Il cambio di prospettiva di Max Gazzé




“Cambiando prospettiva cerco di capire il verso giusto, il giusto slancio per ripartire”

Massimiliano Gazzé, in arte Max, è un cantautore romano di origini siciliane, che ha passato musicalmente i primi vent’anni della sua vita in molti Paesi d’Europa con un complesso inglese (“4Play4”) suonando il basso elettrico e ritornando poi a Roma nel 1991. Dalla capitale ha intrapreso una carriera da solista e da attore, partecipando successivamente al film di Rocco Papaleo: “Basilicata coast to coast”. Di quel film ha curato la colonna sonora, vincendo il David di Donatello 2011 come “migliore canzone originale” con il brano “Mentre dormi”: «Sei tu il canto che libera gioia, sei il rifugio, la passione. Con speranza e devozione io ti vado a celebrare come un prete sull’altare. Vola tra coriandoli di cielo e manciate di spuma di mare». La sua passione per la poesia, attestata anche dal pezzo: “L’elemosina” (ispirato da una poesia di Stéphane Mallarmé) è rinvenibile in molte altre sue canzoni, come ad esempio nel brano “Il solito sesso”, presentato al Festival di Sanremo nel 2008: «Chiuderò la curva dell’arcobaleno per immaginarlo come la tua corona e con la riga dell’orizzonte in cielo ci farò un bracciale di regina».
Max Gazzé, che ha intrapreso con gli amici cantautori Daniele Silvestri e Niccolò Fabi un tour europeo nel 2014, ha cantato nel brano “Life is sweet” il suo cambio di prospettiva e la richiesta alternativa di superare l’impasse di una vita insignificante e desolante: «Tutti insieme siamo tanti, siamo distanti, siamo fragili macchine che non sanno andare più avanti. Siamo vicini ma completamente fermi, siamo famosi istanti divenuti eterni…». Il realismo disincantato e lucido è espresso ancora in questi passaggi: «Continuare non è soltanto una scelta ma è la sola rivolta possibile, senza dimenticare che dopo pochi Kilometri ci dovremo di nuovo fermare». La metafora del “ponte” sintetizza così il cambio di prospettiva auspicato dal cantautore romano: «Un ponte lascia passare le persone, un ponte collega i modi di pensare, un ponte chiedo solamente per andare».
Nel suo primo album del 1996 “Contro un’onda del mare” Max Gazzé aveva narrato dei timori che attanagliano sovente l’esistenza: «Quel che fa paura come quelle strade in salita, sbarrate soltanto dal cielo, da quelle dita» soprattutto in relazione al vuoto che si manifesta con la scomparsa di Dio dalla propria vita, come nel brano emblematico “Gli anni senza un Dio”: «L’inverno cigola come un carrello della spesa, a zonzo tra il pesante di noi corpi e le anime incastonate dentro cattedrali e panettoni…». Anche nell’ironica “Cara Valentina” del 1997, come dalla videoclip in stile ‘700 con parrucconi, lumi di candele, duelli e abiti d’epoca, Max Gazzé pone in contrasto la velleità di un sapere rigido e formalistico alla semplicità dell’esistenza: «Tu sarai il pretesto per approfondire un piccolo problema personale di filosofia, su come trarre giovamento dal non piacere agli altri, come in fondo ci si aspetta che sia».
Cantando si impara con Max Gazzé a cercare di rimanere con i piedi per terra, come manifestato sin dal titolo eloquente di un altro suo album del 2008: “Tra l’aratro e la radio”, dove il brano “Il mistero della polvere” racchiude l’inno e la domanda di un uomo in cerca della propria identità smarrita: «Cerco la mia terra, voglio la mia terra come in cielo così in terra». Cantando si impara a ribadire l’essenza della propria libertà e dell’autentico amore: «Si può avere tutto e subito, però non è così che va la mia libertà (…). Sai che c’è? C’è che ognuno fa quello che vuole e tu non hai idea di cosa sia l’amore». In un altro brano significativo del 1996, “L’eremita”, Max Gazzé orientava in un quadro poetico il cammino della vita, condensato nella figura nobile dell’eremita: «L’eremita è un aquilone che volteggia nell’aria, un urlo che scolpisce l’anima, è una memoria di schiena che mi invita a pensare…».

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