E' bastata una sentenza di un Tar nemmeno di Trieste per far cambiare idea al sindaco Dipiazza sulla concessione della "Sala matrimoni" per le unioni civili. Ma allora perché iniziare la telenovela per abbandonarla poi così presto senza combattere?

Giunta Dipiazza: marcia indietro sulla Sala matrimoni. Sprovvedutezza o incoerenza?




In politica non si fa una mossa se non si sono calcolate le mosse successive. E’ come nel gioco della dama o degli scacchi. Si chiama strategia. Iniziare un percorso e poi fermarsi davanti al primo prevedibilissimo ostacolo significa agire nell’immediato per l’immediato. E questa non è politica.

Subito dopo l’approvazione della legge Cirinnà, Vita Nuova aveva ripetutamente posto alla classe politica triestina disposta ancora a battersi per la famiglia naturale un problema serio. Come è possibile fare delle politiche comunali per la famiglia naturale dopo la legge Cirinnà senza che vadano anche a vantaggio delle unioni civili? Vita Nuova aveva anche suggerito delle indicazioni concrete, che qui non richiamo per brevità. Nessuno ha raccolto la domanda. Ora, però, davanti alla questione della “Sala matrimoni” i nodi vengono al pettine, subito e in modo assolutamente prevedibile.

La giunta che ha vinto le elezioni ha subito preso posizione netta su due temi eticamente delicati: la non concessione della cosiddetta Sala matrimoni per le unioni civili e il ritiro del Gioco del Rispetto dalle scuole comunali. Anche per questo, infatti, la maggioranza aveva ottenuto i voti che aveva ottenuto. Subito ci fu la mozione Famulari che, come ampiamente prevedibile, faceva notare che la decisione sulla Sala era in contrasto con la legge Cirinnà sulla equiparazione delle unioni civili col matrimonio. La maggioranza la respinse, ma aveva una strategia? Aveva previsto le prevedibilissime mosse successive? Era ovvio prevedere qualche ricorso al TAR, e in quel caso cosa si sarebbe fatto?

Si è arrivati così alla riunione del Consiglio comunale di lunedì scorso, quando il sindaco ha dichiarato di voler concedere la Sala matrimoni anche per le unioni civili, a seguito di una sentenza del TAR di un’altra provincia. Marcia indietro, quindi. Non c’erano altre mosse da fare? E se non c’erano perché non si era previsto che non c’erano e si è iniziato un percorso abbandonandolo poi ai primi ostacoli? Tanto valeva concederla subito la Sala se per questa decisione non si era disposti a combattere al di là delle prime scaramucce. Perfino la mozione del capogruppo della Lega di cambiare nome alla Sala, mozione che non risolveva nulla ma almeno metteva una foglia di fico sulla imbarazzante situazione, è stata respinta non solo dalla minoranza, come era logico, ma anche da ampi settori della maggioranza.

Il cittadino qualunque legge queste cose o come sprovvedutezza oppure come mancanza di coerenza. Delle due l’una: o non si è riusciti nemmeno a prevedere un ovvio ricorso al TAR, oppure ci si è assunti un impegno sapendo di abbandonarlo alla prima difficoltà, come è una sentenza di un TAR non locale

Su questi temi la nuova giunta comunale aveva annunciato un cambiamento anche con il ritiro del Gioco del Rispetto. Anche a questo proposito però c’è qualcosa da dire. Nel programma elettorale era presente l’impegno di far uscire il Comune di Trieste dalla Re.a.dy, la rete della pubblica amministrazione contro le discriminazione di genere che di fatto impone il gender nelle politiche amministrative. Questo non è ancora stato fatto e dopo la marcia indietro sulla Sala matrimoni viene da pensare che non verrà mai fatto.

 

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