Il peso del cielo di Luca Carboni




“Noi che camminiamo sul mondo, noi coi piedi di piombo restiamo giù, sotto cento chili di cielo”.

 

Nel suo primo album: “… E intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film” del 1984, Luca Carboni sottolineava, nel brano “Ci stiamo sbagliando”, l’incombenza del desiderio del cielo e l’impossibilità di una vita angelica.

Il carattere intimista e riflessivo del cantautore bolognese, accompagnato da una musica minimalista, ossia da una base ritmica soft abbastanza ripetitiva e da quella sua voce appena sussurrata e un po’ roca sopra le note, emergeva in un altro brano: “Le nostre parole” del 1985, in cui esprimeva l’inadeguatezza dell’eloquio: «È che le nostre parole non sanno più dove andare, certe volte vanno in giro da sole, ecco perché fanno male».

Luca Carboni ha descritto in altre sue canzoni, in particolare nella celebre: “Silvia, lo sai” del 1987 il non essere riuscito a coniugare la sua passione infantile per il calcio (che lo porterà ad essere un tifoso del Bologna) con la Chiesa cattolica: «Un Dio cattivo e noioso, preso andando a dottrina, come un arbitro severo fischiava tutti i perché (…) a salvarci erano invece certe canzoni che uscivano dalla radio di Silvia».

Pur avendo vissuto l’inadeguatezza dei sacerdoti che lui ha incontrato nell’affrontare i problemi della vita, Luca Carboni ha manifestato, nella canzone “Caro Gesù”, un sentimento religioso sincero ed esigente, che traspare nel testo: «Caro Gesù, da quanto è che non venivo qui da te; c’erano ancora le candele di cera e non quelle con l’elettricità (…) la vita è dura, dà retta a me; sai che ho finito la scuola già da un po’, ma non so fare i miracoli che facevi tu». La presenza di Gesù ed il riferimento reiterato agli angeli è presente in altre canzoni, come ad esempio in “Deserto” del 1998, oppure nel brano “Persone silenziose” del 1989.

Nella celeberrima: “Ci vuole un fisico bestiale” del 1992, Luca Carboni implora, contro le devastazioni e le complicazioni della vita, un intervento sopranaturale. In questa situazione drammatica e difficile da affrontare, Carboni propone due immagini, sintetizzate dal titolo di due sue canzoni: “Primavera” e “Farfallina”. Nel primo brano egli si vede guardare la primavera dalla finestra: «Primavera e mi prende un bisogno di leggerezza (…) dalla finestra guardo il mondo e mi viene voglia di tuffarmi lì dentro»; nel secondo pezzo pensa all’amore umano tra un uomo e una donna come ad un fiore e ad una farfallina.

Cantando si impara con Luca Carboni a comprendere la fragilità e la delicatezza delle persone. In questo mare tempestoso della vita, alla ricerca di senso, cantando si impara a farsi forza, nonostante le difficoltà: «Tu che cercavi comprensione sai, ti trovi lì in competizione (…). Ci vuole un fisico bestiale perché siam barche in mezzo al mare». Cantando si impara con Luca Carboni a “Pregare per il mondo”, come suggerisce il brano omonimo del 1995. Il peso del cielo è ribadito ancora in un altro significativo ed emblematico brano: “La nostra storia” del 2002: «Sotto questo cielo che passano gli anni, noi siamo ancora bimbi ma con i capelli bianchi e chissà se è solo un gioco, se le stelle c’hanno i fili, se qualcuno sa già tutto di questi bimbi nei cortili, se è inutile sperare, se è inutile lottare, se non serve pregare, se è inutile anche amare».

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