Dittatura finanziaria




“L’euro è stato un errore”. Quando questa frase viene pronunciata da un populista qualunque è facilmente screditabile, ma quando a dirla è un premio Nobel per l’economia, rimbomba rumorosamente dalle sale di Montecitorio fino a Bruxelles, facendo sussultare gli eurofili. Oliver Hart, professore di Economia alla Harvard University, aggiungendosi ad altri sei premi Nobel anti-euro, ha concesso all’agenzia di stampa spagnola EFE un’intervista, nella quale afferma che “l’Unione Europea dovrebbe avviare un processo di decentramento che restituisca ai Paesi membri spazi di manovra. Forse l’Ue si è spinta troppo oltre nel centralizzare il potere. Se abbandona questa tendenza, l’Unione europea può sopravvivere e prosperare, ma in caso contrario potrebbe fallire”. Queste parole potrebbero far riflettere tutti gli eurofili, i quali, come dice il giovane filosofo Diego Fusaro, sono “vittime della sindrome di Stoccolma”: infatti, come gli ostaggi che, in mano ai sequestratori, tramite un processo inconscio finivano per simpatizzare con gli stessi, essi continuano a venerare l’euro, senza prendere in considerazione una possibile realtà al di fuori di esso. Inoltre, il premio Nobel Oliver Hart afferma che “i singoli Stati europei non sono sufficientemente omogenei per costituire una identità sola”, pertanto non è possibile pretendere che le economie di paesi totalmente diversi, vadano di pari passo.
Citando di nuovo l’intellettuale dissidente Diego Fusaro, “l’Europa è un progetto assassino”, una definizione che d’altronde non sembra del tutto fuori luogo se si analizzano le conseguenze che l’euro ha portato per il popolo greco, impoverito grazie all’austerity, sotto lo sguardo impassibile della troika. I provvedimenti imposti dall’Europa alla Grecia hanno avuto l’effetto di ridurre il numero dei posti di lavoro, danneggiare il sistema sanitario nazionale, creando profonde riduzioni salariali, contribuendo ad un aumento dei suicidi del 35% in 3 anni. Il tutto in spregio alla democrazia, poichè il risultato del referendum consultivo del 5 luglio 2015 è stato volontariamente ignorato, sottoponendo il popolo greco ad una vera e propria dittatura finanziaria nonostante esso l’avesse radicalmente rifiutata con il 61% dei voti.
Anche la situazione italiana risulta paradossale: siamo stati obbligati ad entrare nell’euro senza alcun referendum popolare, tramite un governo di centro-sinistra legato all’alta finanza (Bilderberg), che ha illuso la popolazione con false promesse: “lavorerete un giorno di meno e guadagnerete come se lavoraste un giorno in più”. E’ pertanto legittimo da parte del popolo italiano sentirsi defraudato da politici, che fra il 2001 e il 2002 hanno favorito l’entrata dell’Italia in un sistema finanziario in cui è il capitale a guidare le decisioni politiche degli Stati, annichilendo qualsiasi ideale di democrazia.
La strategia messa in atto dagli ideatori dell’euro è evidente: togliere sovranità nazionale agli Stati. Temere le conseguenze che si avrebbero uscendo dall’euro non è razionale: d’altronde, tutti i mali che si predicano in riferimento all’uscita da questa moneta unica, stanno avvenendo nel mentre in cui si resta all’interno di essa. Dunque alle prossime elezioni, se il popolo italiano avrà l’accortezza di ricordare quale schieramento politico ci ha fatto entrare in questo sistema monetario fallimentare, avrà il dovere di votare il partito il cui obiettivo primario sarà quello di riconquistare la sovranità monetaria persa, e fondare una politica monetaria, un ministero del Tesoro e una Banca Centrale appartenenti allo Stato italiano. Solo allora ci sarà la possibilità di uscire fuori dall’euro con i minori danni possibili.
di Gabriele Giansante
Fonte: http://www.campariedemaistre.com

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