Le ordinazioni sacerdotali: occasione favorevole per riscoprire la vera identità del prete e della Chiesa

“Funzionari di Dio” o fratelli nella Fede?




Tra pochi giorni nella nostra Diocesi ci saranno due ordinazioni diaconali e una presbiterale. Le sacre Ordinazioni , specie in questi ultimi anni sono diventate un po’ un appuntamento fisso, come le prime comunioni e le cresime, che ogni anno capitano nel ritmo del tempo liturgico. Come ogni cosa che si ripete però rischia di essere data per scontata, come un avvenimento che lascia il tempo che trova…

In questo articolo, vorrei con voi invece riflettere un po’ per domandarci cosa significa questo appuntamento per la nostra identità di cristiani e di Chiesa.

Chi è il prete?

Certamente mai come in questo periodo la sua identità è stata messa in discussione… ci sono tante attese su di lui ma anche moltissimi pregiudizi. Non parlo del mondo che non crede, parlo già delle “visioni” che ha la stessa comunità cristiana della figura del prete.

Se dovessi domandare anche ai genitori cristiani che vanno in Chiesa ogni domenica, quelli che non mancano mai a fare la comunione e sono impegnati in parrocchia: “ma se tuo figlio si facesse prete saresti contento?” non so quanti mi risponderebbero con verità in modo affermativo.

E questa è la prima grande contraddizione delle nostre comunità, ogni volta che facciamo le ordinazioni. Festeggiamo gli ordinati, ringraziamo il Signore per il dono del Sacerdozio, ma, sotto sotto, neppure chi dice di avere una fede “praticata” spesso crede fino in fondo che la vita del prete è una vita “bella, buona e felice”, o comunque augurabile a suo figlio. E’ una vera e propria “schizofrenia” ecclesiale.

Sessanta, settant’anni fa la figura del prete era come “codificata”: era l’uomo del sacro, che amministrava i Sacramenti e faceva le opere sociali che a volte lo Stato non garantiva. Dentro la sua veste nera il prete era un ruolo sociale ben chiaro, quasi un’unità di un ordine gerarchico prestabilito: la sua immagine lo proteggeva e ciò che gli veniva chiesto era molto chiaro. Certo, non mancavano le persecuzioni, ma appunto legate proprio al “ruolo” di cui egli era chiaramente un rappresentante.

Oggi rispondere alla domanda “chi è il prete?” è molto più complicato.

Potremmo farlo ora: è l’ultimo ingranaggio di un sistema ecclesiale che in occidente sta ormai facendo acqua da tutte le parti? E’ il “funzionario di Dio” che viene chiamato per benedire o amministrare i Sacramenti “tappando i buchi” in una parrocchia? E’ un animatore del tempo estivo dei ragazzi e giovani? E’ un educatore che lavora in rete con le agenzie del territorio?

Quante maschere, quante attese, quante incombenze contradditorie pesano sul prete. Tutte queste “maschere” non definiscono l’identità del prete, anzi non fanno altro che confonderla e indebolirla. E le cose che abbiamo descritto, le cose che “fa” il prete sono tutte cose bellissime, ma secondarie.

Infatti, i tre che il Vescovo ordinerà il 25 giugno innanzitutto persone, uomini. E credenti.

La prima identità che il prete non deve smarrire è quella di essere un uomo e un credente. Un uomo che appartiene a Gesù e solo a Lui, in forza del Battesimo e dell’Ordinazione. E la Chiesa deve aiutare questi suoi figli a ritrovare ogni giorno questa loro vocazione. Ecco che allora la Chiesa è molto importante nella definizione dell’identità del sacerdote.

Il prete viene ordinato per la comunità, ma la comunità deve custodire il sacerdote. Ne deve diventare responsabile. Ecco perché l’identità del prete si costruisce in modo non patologico, quando le relazioni nella nostra Chiesa sono sane.

Quanti preti sono stati “mangiati” e “rovinati” dalla comunità. Io non so se ci rendiamo conto che un giorno Dio chiederà conto ai preti delle comunità che hanno servito, ma anche chiederà conto alle comunità di cosa ne hanno fatto dei preti che Cristo ha inviato loro…

Siamo Chiesa perché tutti dobbiamo aiutarci, come un grande cammino che si fa insieme, come una cordata in montagna, a crescere nel nostro amore a Cristo. Le comunità non devono vedere nel prete come un essere “da spremere”, ma devono diventarne corresponsabili nella fede.

Allora la figura del prete non sarà più quella di un “orso solitario” e “fuori dal mondo e fuori dal tempo”, che nessuno vorrebbe per suo figlio.

Sarà la figura di un fratello che accompagna altri fratelli nel cammino verso il Signore, che testimonia con la vita che è bello (anche se faticoso) vivere per Lui. Perché Lui ci vuole felici e non è venuto a rovinarci la vita, ma a rendercela sovrabbondante.

Dobbiamo essere custodi di questa nuova identità del prete.

Il prete del terzo millennio ( come ce lo descrive continuamente il Santo Padre ) dovrà essere un uomo di comunione, che vive un legame forte con il Vescovo e con il presbiterio, magari nella vita comune con altri preti e un credente capace di ritrovare per sé e per la comunità spazi di preghiera, formazione e discernimento e anche di riposo. Un uomo chiamato a fare scelte, a dire anche dei “no” e a non lasciarsi “succhiare” dalle mille attese, spesso inutili, delle nostre comunità.

Un prete che edifica la Chiesa con i laici e non senza laici.

Ma non laici pettegoli, invidiosi, oppressivi… laici sani… che non portano in parrocchia le patologie che hanno dentro di sé, opprimendo altri con le loro “magagne”, ma che le risolvono facendosi aiutare e sapendo mettersi sempre in discussione, anche disposti a “lasciare la poltrona” se è meglio per il proprio bene e per quello degli altri.

Credo infatti a una Chiesa di laici e preti che hanno risolto nel Vangelo le loro fragilità e non usano la parrocchia per diventare detentori di un potere, opprimendo gli altri con le loro pretese e la loro “violenza”. Laici e preti che non confondono il servizio con il potere. Laici e preti che “lavano i piedi” come Gesù nell’ultima cena e stanno all’ultimo posto se serve, perché quello è il posto che si è preso Cristo.

Per questo le Ordinazioni che il Signore ci regala ancora a fine mese ci devono portare a un interrogativo: le nostre comunità cristiane sono degne di così grande dono? Sapranno custodire senza rovinare un dono grande come la vita e la fede di questi tre uomini?

Viviamo questi giorni che ci separano alle Ordinazioni pregando in modo forte per questi tre “uomini di Dio”. Chiediamo al Signore che sappiamo, in questa fase di grandi cambiamenti anche nella Chiesa, capire quale sogno ha Dio sulla nostra terra triestina. E fa’ che come Chiesa sappiamo sentirci responsabili dei nostri preti.

Chiediamo al Signore che sappiamo amarli un po’ di più… senza accondiscendere a compromessi, ma sempre tramutando le nostre critiche in preghiera per loro e magari in una sana correzione fraterna.

Non è facile per nessuno vivere, e neppure per il prete. Tutti abbiamo bisogno di tutti… E soprattutto abbiamo bisogno di Dio, che in ultima analisi è il Senso e il Fine di ogni nostra azione e il donatore di ogni Grazia che viene dal cielo.

Si cerca un prete che non sia un funzionario
né un animatore sociale,
ma un fratello nella fede
e un innamorato di Cristo.
Si cerca un prete per la Chiesa di Dio.

Don Pier Emilio Salvadè , vicario generale

 

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