Il 28 dicembre per la Chiesa è la Festa dei santi innocenti martiri. Un formidabile discorso «sulla Vita» di san Wojtyla davanti ai giovani a Denver

Giovanni Paolo II e quella «strage degli innocenti» che si compie anche oggi «davanti alla nostra stessa coscienza»




Il 28 dicembre la Chiesa celebra la Festa dei santi Innocenti martiri, «i bambini che a Betlemme di Giuda furono uccisi dall’empio re Erode, perché insieme ad essi morisse il bambino Gesù che i Magi avevano adorato, onorati come martiri fin dai primi secoli e primizia di tutti coloro che avrebbero versato il loro sangue per Dio e per l’Agnello», recita il Martirologio romano. Pubblichiamo per questa occasione la “parte seconda” del discorso pronunciato da san Giovanni Paolo II il 14 agosto del 1993 a Denver, durante la veglia di preghiera della Giornata mondiale della gioventù. Quel giorno papa Wojtyla parlò infatti di una «strage degli innocenti» di «dimensioni enormi» che viene perpetrata ancora oggi sotto lo sguardo indifferente di tutti.

 

1. A questo punto i giovani riuniti a Denver potrebbero chiedersi: cosa sta per dire il Papa sulla Vita?

Le mie parole saranno una professione della fede di Pietro, il primo Papa. Il mio messaggio non sarà diverso da quanto è stato tramandato fin dall’inizio, perché non è mio, ma è la Buona Novella di Gesù Cristo stesso.

Il Nuovo Testamento presenta Simone – che Gesù ha chiamato Pietro, la roccia – come un vigoroso, appassionato discepolo di Cristo. Ma egli ha anche dubitato e, in un momento decisivo, ha perfino negato di essere un seguace di Gesù. Eppure, nonostante queste debolezze umane, Pietro è stato il primo discepolo a fare pubblica professione di fede nel Maestro. Un giorno Gesù ha chiesto: “Voi chi dite che io sia?” e Pietro rispose: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16).

A cominciare da Pietro, il primo testimone apostolico, innumerevoli testimoni, uomini e donne, giovani e vecchi, di ogni nazione della terra, hanno proclamato la loro fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, il Redentore dell’uomo, il Signore della storia, il Principe della Pace. Come Pietro, essi hanno chiesto: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68).

Questa sera noi professiamo la stessa fede di Pietro. Noi crediamo che Gesù Cristo ha parole di Vita, e che egli dice queste parole alla Chiesa, a tutti coloro che aprono le loro menti e i loro cuori a lui con fede e fiducia.

2. “Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Gv 10,11). La nostra prima riflessione è ispirata da queste parole di Gesù nel Vangelo di San Giovanni.

Il Buon Pastore offre la vita. La morte attacca la Vita.

A livello della nostra esperienza umana, la morte è il nemico della vita. È un intruso che frustra il nostro naturale desiderio di vivere. Ciò è particolarmente evidente nel caso di una morte prematura o violenta, e soprattutto nel caso dell’uccisione di innocenti.

Non sorprende quindi che tra i Dieci Comandamenti il Signore della Vita, il Dio dell’Alleanza, abbia detto sul Monte Sinai “Non uccidere” (Es20,13 ; cf. Mt 5,21).

Le parole “non uccidere” furono scolpite sulle tavole dell’Alleanza – sulle tavole di pietra della Legge. Ma, ancor prima, questa legge era scolpitanel cuore umano, nel santuario di ciascuna coscienza individuale. Nella Bibbia, il primo a sperimentare la forza di questa legge fu Caino, che uccise suo fratello Abele. Immediatamente dopo questo terribile crimine, egli avvertì tutto il fardello dell’aver infranto il comandamento di non uccidere. Anche se cercò di sfuggire alla verità dicendo: “Sono forse il guardiano di mio fratello?” (Gen 4,9 ), la voce interiore continuava a ripetergli: “Sei un assassino“. La voce era la sua coscienza, e non poteva essere messa a tacere.

3. Con il tempo, le minacce contro la vita non vengono meno. Esse, al contrario, assumono delle dimensioni enormi. Non si tratta soltanto di minacce provenienti dall’esterno, di forze della natura o dei “Caino” che assassinano gli “Abele”; no, si tratta di minacce programmate in maniera scientifica e sistematica.

Il ventesimo secolo verrà considerato un’epoca di attacchi massicci contro la vita, un’interminabile serie di guerre e un massacro permanente di vite umane innocenti. I falsi profeti e i falsi maestri hanno conosciuto il maggior successo possibile.

Allo stesso modo, dei falsi modelli di progresso hanno portato a mettere in pericolo l’equilibrio ecologico della terra. L’uomo, fatto a immagine e somiglianza del Creatore – era chiamato ad essere il buon pastore dell’ambiente, contesto della sua esistenza e della sua vita. È il compito che ha ricevuto da molto tempo e che la famiglia umana ha assunto non senza successo lungo tutta la sua storia, fino a un’epoca recente, in cui l’uomo è divenuto egli stesso il distruttore del suo ambiente naturale. Questo è già avvenuto in alcuni luoghi, dove si sta compiendo.

Ma c’è dell’altro. Assistiamo anche alla diffusione di una mentalità di lotta contro la vita – un atteggiamento di ostilità vero la vita nel seno materno e verso la vita nelle sue ultime fasi. È nel momento in cui la scienza e la medicina riescono ad avere una maggiore capacità di vegliare sulla salute e sulla vita, che, per l’appunto, le minacce contro la vita si fanno più insidiose. L’aborto e l’eutanasia – omicidio vero e proprio di un autentico essere umano – vengono rivendicati come dei “diritti” e delle soluzioni a dei “problemi”, problemi individuali o problemi della società. La strage degli innocenti non è un atto meno peccaminoso o meno distruttivo solo perché viene compiuto in modo legale o scientifico. Nelle metropoli moderne, la vita – primo dono di Dio e diritto fondamentale di ogni individuo, base di tutti gli altri diritti – è spesso trattata tutt’al più come una merce da organizzare, da commercializzare e da manipolare a proprio piacimento.

Tutto questo avviene mentre Cristo il Buon Pastore, vuole che noi abbiamo la vita. Egli conosce ciò che minaccia la vita; sa riconoscere il lupo che arriva per rapire e disperdere le pecore. Egli sa individuare quanti tentano di entrare nel gregge, ma sono ladri e mercenari (cf. Gv 10,1 . 13). Si accorge di quanti giovani dissipano la loro esistenza fuggendo nell’irresponsabilità e nella falsità. Droga, abuso di sostanze alcoliche, pornografia e disordine sessuale, violenza: ecco alcuni gravi problemi che richiedono una seria risposta dalla società intera, in ogni Paese e a livello internazionale. Ma essi sono anche tragedie personali da affrontare con atti concreti interpersonali di amore e di solidarietà, grazie ad un grande rinnovamento della propria responsabilità personale davanti a Dio, davanti agli altri e davanti alla nostra stessa coscienza. Siamo i custodi dei nostri fratelli! (cf. Gen 4,9).

4. Perché le coscienze dei giovani non si ribellano a questa situazione, soprattutto al male morale che deriva dalle scelte personali? Perché tanti si adagiano in atteggiamenti e comportamenti che offendono la dignità umana e deturpano l’immagine di Dio in noi? Sarebbe normale che la coscienza individuasse il pericolo mortale per l’individuo e per l’umanità racchiuso nella facile accettazione del male e del peccato.

Eppure non è sempre così. È forse perché la stessa coscienza sta perdendo la facoltà di distinguere il bene dal male?

In una cultura tecnologica in cui i popoli sono abituati a dominare la materia, scoprendo le sue leggi e i suoi meccanismi al fine di trasformarla secondo la propria volontà, sorge il pericolo di voler anche manipolare la coscienza e le sue esigenze. In una cultura che sostiene che nessuna verità universalmente valida è possibile, nulla è assoluto. Perciò, alla fine – dicono – la bontà oggettiva e il male non hanno più importanza. Bene significa ciò che è piacevole o utile in un momento particolare.

Male significa ciò che contraddice i nostri desideri soggettivi. Ogni persona può costruirsi un sistema privato di valori.

Cari giovani, non cedete a questa diffusa falsa moralità. Non soffocate la vostra coscienza! La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio (cf. Gaudium et spes, 16). “Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire” (Ivi). Questa legge non è una legge umana esteriore, bensì la voce di Dio, che ci chiama a liberarci dalla morsa di desideri malvagi e dal peccato, e ci stimola a cercare ciò che è buono e vero. Solo ascoltando la voce di Dio nel nostro intimo, e agendo in conformità alle sue direttive, raggiungerete la libertà a cui anelate. Come ha detto Gesù, solo la verità vi farà liberi (cf. Gv 8,32). E la verità non è il frutto dell’immaginazione di ciascun individuo. Dio vi ha dato l’intelligenza per conoscere la verità, e la volontà di raggiungere ciò che è moralmente buono. Vi ha dato la luce della coscienza per guidare le vostre decisioni morali, per amare il bene ed evitare il male. La verità morale è oggettiva, e una coscienza adeguatamente formata può percepirla.

Ma se la stessa coscienza è stata corrotta, come può sanarsi? Se la coscienza – che è luce – non illumina più, come possiamo vincere il buio morale? Gesù dice: “La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!” ( Mt 6,22-23).

Ma Gesù dice anche: “Io sono la luce del mondo: chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” ( Gv 8,12 ). Se seguite Cristo restituirete alla coscienza il suo giusto posto e il ruolo che le è proprio, e sarete la luce del mondo, il sale della terra (cf. Mt 5,13).

Una rinascita della coscienza deve venire da due sorgenti: innanzitutto, lo sforzo di conoscere con certezza la verità oggettiva, compresa la verità su Dio; e in secondo luogo, la luce della fede in Gesù Cristo, che solo ha parole di vita.

6. Con lo splendido scenario delle montagne del Colorado, con la sua aria pura che infonde pace e serenità alla natura, l’anima si innalza spontaneamente per cantare la lode del Creatore: “O Signore, nostro Dio, quanto grande è il tuo nome su tutta la terra” (Sal 8,2).

Giovani pellegrini, il mondo visibile è come una mappa che mostra il cielo, la dimora eterna del Dio vivente. Impariamo a vedere il Creatore contemplando la bellezza delle sue creature. In questo mondo risplendono la bontà, la saggezza e il potere onnipotente di Dio. E l’intelligenza umana anche dopo il peccato originale – che non è stata offuscata dall’errore o dalla passione – può scoprire la mano dell’Artista nelle opere meravigliose che ha compiuto. La ragione può conoscere Dio per mezzo del libro della natura: un Dio personale, infinitamente buono, saggio, potente ed eterno, che trascende il mondo e, nello stesso tempo, è presente nel più intimo delle sue creature. San Paolo scrive: “Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità” (Rm 1,20).

Gesù ci ha insegnato a vedere la mano del Padre nella bellezza dei gigli del campo, negli uccelli del cielo, nella notte stellata, nei campi pronti per il raccolto, nei visi dei bambini e nelle necessità del povero e dell’umile. Se osservate l’universo con cuore puro, anche voi vedrete il volto di Dio (cf. Mt 5,8), perché rivela il mistero dell’amore provvidenziale del Padre.

I giovani sono particolarmente sensibili alla bellezza della natura e la sua contemplazione li ispira spiritualmente. Tuttavia deve essere una contemplazione autentica. Una contemplazione che non riveli il volto di un Padre personale, intelligente, libero e amoroso, ma che giunga solamente alla figura oscura di una divinità impersonale o di una forza cosmica, non è sufficiente. Non dobbiamo confondere il Creatore con la sua creazione.

La creatura non ha vita per sé stessa ma per mezzo di Dio. Nello scoprire la grandezza di Dio, l’uomo scopre la posizione unica che occupa nel mondo visibile: “Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi” ( Sal 8,6-7). Sì, la contemplazione della natura non solo rivela il Creatore, ma anche il ruolo dell’essere umano nel mondo che ha creato. Con fede, rivela la grandezza della nostra dignità come esseri creati a sua immagine.

Per avere la vita e averla in abbondanza, per ristabilire l’armonia originale della creazione, dobbiamo rispettare questa immagine divina in tutta la creazione e, in modo particolare, nella stessa vita umana.

7. Quando la luce della fede penetra questa consapevolezza naturale, noi raggiungiamo una nuova certezza. Le parole di Cristo risuonano in piena verità: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.

Contro tutte le forze della morte, nonostante tutti i falsi maestri, Gesù Cristo continua a offrire all’umanità l’unica vera e realistica speranza. Egli è il vero Pastore del mondo. E questo perché lui e il Padre sono una cosa sola (cf. Gv 17,22). Nella sua divinità egli è una cosa sola col Padre; nella sua umanità egli è una cosa sola con noi.

Poiché ha assunto su di sé la nostra condizione umana. Gesù Cristo può trasmettere a tutti coloro che sono uniti a lui nel Battesimo la Vita che ha in sé. E poiché nella Trinità Vita è Amore, il vero amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo che ci è stato donato (cf.Rm 5,5). La Vita e l’amore sono inseparabili: l’amore di Dio per noi, e l’amore che noi offriamo a nostra volta – amore di Dio e amore per ogni fratello e sorella.

di san Giovanni Paolo II

Fonte: http://www.tempi.it

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