I quadri di Aldo Famà al Caffè Stella Polare




Ricordo che quando ero bambina mi divertivo a fare un gioco singolare. Ad essere più precisi era il gioco stesso a “giocare” attraverso di me, servendosi della mia fantasia e creatività per inventare strane e piacevoli associazioni tra cose, parole e immagini. Citerò, come esempio, il gioco dei giorni della settimana: ogni volta che pensavo ad uno si essi, dal lunedì alla domenica, immediatamente mi si accendeva, senza alcun intervento o volontà da parte mia, una vivida immagine tra il simbolico e il figurativo. Il lunedì era una di quelle girandole variopinte che ruotano al fruscio del vento, il martedì uno stendardo grigio-azzurro dalla forma rigorosamente definita e chiara, quasi tracciata con un righello, il mercoledì un rosone di cattedrale fatto di vetro colorato, il giovedì una ruota dello zodiaco, il venerdì una distesa desertica simile a uno specchio d’acqua opaco illuminato dalla luna in una notte di pioggia, il sabato un carro carnevalesco e la domenica un sole raggiante che ruotava su se stesso.

Perché vi parlo di questo gioco? Contemplando i quadri di Aldo Famà, esposti al Caffè Stella Polare fino al 7 aprile, la mia memoria si è improvvisamente popolata di queste figure e rimembranze. Io non sono una critica d’arte nel senso più specialistico e professionale della parola, ma poiché fin da quando iniziano i miei ricordi mi vedo intenta a scrivere — abitudine mai abbandonata e che mi ha fatto scrivere e pubblicare numerosi racconti e romanzi —, posso dire che la mia sensibilità letteraria e poetica mi spinge spesso a scrivere di arte in generale, secondo la mia sensibilità e le mie attitudini di letterata. Un’artista che parla di altri artisti, una letterata che sente con intensità il legame che unisce le più diverse forme di linguaggio artistico – narrativa, poesia, pittura, musica, balletto, teatro, scultura e via dicendo: è questo il “punto di fuga” in cui convergono le innumerevoli sollecitazioni estetiche e da cui si dipartano le mie “risposte” ad esse, le mie reazioni intellettuali ed emotive.

Nei quadri di Famà, nella loro proposta di un gioco di linee, di geometrie, di armonie ed equilibri tra le diverse figure e i loro colori estremamente raffinati e pacificanti, vibra con singolare intelligenza e raffinatezza una profonda percezione della realtà invisibile sottesa a quella visibile. Come nei miei giochi infantili, l’oggetto “giorno della settimana” si traduceva per moto spontaneo in una figura ben delineata e chiara, mi è sembrato che in questi quadri il pittore abbia voluto raffigurare una sorta di grammatica o sintassi, tra il simbolo e l’astrazione, propria al mondo delle idee e dello spirito. Come le forme visibili della natura che ci circonda hanno il loro disegno, la loro luce e i loro colori, così le leggi e i simboli del mondo spirituale e interiore si mostrano a noi attraverso le forme eleganti, calibrate e serene di Famà. L’accordo armonioso e delicato tra figure geometriche diverse che si incastonano le une nelle altre con una ieratica e solenne “amicizia” e “concordia”, si traduce in variegate composizioni colte ora nel loro equilibrio ora nelle loro fasi di transizione e metamorfosi. Ponti, vele, sezioni auree, giochi di leve che ora sembrano oscillare ora guardarti dentro l’anima con una quiete impenetrabile ed arcana, i colori così densi eppure leggeri, così uniformi e insieme dolcemente brillanti, tutto questo declina l’ispirazione pura, rarefatta ed elegante di Famà in un dialogo silenzioso e gentile con il platonico “mondo delle idee”.

Molti dei suoi dipinti evocano la trama di un cartoncino martellato, con una preziosa filigrana in rilievo. Le possibilità di lettura si rincorrono. Una sezione di broccato o di seta trapunta d’oro, carminio e polvere di perla? Una vela sospinta sul mare o la traiettoria uniforme di un uccello migratore che fende l’aria? Forse un vascello fantasma o ancora, chissà, le maniche di un kimono indossato da una geisha che tiene aperte le braccia con la grazia di un fiore? Un parasole, forse, o anche un aquilone che nuota nell’aria in una tiepida e dolce giornata di primavera?

Come nella teoria dei “frattali”, che coglie nelle più diverse forme naturali — il mondo vegetale, minerale e le molteplici conformazioni dei paesaggi — delle costanti geometriche e numeriche che si ripetono senza lasciare nulla al caso, così nei dipinti di Famà si possono cogliere le figure — i “frattali” — del mondo dell’intelletto e dello spirito. Le leggi e le dinamiche della mente universale e della mente individuale affiorano nel vasto e fluttuante mare delle apparenze e dettano al pittore una stupenda galleria di modelli. Questi modelli, nel linguaggio artistico di Famà, traducono l’essenza e la bellezza propri al logos regolatore e signore di tutte le cose; imprimono al disegno, al colore e alla composizione l’operare stesso di questo logos, nel mondo umano, terreste e divino, secondo stupende meccaniche e leggi immutabili. Se ci soffermiamo a lungo a contemplare ogni singolo quadro, abbiamo quasi l’impressione di essere trasportati all’alba della creazione, quando Dio “aleggiava sulle acque” e giocava con le leggi della futura creazione sperimentandone bellezza, potenzialità, bontà e verità. Nell’atto della creazione Dio plasmò la creta del mondo e dell’uomo secondo queste leggi e queste meccaniche, racchiudendo l’uno dentro l’altro “infiniti universi e mondi”. Da questo grembo originario in cui pullulano e fervono le regole della grammatica cosmica, Famà attinge la sua ispirazione. Alla classica pittura di paesaggio, il nostro artista affianca una nuova forma di paesaggistica dello Spirito e del Divino che raffigura in forme astratte e geometriche le leggi pure della creazione. Come esistono una biologia, una geologia e una matematica scientifiche, esistono anche una biologia, una geologia e una matematica estetiche e speculative, intellettuali e invisibili agli occhi del corpo. Il pittore ce le rende visibili, abilissimo a conservare in perfetto equilibrio la pienezza figurativa con la leggerezza imponderabile degli “oggetti” rappresentati. Che forma infatti può avere una legge fisica, un’equazione che traduce in formula i movimenti degli oggetti e la composizione della materia? Famà ci regala un campionario di proposte di alcune delle miriadi di forme possibili che, nel suo universo, aspirano a dare corpo alle leggi e alle equazioni del mondo dello Spirito. Ed è bello seguirlo in questo suo raffinato e complesso esercizio di traduzione, giocando con lui al gioco primitivo e trascendente di una creazione che si rinnova e si svela ogni giorno.

 

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