Divorzio sprint: addio ai diritti dei figli




Se è un metodo studiato a tavolino, funziona. Sui temi eticamente sensibili si solleva clamore mediatico su un provvedimento che non c’è, esplodono discussioni e polemiche, e intanto si approvano – grazie alla minore attenzione – ulteriori contributi alla frantumazione della famiglia. Ieri e ieri l’altro, mentre su giornali e tg si discettava di unioni civili, la Commissione Giustizia del Senato ha approvato la legge di conversione del decreto cosiddetto “taglia-liti”, che trasforma il matrimonio in un contratto di natura privatistica. Ne abbiamo illustrato i contenuti nelle settimane passate: con le nuove disposizioni la separazione e il divorzio vengono decisi sull’accordo delle parti davanti a un avvocato o a un impiegato del Comune, invece che andando al presidente del Tribunale. 

L’approvazione in Commissione è formalmente il primo passo; sarà seguita dal voto dell’Aula del Senato e quindi dall’esame della Camera. Come è accaduto per il disegno legge sulla droga, i tempi stretti della conversione in legge fanno prevedere che il testo uscito dalla Commissione Giustizia in prima lettura sarà quello definitivo: magari col voto di fiducia dell’Aula del Senato e trasformando in un semplice visto di conformità il passaggio da Montecitorio.

È un testo che, se possibile, peggiora quello uscito dal Consiglio dei ministri. Con gli emendamenti presentati dal relatore del provvedimento, il sen. Cucca (Pd), e votati dalla Commissione, si potrà fare a meno dell’udienza dal presidente del Tribunale, o dal giudice delegato, non solo quando i coniugi non hanno figli o hanno figli maggiorenni, come era nella versione originaria del decreto, ma pure quando ci sono figli minori o con handicap. La cautela che accompagna questa estensione è costituita dalla previsione che il verbale sia redatto da almeno un avvocato per coniuge e che sia trasmesso al pubblico ministero: se costui riterrà gli interessi del minore non tutelati dall’accordo raggiunto chiederà che il giudice convochi i coniugi davanti a sé. 

Si tratta di una cautela che nella gran parte dei casi resterà virtuale: è vero che il pubblico ministero ha da sempre una limitata sfera di competenza in alcune questioni civili, ma è altrettanto vero che normalmente fa dell’altro; sì che è facile prevedere che ben pochi verbali di negoziazione perverranno sul tavolo del giudice. Quando queste norme si salderanno a quelle, già approvate alla Camera e pendenti al Senato, sull’abbreviazione dei termini per il divorzio, quest’ultimo sarà ridotta a una pratica rapida, con l’iniziativa privata ampiamente sostitutiva del vaglio giurisdizionale.  

Ieri si è avviato il dibattito nell’Aula del Senato: la maggioranza che sostiene il governo ha respinto in modo compatto – Ncd incluso – le pregiudiziali proposte da Lega, Forza Italia e M5S. Nella discussione forti critiche alla nuova disciplina di separazione e divorzio sono state espresse, sul piano tecnico dal senatore Caliendo (Fi), nel merito dai senatori Falanga e Gasparri (Fi) ma anche dal sen. Di Biagio (PI) e dalla senatrice Stefani (Lega). Il sen. Giovanardi (Ncd) ha invece confermato le riserve già espresse sull’uso del decreto legge, ma dal tenore dell’intervento è certo che lo voterà.

I Senatori di Ncd, infatti, ritengono che il compromesso raggiunto migliori sensibilmente il testo. Prima di tutto, osservano, “è stata introdotta la necessità di almeno un avvocato per parte nella negoziazione assistita in modo da garantire la piena rappresentazione degli interessi delle parti senza che una possa prevalere sull’altra”. Poi, “è introdotta la necessaria funzione del Pm quale strumento di garanzia pubblicistica per la famiglia che, in aggiunta agli avvocati, dovrà garantire la legittimità della procedura, quindi la libera determinazione dei coniugi nel giungere alla convenzione mediante negoziazione assistita, nonché di tutelare le ragioni dei figli minori, ovvero maggiorenni se portatori di handicap, incapaci o economicamente non autosufficienti. Ciò con l’ulteriore aggiunta costituita dal possibile intervento del Presidente del Tribunale nel caso in cui il pubblico ministero non ritenga di autorizzare la procedura”. Terzo, sottolineano, “nel caso di accordo consensuale dei coniugi senza figli è stato identificato nel sindaco l’ufficiale dello stato civile che deve garantire – come nei casi di celebrazione  – la rilevanza pubblicistica del matrimonio e di conseguenza delle procedure mirate alla separazione, alla cessazione degli effetti civili, al suo scioglimento o alla modifica delle condizioni di separazione o divorzio”. Queste sarebbero le ragioni dell’ottimismo dei senatori dell’Ncd.

Eppure, come abbiamo visto, questa è l’ulteriore picconata alla famiglia fondata sul matrimonio e viene spacciata per snellimento del carico giudiziario. Ma chi permetterà a queste norme di diventare legge almeno limiti l’ipocrisia: tutti sanno che l’arretrato giudiziario non dipende dalle cause di separazione e di divorzio. Privatizzare queste ultime, perfino quando ci sono figli minori o disabili, corrisponde esclusivamente a un dato ideologico. Quello secondo cui il matrimonio e la famiglia contano quanto i coniugi vogliono, senza che nessuno provi a sindacare: come per un qualsiasi contratto di somministrazione. Come una merce.

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