Lo smarrimento di Hillary Clinton e di tante altre sugli "scandali a sfondo sessuale" emersi su Harvey Weinstein fa ridere: é il moralismo degli amorali. Ma dietro al moralismo degli amorali c'è forse qualche disegno politico?

Il caso Weinstein e il moralismo senza morale




di Tacitus

Nella cronaca gossip il tema del giorno é il caso del produttore Harvey Weinstein, reo confesso di essersi approfittato della sua posizione estorcendo favori sessuali alle starlette agli inizi di carriera.

Apriti cielo, spalancati terra, non passa giorno che qualche nuova attrice, ormai non più all’apice del successo, se ne esca raccontando il suo personale dramma di donna oltraggiata.

Tra le più sconvolte dalla notizia é Hillary Clinton, femminista notoria ma che certe cosette  doveva pure conoscerle, visto il marito che si é scelta, l’ineffabile Billy – “il più amato” tra i presidenti USA – secondo la macchina del consenso d’oltre oceano.

Sconvolta oggi, ma ben contenta ieri di ricevere un milione di dollari per la sua campagna elettorale: pecunia non olet, dicevano gli antichi. Rileviamo per inciso come in Italia, chi abbia ricevuto soldi da qualcuno in odore di mafia verrebbe crocifisso, mentre la buona Hillary,  femminista militante, viene presentata nei panni della verginella inconsapevole. Potenza della politica! La memoria va ad un’altra icona della politica USA, quel John Fitzgerald Kennedy del quale si diceva che tra le donne della Washington che conta rappresentava un titolo di distinzione “non” essere andate a letto con il presidente. Una bella figura di cattolico, uscito forse non casualmente dallo stesso partito democratico nel quale militano i due coniugi summenzionati.

Per quanti poi credono ancora alla favole, suggeriamo dei libri che raccontano nei dettagli gli scandali di Hollywood, a partire dai tempi del cinema muto. Sono le memorie del regista Kenneth Anger (Hollywood Babylon, 1959 e 1984) e del gigolò Scotty Bowers (Full Service. My adventures in Hollywood and the secret sex lives of the stars, 2012). Ce n’é anche per i casi nostri, Panni sporchi a Cinecittà, di Ronnie Pizzo (2008). Da essi chiunque può apprendere come il mondo del cinema sia un porcaio nauseabondo nel quale le attrici affermate gareggiano con i loro colleghi maschi a chi scende più in basso. Non é cosa nuova, né ha inizio con la “settima arte”. Quando il mondo era ancora cristiano e la gestione dei cimiteri era affidata alla Chiesa, gli attori venivano sepolti in terra sconsacrata.

Desta allora un certo disagio il grido di dolore di queste  “madonnine infilzate”, le cui doti naturali vengono generosamente esibite sugli schermi e sui rotocalchi quali modelli di comportamento sociale. Quale credibilità possono rivendicare delle “pubbliche peccatrici”, come le definiva un tempo la morale cattolica, costantemente tese a ravvivare la loro immagine attraverso qualsiasi genere di  pubblicità, compreso lo sbandieramento dei fatti più intimi della loro vita privata? Siamo di fronte ad un moralismo senza morale, perché non fondato su altro principio che quello dell’affermazione di sé: prima si accetta l’inaccettabile, poi si denuncia come violenza quello che é invece un banale mercimonio.

Non lasciamoci abbindolare da queste recite fuori dal set, che come tutte le bombe innescate dai grandi giornali (il caso scoppia da un’inchiesta sul New York Times) hanno indubbiamente una motivazione recondita. Lo scandalo sessuale é infatti la classica arma che una società farisaica come quella anglosassone adopera per far fuori un concorrente senza ricorrere a metodi più spicci. Ci riferiamo ai quattro presidenti degli Stati Uniti rimasti vittime di attentati (per tacere di quanti, come Reagan, se la sono cavata per un soffio).

Giungendo a tempi più recenti, spicca il caso di Dominique Strauss-Kahn, il direttore del FMI inguaiato da un’imboscata dei servizi americani, volta ad evitare che un uomo energico quanto competente si candidasse in Francia in una tornata elettorale che si sapeva sarebbe stata vinta dai socialisti. E così i nostri cugini d’oltralpe si sono dovuti sciroppare una macchietta come Hollande.

Qualcosa sta cambiando negli equilibri di potere americano,  del quale lo star system é una componente strumentale, non certo la sala di regia. Dopo  Weinstein é stato accusato il capo degli studios  Amazon, Roy Price. Il sospetto é che si stia dando inizio ad una “caccia alle streghe”, una sorta di nuovo maccartismo il cui obiettivo finale potrebbe essere il presidente Trump, uno al quale notoriamente piacciono le donne.

 

Una risposta a “Il caso Weinstein e il moralismo senza morale”

  1. Miro Kosic ha detto:

    Ricattare un personaggio come Trump per il “deep state” è stato un gioco. La sua stupidità gli nasconde la sua stessa stupidità, dato che conferma il convolgimento russo nella propria vittoria elettorale. Le persone pochissimo esperte hanno una scarsa consapevolezza della loro incompetenza. È l’effetto Dunning Kruger: si tratta di persone che fanno errori su errori ma tendono a credere di cavarsela. Fù il giudice G. Falcone, che formulò la teoria della “prevalenza del cretino”. In “Cose di Cosa Nostra”, il magistrato racconta dell’incontro tra un collega romano e Frank Coppola, appena arrestato. Alla domanda “Signor Coppola, che cosa è la mafia?” il detenuto risponde “Signor giudice, tre magistrati vorrebbero oggi diventare procuratore della Repubblica. Uno è intelligentissimo, il secondo gode dell’appoggio dei partiti di governo, il terzo è un cretino, ma proprio lui otterrà il posto. Questa è la mafia”. Di cretini/e.. mai come oggi l’offerta è abbondante. Basta accendere la tv… Conduttrici/conduttori appartenenti alla categoria sono i meglio pagati.

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