Il “Libera nos Domine” di Francesco Guccini




“Dai preti d’ogni credo, da ogni loro impostura, da inferni e paradisi, da una vita futura, libera nos Domine”.

Francesco Guccini, cantautore emiliano nato nel 1940, è stato uno dei più significativi autori di quella che, già dagli anni ’70, veniva chiamata “la canzone di protesta”. Prima ancora di incidere il suo primo album: “Folk beat n.1”  nel 1967, altri complessi musicali avevano cantato e portato al successo alcuni suoi brani, cantati tuttora ovunque (negli oratori, con i karaoke, accompagnati da chitarre e percussioni varie). La celeberrima Auschwitz (Canzone del bambino nel vento) fu un 45 giri dell’Equipe 84 pubblicato dalla Dischi Ricordi nel 1966, così come Noi non ci saremo e Dio è morto furono resi famosi dall’interpretazione dei Nomadi. Autore di innumerevoli canzoni, raccolte in più di venti album, Guccini ha spesso affrontato i temi dell’industrializzazione e del disastro nucleare (paradigmatica la ben conosciuta canzone de: “Il vecchio e il bambino”, in cui i sopravvissuti alla guerra nucleare si prendon per mano e andarono incontro alla sera). Ha affrontato quindi i temi del futuro  ma anche del passato (significativo l’album “Radici” del 1972 in cui è contenuta la canzone Il vecchio e il bambino). La stessa già menzionata Noi non ci saremo racconta la rinascita della vita sulla terra dopo un’esplosione nucleare. “Libera nos Domine”, dalla quale è tratta la frase iniziale, è stato un brano caratteristico, come tanti altri, dell’assenza di valori religiosi e di insofferenza verso l’autorità tipica di quegli anni di contestazione giovanile e di rivoluzione dei costumi. Assieme alla canzone, anch’essa famosa – L’avvelenata – costituisce il punto più vibrante e spesso volgare di denuncia sociale: “Da tutti gli imbecilli d’ogni razza e colore, dai sacri sanfedisti e da quel loro odore, da pazzi giacobini e dal loro bruciore, da visionari e martiri dell’odio e del terrore … libera nos Domine!”. Nelle canzoni di Guccini spesso sta il tema della critica corrosiva ai valori stabili e all’ordine naturale e l’insofferenza alle autorità costituite (in particolare alla Chiesa). In una delle sue prime canzoni di successo – L’antisociale – Francesco Guccini così descrive l’ideale di chi ce l’ha con il mondo: “Odio il gusto del retorico, il miracolo economico, il valore permanente e duraturo. Sono senza patrimonio, sono contro il matrimonio. In un’isola deserta voglio andare ad abitare e nessuno mi potrà più disturbare”. Ecco perché non sorprende che in una canzone si invochi la liberazione del Signore da tutto ciò che, a parer suo, frena la libertà e la voglia di vivere dell’umanità: “Dai poveri di spirito e dagli intolleranti … da eroi, navigatori, profeti, vati, santi (messi tutti insieme) … libera nos Domine!”.

Al furore ideologico di chi non ha saputo riconoscere la presenza di Dio nel creato, anche se sfregiata talvolta dalla libertà contro natura dell’uomo, Guccini ci insegna cantando, seppur involontariamente, che senza la ricerca serena della volontà di Dio non si finisce che cadere nell’aspra e confusa critica anarchica contro tutto e tutti: “Da utopie per lenire questa morte sicura, da crociati e crociate, d’ogni tipo e natura, libera nos Domine”.

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