Il laicismo europeo e il terreno fertile per le cellule terroristiche islamiche




Bando al buonismo, l’Islam ha un enorme problema di convivenza e connivenza con la violenza e, tuttavia, bando alle odiose generalizzazioni: milioni di islamici vivono la loro fede in modo pacifico, in diversi casi in difesa dei cristiani perseguitati dai terroristi dell’Isis. E’ a questo “islam moderato” che dobbiamo allearci, spronandolo a condannare ancora di più l’uso distorto di Dio fatto dai fondamentalisti e aiutandolo ad isolare e denunciare le cellule violente.

Occorre però anche conoscere davvero l’Islam, al di là delle semplificazioni mediatiche. Lo ha ricordato Laura Guazzone, docente di Storia contemporanea dei paesi arabi presso l’Istituto italiano di Studi Orientali dell’Università La Sapienza di Roma: bisogna «sapere che esistono movimenti e istituzioni che danno un’interpretazione moderata alla sharia, che non è un testo o un codice di legge, ma una collazione dei precetti dal 600 d.C. a oggi che sono stati dedotti dal testo del Corano e della Sunna, la vita del profeta. Da questi sono stati tratti dei precetti, che possono essere interpretati in modo diverso. L’Islam moderato predica la necessità di contenere e al massimo prevede un allontanamento dall’apostata dalla comunità, anche in senso puramente culturale e religioso ma senza nessuna conseguenza di pena, tanto meno capitale». Così, «se non capiamo la prospettiva interna, mettiamo nello stesso calderone movimenti che intendono agire in quanto musulmani, finiamo per mettere l’islam moderato con i movimenti più insurrezionalisti, in particolare del mondo arabo».

Questo differente modo di interpretare l’Islam spiega la gioia di gruppi islamici alla notizia dell’attentato a Parigi e contemporaneamente le dure condanne di una parte del mondo islamico. Così come fa piacere osservare imam musulmani e rabbini ebrei pregare assieme per le vittime del terrorismo vicino a Bataclan, uno dei luoghi colpiti dagli attentati di venerdì scorso. Fanno riflettere le parole di Sami Salem, imam della moschea di via della Magliana a Roma: «Una piena condanna. Senza sé e senza ma. Questo non è Islam, ma terrorismo. È arrivato il momento di unire le forze per affrontare questo mostro. È fondamentale spiegare prima di tutto che nell’islam non ci sono appelli alla violenza, né è contemplata la possibilità di uccidere il prossimo. Musulmani e Cristiani hanno delle radici in comune. Si tratta di atti in cui la religione non c’entra niente, viene strumentalizzata da persone che danno interpretazioni fanatiche e sbagliate delle sacre scritture in generale. Non riesco a comprendere come possano fare, e quali strumenti utilizzino per trasformare persone, troppo spesso giovani, in mostri telecomandati. I musulmani d’Italia, di Roma, come tutti i musulmani nel mondo, devono incarnare l’autentico messaggio dell’Islam. Dare il buon esempio. Devono essere onesti, corretti nei loro rapporti con tutte le persone senza distinzioni di fede o nazionalità. Chi commette atti criminali come quelli di Parigi o ha atteggiamenti estremisti è un criminale e basta».

Secondo il sociologo iraniano Farhad Khosrokhavar, direttore di ricerca dell’EHESS di Parigi e studioso dell’immigrazione islamica in Europa, la crisi che porta i giovani alla rottura con le società occidentali non deriva tanto dal rifiuto dei valori che queste offrono a loro, ma piuttosto nel vuoto di regole morali che li accoglie. L’Occidente amante del pensiero debole, del relativismo, del non senso della vita, del sessantottismo, della borghesia cinica e indifferente, dell’individualismo esasperato. Guarda caso, effettivamente, i giovanissimi terroristi musulmani nascono e vivono in Europa, sopratutto in Francia, Belgio, Danimarca, Svezia e Germania. Ovvero i Paesi attualmente più secolarizzati dell’Occidente. Il laicismo del vecchio e stanco Occidente è davvero il terreno fertile del proliferare di queste cellule terroristiche?

Gli stessi complici degli attentatori di venerdì sono stati fermati in Belgio, due dei quali erano cittadini francesi. Proprio il Belgio, nonostante i suoi soli 11 milioni di abitanti, è lo Stato europeo che conta, proporzionalmente, il più alto numero di cittadini volontari partiti per combattere tra le file dell’Isis. A Bruxelles esiste proprio un quartiere islamico definito Belgistan, la culla del jihadismo europeo, la centrale di reclutamento dei giovani terroristi in Europa.

Il rettore della moschea francese di Courcouronnes, Khalil Merran, ha spiegato che a plagiare i giovani musulmani europei c’è un imam potentissimo, ovvero Google. «Questi ragazzi non sanno nulla di religione. Sono schiavi di Internet, plagiati dalla rete. Io ho visto i siti islamisti. Sono fatti molto bene. Promettono denaro, donne, armi, potere e gloria imperitura. Ti fanno sentire parte di qualcosa». Ragazzi disperati per il vuoto morale attorno a loro, che si sentono isolati e vagano su internet in cerca di risposte, di appartenenza, ovvero di identità. L’Occidente ha rifiutato le sue radici cristiane, così come ha ricordato Claudio Magris, una scuola arriva a vietare una visita artistica che include un Cristo dipinto da Chagall, nel timore che ciò possa offendere i non cristiani. Questo è il vuoto identitario che favorisce lo sviluppo del fondamentalismo religioso.

Papa Francesco lo ha spiegato benissimo davanti al Parlamento europeo: «un’Europa che sia in grado di fare tesoro delle proprie radici religiose, sapendone cogliere la ricchezza e le potenzialità, può essere anche più facilmente immune dai tanti estremismi che dilagano nel mondo odierno, anche per il grande vuoto ideale a cui assistiamo nel cosiddetto Occidente, perché è proprio l’oblio di Dio, e non la sua glorificazione, a generare la violenza». E’ l’oblio di Dio a generare la violenza, parole profetiche. Così ha commentato Lucetta Scaraffia, docente di Storia contemporanea presso La Sapienza di Roma, «questa interpretazione, molto più sottile e acuta di quelle che siamo abituati a leggere e ascoltare, rivela come sia fallace la speranza di affrontare questo problema enfatizzando la laicità, ricacciando le religioni nel sommerso e nell’indicibile. E al tempo stesso apre nuove responsabilità -ma anche nuove possibilità- all’azione delle donne e degli uomini di fede».

Fonte: http://www.uccronline.it

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