Occorre che sappiano anche perché e come devono assumere una posizione sulla scena pubblica in difesa della famiglia

Cosa deve tenere presente un cattolico sulle unioni civili




Oltre ai motivi di ragione per dire no e opporsi al disegno di legge sulle unioni civili, vi sono specifici motivi di fede che chiamano in causa e interpellano ogni singolo cattolico, sia esso un laico o un chierico.

I cattolici che hanno perduto la battaglia del divorzio, quella dell’aborto e pareggiato quella sulla procreazione medicalmente assistita non possono permettersi, per motivi di coscienza, di perdere anche le prossime, cioè quella imminente sulle unioni civili, la prossima sull’utero in affitto, la successiva sulla liberalizzazione delle droghe e la ventura sull’eutanasia.

Tra la silente ambiguità di parte della gerarchia ecclesiastica e l’immobilismo quasi totale di diocesi e parrocchie a cui si contrappone l’animazione e il fermento del movimentismo laico, sembra che i cattolici siano quasi del tutto assenti dal dibattito culturale, politico e giuridico sulle unioni civili.

Occorre, invece, non solo che prendano posizione, ma che sappiano anche perché e come devono assumere una posizione sulla scena pubblica in difesa della famiglia contro le aberrazioni del mondo secolarizzato odierno che la vuole precipitare in un coacervo di insensatezze e strabismi giuridici.

Si devono distinguere a tal fine motivi generali e motivi particolari.

I motivi generali devono sempre essere tenuti nella massima considerazione poiché orientano e devono orientare l’attività del cattolico in questa delicata epoca storica.

In primo luogo: da cattolici bisogna opporsi alle unioni civili in quanto è il mondo che si deve adeguare alla Chiesa e non la Chiesa al mondo, per due ordini di ragioni: 1) se si è cattolici si deve ritenere che la Chiesa fondata da Cristo sia la depositaria della verità circa il bene dell’umanità; 2) se ci accetta tale premessa, sempre da cristiani, occorre, come suggerisce S. Paolo, ammonire e correggere i fratelli che sbagliano.

Bisogna, come ha tuonato più volte lo stesso papa Francesco, abbandonare la mondanità, cioè lo spirito del mondo, e opporsi al pensiero unico, cioè a quel pensiero che tende a cancellare l’identità cristiana cominciando dalla famiglia.

Papa Francesco per ben due volte, infatti, così ha precisato: «La mondanità è fare ciò che fa il mondo. È dire: “Mettiamo all’asta la nostra carta d’identità; siamo uguali a tutti”. Così, molti israeliti rinnegarono la fede e si allontanarono dalla Santa Alleanza» (Omelie di Santa Marta, 16/11/2015). Precedentemente così aveva avvisato: «Anche oggi c’è l’idolatria del pensiero unico. Oggi si deve pensare così e se tu non pensi così non sei moderno, non sei aperto» (Omelie di Santa Marta, 10/04/2014).

Occorre quindi mobilitarsi, mobilitare la Chiesa e lasciarsi mobilitare dalla Chiesa per questa resistenza al pensiero unico che solo i cristiani possono intestarsi per il bene di tutta l’umanità.

In secondo luogo: se il motivo dell’iniziativa individuale basata sulla coscienza non fosse sufficiente, deve e non può non esserlo il motivo della obbedienza che come cattolici si deve alla dottrina teologica e morale della Chiesa, senza ignorarla, dunque, e, soprattutto, evitando che sia sovvertita.

Occorre quindi che i cattolici, se davvero tali, siano in prima linea nei casi come l’approvazione delle unioni civili, proprio per evitare che il mondo, così lontano da Dio, distrugga non solo e non tanto la loro identità quanto soprattutto se stesso.

In terzo luogo: il cattolico deve sempre essere pronto, con l’esempio dei santi e dei martiri a difendere la propria fede e la propria Chiesa, non esclusa, ovviamente, la dimensione dottrinale e morale del cattolicesimo.

Opporsi alle unioni civili che deturpano il santo volto della dottrina morale cattolica, significa, quindi, prendere coscienza della lotta tra la luce divina e l’oscurità del mondo a cui partecipa l’uomo con tutto il proprio essere, come ricorda la Gaudium et spes: «Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo, destinata a durare, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio. Per questo la Chiesa di Cristo, fiduciosa nel piano provvidenziale del Creatore, mentre riconosce che il progresso umano può servire alla vera felicità degli uomini, non può tuttavia fare a meno di far risuonare il detto dell’Apostolo: “Non vogliate adattarvi allo stile di questo mondo” (Rm. 12,2)» (n. 37).

Oltre i motivi generali vi sono poi quelli particolari.

In primo luogo: viene in rilievo un motivo biblico per cui il cattolico non può e non deve accettare le unioni civili.

La Sacra Scrittura (Gen. 1,26-28), infatti, insegna che l’amore gratuito di Dio trova il suo culmine l’ultimo giorno, con la creazione dell’uomo come maschio e femmina, a cui è affidato il compito di popolare la terra co-partecipando al disegno creatore di Dio, istituendo il modello archetipico e prototipico di relazione famigliare secondo il diritto divino e secondo quello naturale.

Opporsi alle unioni civili, per un cattolico, significa dunque difendere la creazione divina da una tracotanza prometeica che la vuole sovvertire.

In secondo luogo: emerge un motivo teologico per cui il modello famigliare che un cattolico può e deve accettare è solo quello fondato sull’unione di uomo e donna nel matrimonio indissolubile e monogamico, motivo teologico che è perfettamente spiegato da S. Agostino: «Col trarla dall’uomo fu raccomandata l’unità, e col trarla in quel modo sono stati simboleggiati, come è stato detto, Cristo e la Chiesa».

In sostanza, l’unione di uomo e donna riflette l’unione di Cristo con la Chiesa.

Il cattolico che si oppone alle unioni civili, insomma, si oppone al quel tentativo di sovvertire la santità di questa relazione fondata sulla santità della relazione tra la Chiesa e il suo divino Fondatore.

In terzo luogo: per un cattolico non può essere ininfluente il motivo etico che può essere riassunto con le parole della Congregazione per la Dottrina della Fede per la quale, infatti, il cattolico non può «pensare di delegare ad altri l’impegno che gli proviene dal vangelo di Gesù Cristo perché la verità sull’uomo e sul mondo possa essere annunciata e raggiunta […]. Devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità […]: ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale» (Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 novembre 2002).

Un cattolico, dunque, deve opporsi alle unioni civili per evitare l’equiparazione alla famiglia di relazioni che dell’unione famigliare nulla condividono poiché non ne posseggono gli elementi strutturali.

In quarto ed ultimo luogo non si può non menzionare il motivo magisteriale, cioè l’insegnamento ufficiale dei Papi, almeno quello, imprescindibile, degli ultimi tre Pontefici.

S. Giovanni Paolo II, quasi all’indomani della sua elezione, tracciò l’importanza dell’impegno dei cattolici in difesa dei principi cristiani come la vita, la famiglia, i più deboli (nascituri, bambini, anziani e malati), scrivendo e descrivendo l’inno alla vita che dovrebbe ispirare ogni cattolico ad agire e a reagire in un simile contesto: «Reagiremo ogni volta che la vita umana è minacciata. Quando il carattere sacro della vita prima della nascita viene attaccato, noi reagiremo per proclamare che nessuno ha il diritto di distruggere la vita prima della nascita. Quando si parla di un bambino come un peso o lo si considera come mezzo per soddisfare un bisogno emozionale, noi interverremo per insistere che ogni bambino è dono unico e irripetibile di Dio, che ha diritto ad una famiglia unita nell’amore. Quando l’istituzione del matrimonio è abbandonata all’egoismo umano e ridotta ad un accordo temporaneo e condizionale che si può rescindere facilmente, noi reagiremo affermando l’indissolubilità del vincolo matrimoniale. Quando il valore della famiglia è minacciato da pressioni sociali ed economiche, noi reagiremo riaffermando che la famiglia è necessaria non solo per il bene privato di ogni persona, ma anche per il bene comune di ogni società, nazione e stato. Quando poi la libertà viene usata per dominare i deboli, per sperperare le ricchezze naturali e l’energia, e per negare agli uomini le necessità essenziali, noi reagiremo per riaffermare i principi della giustizia e dell’amore sociale. Quando i malati, gli anziani o i moribondi sono abbandonati, noi reagiremo proclamando che essi sono degni di amore, di sollecitudine e di rispetto» (Omelia, 7 ottobre 1979).

Benedetto XVI, dal canto suo, ha scritto richiamando il dovere del cattolico di opporsi ad ogni forma di relativizzazione del matrimonio derivante dall’approvazione di unioni diverse da quella matrimoniale tra uomo e donna: «Non posso tacere la mia preoccupazione per le leggi sulle coppie di fatto. Molte di queste coppie hanno scelto questa via, perché – almeno per il momento – non si sentono in grado di accettare la convivenza giuridicamente ordinata e vincolante del matrimonio. Così preferiscono rimanere nel semplice stato di fatto. Quando vengono create nuove forme giuridiche che relativizzano il matrimonio, la rinuncia al legame definitivo ottiene, per così dire, anche un sigillo giuridico. In tal caso il decidersi per chi già fa fatica diventa ancora più difficile. Si aggiunge poi, per l’altra forma di coppie, la relativizzazione della differenza dei sessi. Diventa così uguale il mettersi insieme di un uomo e una donna o di due persone dello stesso sesso. Con ciò vengono tacitamente confermate quelle teorie funeste che tolgono ogni rilevanza alla mascolinità e alla femminilità della persona umana, come se si trattasse di un fatto puramente biologico; teorie secondo cui l’uomo – cioè il suo intelletto e la sua volontà – deciderebbe autonomamente che cosa egli sia o non sia. C’è in questo un deprezzamento della corporeità, da cui consegue che l’uomo, volendo emanciparsi dal suo corpo – dalla “sfera biologica” – finisce per distruggere se stesso. Se ci si dice che la Chiesa non dovrebbe ingerirsi in questi affari, allora noi possiamo solo rispondere: forse che l’uomo non ci interessa? I credenti, in virtù della grande cultura della loro fede, non hanno forse il diritto di pronunciarsi in tutto questo?  Non  è piuttosto il loro – il nostro – dovere alzare la voce per difendere l’uomo, quella creatura che, proprio nell’unità inseparabile di corpo e anima, è immagine di Dio?» (Discorso alla Curia romana, 22 dicembre 2006).

Papa Francesco, infine, non è stato meno incisivo, come attestano le sue parole, che si possono adesso adattare al caso italiano, allorquando nel 2010 ancora da cardinale scrisse una lettera ai monasteri di Buenos Aires in occasione dell’approvazione delle unioni civili in Argentina: «Il popolo argentino dovrà affrontare nelle prossime settimane una situazione il cui esito può seriamente ferire la famiglia. Si tratta del disegno di legge che permetterà il matrimonio a persone dello stesso sesso. È in gioco qui l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. È in gioco la vita di molti bambini che saranno discriminati in anticipo e privati della loro maturazione umana che Dio ha voluto avvenga con un padre e con una madre. È in gioco il rifiuto totale della legge di Dio, incisa anche nei nostri cuori […]. Qui pure c’è l’invidia del Demonio, attraverso la quale il peccato entrò nel mondo: un’invidia che cerca astutamente di distruggere l’immagine di Dio, cioè l’uomo e la donna che ricevono il comando di crescere, moltiplicarsi e dominare la terra. Non siamo ingenui: questa non è semplicemente una lotta politica, ma è un tentativo distruttivo del disegno di Dio. Non è solo un disegno di legge (questo è solo lo strumento) ma è una “mossa” del padre della menzogna che cerca di confondere e d’ingannare i figli di Dio».

Il momento è dunque grave e cruciale, richiedendo l’impegno politico e culturale, diretto e in prima persona, di ogni singolo cattolico che davvero pensa o spera di essere tale e che proprio per questo non può esimersi dall’opporsi con fermezza, con parole, con manifestazioni pacifiche, culturali, perfino con il proprio voto all’occorrenza, alle unioni civili in corso di approvazione (e a tutte le altre nefandezze giuridiche e antropologiche che seguiranno nel prossimo futuro).

I cattolici non devono temere di essere bollati come retrogradi, oscurantisti, intolleranti o perfino nemici dello Stato e della democrazia, poiché al giudizio del mondo devono preferire la difesa della Via e della Verità, tenendo sempre ben a mente il precetto del Vangelo che è chiarissimo in questa prospettiva: «Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio» (Lc. 12,8).

Proprio per questo, in conclusione, risuonano forti e vive le parole di Papa Leone XIII che così ha scritto sull’impegno giuridico e politico che spetta ad ogni cattolico: «Facciano tutti bene attenzione: svolgere la propria attività ed usare la propria influenza per indurre i governi a modificare in meglio leggi inique o scriteriate, è testimoniare il proprio attaccamento alla patria in modo intelligente e coraggioso, senza perciò dare motivo alcuno di ribellione ai pubblici poteri. Chi penserebbe mai di incriminare come nemici dell’impero romano i cristiani dei primi secoli, perché essi si rifiutavano di sottostare a leggi idolatriche e si davano da fare per ottenerne l’abrogazione?» (Notre consolation, 3 maggio 1892).

di Aldo Vitale

Fonte: http://www.tempi.it

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