Ci risiamo. O meglio, c’eravamo già da vari anni, perché l’ennesimo psicopacchetto pro-gender “A scuola per conoscerci” non è l’ultimo arrivato: siamo già alla settima edizione, da quando fu sdoganato nel 2009, a cura di Arcigay e Arcilesbica del Friuli Venezia Giulia.

Come ti rieduco il pupo: al “Petrarca” di Trieste Arcigay e Arcilesbica in cattedra




Ci risiamo. O meglio, c’eravamo già da vari anni, perché l’ennesimo psicopacchetto pro-gender “A scuola per conoscerci” non è l’ultimo arrivato: siamo già alla settima edizione, da quando fu sdoganato nel 2009, a cura di Arcigay e Arcilesbica del Friuli Venezia Giulia.

Di cosa si tratta? Lo leggiamo su uno dei volantini relativi all’iniziativa “A scuola per conoscerci”, distribuiti nelle scuole di Trieste, tra cui l’Istituto tecnico industriale “Alessandro Volta”. Trattasi ufficialmente di un «progetto» così riassunto: «interventi didattico-educativi e di formazione/aggiornamento per la prevenzione e il contrasto dell’omofobia e del bullismo omofobico a scuola».

Sempre ufficialmente, psicologi e «volontari di Arcigay e Arcilesbica, appositamente formati con corsi specifici», aiuteranno i ragazzi ad apprendere ed esplorare «temi quali l’orientamento sessuale, l’identità di genere, le norme e gli stereotipi sociali, le differenze, le discriminazioni, il ruolo di genere, l’eteronormatività, l’inclusione sociale e i diritti».

Ce n’è anche per il personale scolastico e per i genitori, che potranno essere eruditi – sempre dagli «esperti succitati» – su «identità affettivo-sessuale, omosessualità, transessualità, minority stress, omofobia e omofobia interiorizzata, caratteristiche del bullismo omofobico, gli effetti psicosociali del bullismo omofobico, teorie sul contrasto al bullismo omofobico, paradigmi e pratiche dell’intervento educativo».

Un programma, insomma, a tutto campo, totalizzante, con allestimenti di laboratori, gruppi di approfondimento, produzioni multimediali e ausili informatici.
Finito? No di certo. Dopo adeguate «attività di verifica e valutazione», saranno elaborate «nuove strategie», verrà avviato un vasto «dialogo con i docenti e i dirigenti scolastici». Vi saranno poi «report periodici». E ancora «video, manifesti, campagne informative, depliant, opuscoli, materiale multimediale».

Finito? Non ancora, un attimo di pazienza. Sarà tutto pubblicato sul web e ci sarà pure il coinvolgimento degli «organi di stampa». Per cui i ragazzi «si confronteranno sull’utilizzo delle nuove tecnologie per diffondere una corretta informazione sulle tematiche LGBT e per promuovere una cultura del rispetto, della solidarietà, dell’inclusione sociale, soprattutto partendo dalla considerazione che le tecnologie digitali sono utilizzate sempre più di frequente come strumento di violenza e discriminazione».

E quali i goals, quali i risultati che si vorrebbero ottenere, dopo tutta questa fatica? Innanzi tutto ci si aspetta «un cambiamento degli atteggiamenti e dei comportamenti nei confronti delle persone omosessuali». Non solo, ma è previsto anche un nuovo modo di parlare e, quindi, di pensare: ovvero, «un linguaggio rispettoso delle differenze». Non saranno visti bene nemmeno i «termini derogatori per indicare le persone omosessuali e transessuali».

Il volantino ha però un buco. Una grossa falla, anzi. A parte i lunghi, lunghissimi elenchi delle cose da fare, dei concetti da spiegare e delle persone da coinvolgere, non c’è una riga sui contenuti. Su quello che realmente verrà inculcato. Nulla. Tutto sul vago. Sarebbe come proporre un corso di medicina e non sapere se si parlerà di farmaci o di pozioni magiche. O un corso di astronomia e non sapere se sarà in discussione il telescopio o il pendolino degli astrologi.

Ai genitori non è spiegato che dovranno caldamente accettare un corso per i loro figli a scatola chiusa. Nessuno indicherà loro che sarà introdotto l’omosessualismo, con il pretesto di contrastare la violenza e con l’abnorme dispendio di forze. O che il vero obiettivo di questi psico-corsi è l’indottrinamento e la coazione forzosa del pensiero, per cui il giovinetto, opportunamente rieducato, non potrà più pensare e agire in libertà. Nessuno, in via ufficiosa, dirà loro quello che non si può e non si deve dire in via ufficiale. E cioè che, se quei genitori non accetteranno di mandare i figli al corso pro-gender, saranno derisi, sbeffeggiati e insultati come e più degli omosessuali assaliti dai bulli.

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