Cosa ci fa una sindacalista rappresentante dei tessili alla guida della pubblica istruzione italiana? La spiegazione, purtroppo, c'è.

E il Grande Prestigiatore tirò fuori dal cilindro Valeria Fedeli




Valeria Fedeli è il nuovo ministro della pubblica istruzione del governo Gentiloni. E’, come si sa, l’unica faccia nuova perché tutti gli altri ministri sono gli stessi del governo Renzi. Chi è?

E’ senz’altro vero che non è detto che un professore universitario sia per ciò stesso un buon ministro della pubblica istruzione. Però è altrettanto vero che una rappresentante sindacale dei tessili non ha molte credenziali attendibili per svolgere quel ruolo. Almeno la Giannini era rettore di una università. Ha fatto molti danni, ma almeno li ha fatti con le competenze necessarie per farli. Ma questa Fedeli, stando alla carta, non sembra avere nemmeno quelle. Uno può dire: meglio, così farà meno danni. Può essere vero, ma anche no. Valeria Fedeli, all’origine del suo impegno sociale e politico, è stata rappresentante per la Cgil delle insegnanti di scuola materna a Milano. Poi si è trasferita a Roma, dove ha rappresentato il pubblico impiego e i tessili, naturalmente senza essere né dipendente pubblica né lavoratrice tessile, per questo basta essere sindacalisti.

Come mai, allora, le è stato affidato il Ministero della pubblica istruzione? Non ha una laurea in materia, non ha pubblicato uno straccio di libro su problemi educativi o scolastici o di assetto istituzionale della scuola pubblica, si è dedicata per una vita ai problemi sindacali del pubblico impiego e dei tessili, è stata poi proiettata in Parlamento dalla base elettorale della Cgil, perché non la si è lasciata a fare la Vicepresidente della Camera e la si è messa invece sulla sedia più alta del ministero di Viale Trastevere?

Il motivo non può essere che politico o, meglio ancora, ideologico. Una nomina politica è piuttosto quella della Finocchiaro, perché porta dalla parte di Renzi una figura storica del partito togliendola a D’Alema e Bersani. Ma per la Fedeli il motivo non può essere che ideologico, ossia il suo aspetto di simbolo dei “nuovi diritti civili” che si è conquistato come prima firmataria del disegno di legge che porta il suo nome, il n. 1680 dal titolo “Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università” del 18 novembre 2014.

La Cirinnà è stato il primo passo. Ora arriva la Fedeli e poi toccherà a Scalfarotto, prevedibilmente prossimo ministro della Giustizia. Sull’esito del No al referendum, voglia o non voglia, poco o tanto, ha influito anche il voto del popolo del Family Day: “Ci ricorderemo!”. Massimo Gandolfini ha girato l’Italia a promuovere il No. Ora anche Renzi se l’è ricordato e la Fedeli all’istruzione è la sua vendetta. Così la prossima volta imparano a contraddire. Il che, a ben vedere, è l’atteggiamento verso tutti coloro che hanno votato No: avete disturbato il manovratore ed eccovi accontentati: un governo uguale a quello di prima con in più Valeria Fedeli. Renzi, intanto, sistema Bersani, D’Alema e Speranza al congresso del partito e poi torna.

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