Cattolici (dis) uniti in Parlamento




 

Di fronte alla legge sull’omofobia i parlamentari cattolici  hanno saputo organizzare un’azione comune? Qualche giorno fa un gruppo di deputati cattolici appartenenti al Partito democratico e a Scelta civica hanno scritto una lettera ad Avvenire in cui rivendicano il merito di aver contrattato una modifica del testo originario in grado di rendere quella legge votabile anche da un deputato cattolico. C’è ancora spazio – essi dicono – per un ulteriore miglioramento del testo di legge da qui a quando ci sarà il voto definitivo in aula. Questa lettera lascerebbe pensare che ci sia stato un lavoro comune dei parlamentari cattolici per intervenire su un testo di legge molto pericolo. Le cose però non stanno così.

I deputati cattolici si sono presentati davanti alla legge sull’omofobia con due valutazioni molto diverse. Per alcuni la legge andava bene, bastava solo inserire una clausola gli garanzia che prevedesse il diritto di espressione per coloro i quali, per motivi morali o religiosi, esprimevano in pubblico valutazioni negative della omosessualità, opponendosi, per esempio, al riconoscimento giuridico delle coppie gay. Per altri, invece, la legge era inaccettabile non solo perche’ impediva la liberta’ di espressione, ma perche’ considerava l’omosessualità come cosa normale, parificandola, per esempio, all’etnia. In questo modo lo Stato si arrogava il diritto di cambiare la natura umana e la legge naturale. La legge avrebbe avuto delle ricadute obbligate nel campo del diritto familiare. Era quindi una legge da rifiutare e non da addolcire con delle modifiche al testo.

I deputati cattolici hanno affrontato quindi il problema della legge anti omofobia con due approcci culturali molto diversi. Questo spiega perché alcuni si sono mobilitati subito mentre altri molto in ritardo e soprattutto spiega perché non si sia riusciti a fare una vera e propria battaglia culturale e politica su questa legge inaccettabile, raccordandosi con chi nella società civile si era mobilitato. Spiega anche perché la lettera ad Avvenire sia stata firmata solo da deputati del PD e di Lista Civica.

Purtroppo lo schema “militare divisi per colpire uniti”, ossia fare politica in diversi partiti ma poi convergere in aula nel caso di leggi lesive della dignità della persona, non ha funzionato. Siccome non è la prima volta, vien da pensare che si tratti di uno schema logoro che va riesaminato in profondità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *