Due settimane intense nell’Est dell’Europa più povero per accendere una speranza nel cuore dei più dimenticati. Sentiamo da don Mario De Stefano un bilancio di questa esperienza missionaria giovanile, realizzata per il secondo anno.

Dalla Moldavia con amore




Due settimane intense nell’Est dell’Europa più povero, per accendere una speranza nel cuore dei più dimenticati. Un sorriso che si ridesta sui volti di bambini che giocano in una terra polverosa, sotto il cocente sole d’estate. Una Chiesa, la nostra, che vive la missionarietà verso le periferie di una umanità che ha ancora vivo il senso della gratitudine e il gusto delle cose semplici. Così si può riassumere l’opera che ha visto i giovani triestini, per la seconda volta, in Moldova.  Iniziativa nata nel 2011 da una intuizione del nostro Arcivescovo, mons. Giampaolo Crepaldi, a seguito di alcune giornate di studio sulla Dottrina sociale della Chiesa in quel Paese dell’Europa orientale, a cuscinetto tra la Romania e l’Ucraina. A portare avanti, con passione e criterio, il testimone della carità è don Mario De Stefano che ha organizzato, da tempo a questa parte, la missione in Moldova, facendo riferimento alla Fondazione Regina Pacis e coinvolgendo persone buone e generose che hanno creduto in questa proposta ecclesiale.

A don Mario, rientrato anche lui contagiato dal sorriso del popolo moldavo, Vita Nuova chiede di presentare la sua esperienza.

Don Mario, ancora una volta in Moldova….

Sì, anche questo anno con un gruppo di giovani triestini, e non solo, abbiamo vissuto una bella esperienza in Moldova. In particolare nel villaggio di Varvareuca, nella regione di Floresti a Nord del Paese. Lì ci siamo fermati poco più di dieci giorni, sempre accolti nella struttura eretta dalla Fondazione Regina Pacis, che è parte viva del nostro progetto. Abbiamo svolto un programma di animazione, cosi come avviene nel periodo estivo nelle nostre parrocchie oppure negli oratori. Certamente abbiamo coinvolto e “sconvolto” il paese, siamo entrati nelle loro case, abbiamo conosciuto tutto di loro, fino ad essere amici e vivere il distacco a volte con grande fatica.

Quanti eravate?

Oltre me, sono stati presenti sei seminaristi, due giovani della provincia di Treviso e due giovani di Trieste. Un bel gruppo, molto affiatato e soprattutto responsabile e disponibile. Due di loro erano alla seconda esperienza, per cui già di casa e conoscitori dell’ambiente, come me. Per gli altri si è trattato della prima volta, per cui l’impatto con il contesto ambientale e soprattutto con i bambini e la povertà del villaggio non è stato facile. Infatti, alla partenza i volti tristi, e in parte preoccupati, erano proprio quelli dei “nostri” giovani, ormai coinvolti nel progetto. Volti ricchi di speranza erano invece quelli dei ragazzi di Varvareuca, interessati a sapere quando saremmo rientrati e felicissimi di rivedere alcuni di noi. Nella capitale, Chisinau, abbiamo anche avuto la possibilità di conoscere i ragazzi ospiti del “Cenacolo” e la comunità italiana, con la quale abbiamo potuto condividere momenti di gioia e di preghiera e che mi sento di ringraziare per l’affetto che ancora una volta hanno dimostrato verso i nostri giovani e nei miei confronti.

Ma dov’è il valore di questa presenza di volontariato in Moldova? Perché è importante per la nostra Chiesa triestina?

Il valore sta nella presenza, nelle persone, in quello che fai o doni, nella disponibilità interiore a comprendere che questo tipo di volontariato è un “insieme” nel dare e ricevere, perché rientrati a Trieste bisogna saper valorizzare il bagaglio esperienziale ed emotivo acquisito, attraverso quello che sei o fai realmente, seminarista o prete, studente, lavoratore o buon cristiano. Ritengo comunque che tutto questo sia un grande dono per la nostra Chiesa diocesana, che in questo progetto trae forza per la sua stessa missionarietà. I nostri giovani sono andati oltre i loro ambienti consueti, il seminario ed altro, per conoscere la “periferia”, cioè quella realtà pastorale indicata da Papa Francesco come luogo autentico per toccare la carne di Cristo che è nei poveri. Personalmente ritengo che sia un’esperienza di Chiesa molto forte  e importante al pari di tante altre che vengono realizzate nella nostra Diocesi.

Allora la Moldova è una terra di missione?

Preferisco invertire i termini e dire che la missione è in Moldova, ma anche in tutti i luoghi dove la carità ci interpella, dove fede e speranza devono rappresentare una vera rivoluzione interiore per crescere sotto l’aspetto umano e cristiano. In Moldova c’è una Chiesa locale molto impegnata, un Vescovo, un clero proveniente da più Paesi d’Europa, una pastorale molto attenta ai problemi della gente e soprattutto dei più poveri. Noi, come Chiesa di Trieste, ci siamo messi accanto a loro, siamo divenuti ormai loro compagni di viaggio. Soprattutto siamo accanto alla Fondazione Regina Pacis, che è una struttura ecclesiale, fortemente impegnata con i bambini, gli anziani, i carcerati, le donne vittime di violenza e sfruttamento, i migranti. Sono molto apprezzati e stimati per l’opera che svolgono in Moldova. Abbiamo visto quello che fanno e posso testimoniare il loro impegno all’ombra della Provvidenza divina.

Il futuro quale sarà? Altri obiettivi?

Il futuro è la missione in Moldova, cioè una presenza accanto agli ultimi, in continuità con quanto fino ad ora svolto. Ovviamente sempre sotto la guida del nostro Arcivescovo, il cui incoraggiamento ci ha dato la forza di andare e guardare avanti, credendo in un percorso il cui bene, anche personale, lo stiamo scoprendo giorno dopo giorno. Cresce l’attenzione, la sensibilità, la conoscenza, l’amicizia. Cresce la passione per gli ultimi, da Trieste alla Moldova e dalla Moldova a Trieste. Cresce una Chiesa, come ha detto Papa Francesco, che sa stare agli incroci delle strade dove gli uomini si incontrano e a loro bisogna dare il pane del Vangelo ed il pane della carità. Questo hanno volute fare i volontari appena rientrati da Varvareuca, ai quali lasciatemi dire: grazie, grazie e ancora grazie, per aver sopportato e supportato questo povero prete, ma soprattutto perché siete stati stupendi con chi a noi chiedeva un sorriso. Sarà il buon Dio a ricompensare la vostra passione per gli ultimi.

Una risposta a “Dalla Moldavia con amore”

  1. sara ha detto:

    gli ultimi saranno i primi……..

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