e che fare i compiti al posto dell’altro in questo caso non funziona. D’altra parte, i pellegrini che arrivano qui, proprio ricevendo una catechesi simile, si rendono conto che la loro vita cristiana, per come dovrebbe essere – data la fede professata – forse non è mai iniziata davvero, o se lo è, è durata un paio di giorni. Ugualmente poderosi sono gli insegnamenti sull’importanza evangelica – pure non marginale – del digiuno, su cui la preparazione-media di noi tutti di solito è ancora più scarsa. Per tutte queste ragioni, e anche altre, la Chiesa vigila con assoluta attenzione e notevole interesse sul fenomeno-Medjugorje ma, come si sa, non ha dato finora ufficialmente nessun giudizio di merito anche perché le apparizioni sono ancora in corso. Così, Medjugorje ha finito per diventare un paradosso: i non credenti ne sono attirati in ragione dell’esperienza soprannaturale che molti raccontano di avere vissuto genuinamente ma proprio perché le apparizioni sono sub-iudice restano a loro volta scettici, i normali fedeli invece si dividono fra chi ha già una pratica di fede consolidata e non vede che cosa cambierebbe andare a Medjugorje e chi continua a chiedere segni ed aspettare dichiarazioni ufficiali prima di fidarsi. A tutti loro, i veggenti – dando forse la testimonianza più convincente che si possa offrire in proposito – citando il Vangelo ripetono che oggi è il momento di convertirsi senza aspettare il futuro perché nessuno può sapere con certezza se domani sarà vivo. Ogni momento bisogna essere pronti per andare davanti a Dio e andarci, possibilmente, a testa alta. Vivere insomma ogni giorno come se fosse l’ultimo, alla maniera dei Santi che in questo modo si preparavano quotidianamente al giudizio di Dio. Per dirla con San Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (2 Tm, 4,-6).

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