Gli alberi della nostra Regione




In questi giorni sulla stampa locale è stato riservato un piccolo spazio alla “morte per cause naturali” della quercia di Villa Bazzoni. Inizialmente sembrava fosse deceduta per incuria; poi è arrivata la smentita: nessuna trascuratezza, solo il compimento di un regolare ciclo di vita arboreo.

Gli alberi, come tutte le piante, oltre a fornirci l’ossigeno necessario per vivere, sono delle presenze che danno un tocco particolare al paesaggio e ben si prestano, con la loro vita longeva, silenziosa e segreta, ad incarnare nell’immaginario collettivo i significati arcani e sepolti dell’esistenza.

Recentemente la casa editrice Edizioni Biblioteca dell’Immagine ha pubblicato un libro che recensisce le piante più antiche del Friuli Venezia Giulia (Anna Cassarino, “Alberi maestri del Friuli Venezia Giulia”, pp. 171, euro 13,00). Leggendolo veniamo a conoscenza degli alberi più antichi della nostra provincia: il corbezzolo e il leccio di Miramare, il faggio di Pesek, il tiglio di Crogole (davanti a una piccola chiesetta barocca, tra Bagnoli e Dolina), il cerro di Basovizza, i pioppi di San Giovanni in Tuba. Rinviando al libro per notizie più dettagliate su queste piante – sottolineo che questo agile archivio del popolo verde non è una piccola enciclopedia dal taglio erudito e scientifico, ma un fluento e suggestivo racconto non privo di venature liriche -, mi piace seguire il flusso di analogie, reminescenze e impressioni che la figura dell’albero mi richiama alla memoria. Questo flusso, che caratterizza la percezione che noi abbiamo di tutto il creato – un esempio mirabile di questo incontro tra l’anima dell’uomo e le meraviglie della creazione divina sono i “Salmi”, una delle forme più alte di poesia sulla bellezza e l’armonia del cosmo -, raccoglie insieme ricordi infantili, studi, letture, meditazioni e semplici osservazioni dirette. Essendo questa rubrica un “falò” che brucia le cose inutili e conserva solo le cose preziose, anche gli alberi vi entrano a pieno titolo, essendo davvero parte assai preziosa del mondo naturale.

Chi da piccolo non ha sognato la classica casetta sull’albero? O non è rimasto affascinato nelle fiabe dagli alberi incantati in cui possono nascondersi presenze malevole come streghe, briganti e demoni, o presenze buone come fate, gnomi e geni protettori?

L’albero, allungando l’ombra delle sue fronde, dona una quiete dolcissima a parchi e giardini, ristora dalla canicola estiva, ispira il poeta con il suo linguaggio sussurrante, quando il vento scivola tra il suo fogliame. Risveglia un senso di protezione, di sicurezza, di  riposo.

Come ho già sottolineato in altre occasioni, l’albero è una delle figure simboliche che caratterrizza le culture di ogni tempo e luogo: affondando le sue radici nella terra e levando i suoi rami verso il cielo, è l’immagine ideale della condizione dell’uomo, radicato nella terra, ma slanciato verso l’alto, assediato dai demoni sotterranei e tratto verso le altezze dagli angeli di Dio. Alla fine dei tempi, come profetizza l’Apocalisse, nella Gerusalemme celeste, le anime dei giusti troveranno ristoro e riparo presso un albero che cura tutte le malattie: l’albero della Vita.

Senza divinizzare o mitizzare gli alberi e la natura in genere, è davvero un grande dono la nostra capacità di contemplarli per ciò che essi sono stati e sono, come l’intero creato, nella mente di Dio. Anch’essi sono una parola dell’immenso e stupendo poema scritto da Dio, per l’uomo, nel cielo e sulla terra: alberi, fiori, astri, albe, tramonti, mari e fiumi, tutto è parola con cui Dio ci invita a condividere con lui la gioia pura dell’essere.

Con questo stato d’animo, anche una semplice sosta pomeridiana ai piedi di un albero può diventare sia un momento di preghiera e di meditazione, sia una gratuita rigeneratrice pausa dalle fatiche quotidiane, il che è sempre buona cosa.

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